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Messaggi del 03/07/2020

Hammer news.

Post n°3151 pubblicato il 03 Luglio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

HAMMER, un martello-sonda

contro l'asteroide Bennu

Un team di esperti di difesa planetaria propone una flotta di veicoli spaziali da lanciare come "arieti" contro gli asteroidi che potrebbero impat-tare con la Terra.

bennunasaL'asteroide Bennu in un'illustrazione della Nasa. | NASA  

Come deviare un asteroide che abbia una - seppur remota -

possibilità di impattare con la Terra, con una potenza distruttiva

pari a 80.000 volte quella della bomba di Hiroshima? Se lo sono

chiesti gli scienziati del Lawrence Livermore National Laboratory

(LLNL), parte di un team di "difesa planetaria" che coinvolge anche

la Nasa, la National Nuclear Security Administration (NNSA) e i

Los Alamos National Lab.

Lo studio è stato condotto prendendo a riferimento l'asteroide

 101955 Bennu, già obiettivo della missione OSIRIS-Rex (partita

nel settembre del 2016), che il 25 settembre 2135 potrebbe colpire

il nostro pianeta: una probabilità stimata in 1/2.700.

Il metodo considerato e le contromisure sono descritti in un articolo

pubblicato su Acta Astronautica.

MARTELLO SPAZIALE. 

La difesa dei terrestri sarebbe affidata ad HAMMER (Hypervelocity

Asteroid Mitigation Mission for Emergency Response vehicle, ma

anche "martello", in inglese), un veicolo spaziale alto 9 metri e pesante

8,8 tonnellate, con un design modulare che permetta di utilizzarlo sia

come "ariete", per spingere lontano l'asteroide, sia come testa di martello,

appunto, se armato di una testata nucleare.


Le dimensioni di Bennu a confronto (da sinistra a destra) con un

"Planetary Defender" (l'eroe umano della situazione), il lanciatore

per l'HAMMER, l'Empire State Building e l'HAMMER stesso. 

| LAWRENCE LIVERMORE NATIONAL LABORATORY

IL BERSAGLIO PERFETTO. Bennu è largo circa 500 metri (quanto

5 campi da calcio), pesa 79 miliardi di chili (1664 volte più del Titanic)

e si muove intorno al Sole a 101.000 km orari.

È stato giudicato un buon candidato per mettere alla prova l'intero piano

delle eventuali contromisure.

Come sottolineano gli scienziati, scoperto un corpo celeste che mostri di

avere una traiettoria di impatto con la Terra, bisognerebbe muoversi con

largo anticipo.

Nel caso di un asteroide della massa di Bennu, scoperto alla sua attuale

distanza, costruire un HAMMER, lanciarlo e farlo impattare sull'oggetto

per imprimergli una spinta, richiederebbe almeno 7,4 anni, ma altri ancora

ne occorrerebbero perché la spinta si trasformi in una effettiva e riscontrabile

variazione della traiettoria.


Il cratere di Chicxulub

si estende per oltre la metà in mare: l'asteroide dei dinosauri (vedi)

 viaggiava ad appena 65.000 km/h, la metà di Bennu, ma misurava

circa 10 km di diametro - contro i 500 metri di Bennu. | NASA

Con 10 anni di preavviso bisognerebbe lanciare da 34 a 53 razzi Delta

IV Heavy, ciascuno equipaggiato con un HAMMER, mentre con 25 anni

di preavviso probabilmente basterebbero da 7 a 11 lanci.

QUANTA FORZA?

 Muovendoci con soli 10 anni in anticipo dovremmo imprimere a Bennu

una spinta di molte centinaia di tonnellate: è stato calcolato che un singolo

HAMMER sposterebbe un asteroide del diametro di 90 metri di 1,4 raggi

terrestri (con un decennio di preavviso).

Se occorresse uno spostamento inferiore, per esempio di un quarto di raggio

terrestre, un singolo HAMMER potrebbe muovere un bestione di 152 metri

di diametro (comunque più piccolo di Bennu).

UN'ALTRA VIA. 

L'opzione nucleare, più adatta nel caso di asteroidi delle dimensioni di

Bennu, sarà descritta in un successivo articolo scientifico, ma comunque

avverrebbe a distanza (e non con missioni kamikaze alla Armageddon).

L'impatto di energia cinetica potrebbe essere regolato aggiustando la

distanza delle detonazioni tra di loro e dalla superficie, che vaporizzerebbe

creando così la propulsione necessaria a deviarlo del poco che basta.

 
 
 

Foto dallo spazio...

Post n°3150 pubblicato il 03 Luglio 2020 da blogtecaolivelli

  1. Fonte:Nel Web
  1. Foto Dallo Spazio - Risultato Immagini
    • La Terra vista dallo spazio: le foto spettacolari della ...
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    • Filmato mozzafiato dallo Spazio - NASA - YouTube
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    • Meraviglioso Mondo in 50 scatti. Le foto straordinarie ...
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    • L'italia vista dallo spazio | Spazio cosmico
    • L' ITALIA VISTA DALLO SPAZIO - YouTube
    • Orbiter l' Italia vista dallo spazio da 400 Km di altezza ...

 

 

 
 
 

La dIfferenza tra la robotica e l'I.A.

Post n°3149 pubblicato il 03 Luglio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'internet

Perché capire la differenza tra robotica e intelligenza

artificiale cambierà il futuro della specie umana

SCARICA COME PDFP

itziantiEnrico PitziantiEnrico Pitzianti è nato a Cagliari nel 1988,

vive a Bologna e scrive da consulente culturale per SpaceDoctorsLtd....

Robotica e intelligenza artificiale: le due discipline sono diverse

e solo in piccolo numero di casi si applicano insieme.

Ma l'idea di questa sovrapposizione, per quanto piccola, tocca corde

emotive sensibilissime e genera una confusione dalla quale nascono

timori e speranze evidentemente contradditori.

Enrico Pitzianti in questo chiarisce la differenza tra le due discipline e

indica il punto cruciale da cui dipendono le modalità della nostra

esistenza futura e, di conseguenza, la sopravvivenza dell'intera specie

umana

Luca Sossella Editore, con Emilia Romagna Teatro Fondazione e

Gruppo Unipol, ha ideato il progetto Oracoli.

Saperi e pregiudizi ai tempi dell'Intelligenza Artificiale: una serie di

azioni integrate dedicate all'emergenza delle tecnologie intelligenti e

al loro impatto su tutti gli aspetti dell'esistenza umana.

La prima di queste azioni è l'organizzazione a Bologna di quattro

lezioni-spettacolo in cui esperti di livello internazionale ragioneranno

sulle più rilevanti questioni etiche, filosofiche, politiche, sociali ed

economiche connesse allo sviluppo dell'intelligenza artificiale.

La seconda di queste azioni è una pubblicazione, curata da Paolo

Gervasi, scaricabile in pdf qui, che racconta il progetto e approfondisce

la riflessione sui temi nodali.

La terza di queste azioni è una partnership con cheFare pensata per

aumentare ed espandere online il dibattito sulle sfide culturali poste

dall'intelligenza artificiale: tra marzo e aprile, lungo tutta la durata

dell'evento, cheFare pubblicherà articoli, riflessioni, interviste e altri

materiali connessi ai temi del progetto Oracoli, in un percorso dallo

stesso nome.

Questo intervento di Enrico Pitzianti è il secondo della serie.

La quarta azione è la produzione di video e di un libro sulle quattro

lezioni-spettacolo.

La quinta azione sarà la messa in onda durante la Notte di Radio3, la

sera prima di ogni lezione-spettacolo, della lezione-spettacolo

precedente.

La sesta azione è la pubblicazione online delle trasmissioni sui portali

di Rai Radio3 (Media partner di Oracoli), Rai Cultura e Rai Scuola e la

condivisione attraverso i loro canali social.

Un signore piuttosto intelligente e destinato a una fama immortale ebbe

a dire, circa duemilaquattrocento anni fa, che "se ogni strumento potesse

svolgere il lavoro che gli si addice anticipando così il volere delle persone

- come le statue di Dedalo o i tripodi di Efesto - non occorrerebbero

apprendisti per i mastri artigiani né schiavi per i signori".

Quel signore era Aristotele e questa frase, citata ancora oggi nei corsi e

nei testi di robotica, gli vale ancora oggi la fama di precursore della

disciplina.

Anche tralasciando il significato più politico della frase del filosofo e

scienziato greco, quello secondo cui la tecnologia è il frutto dell'inventiva

umana e come tale deve essere messa a servizio della liberazione dell'umanità

stessa dalla fatica e dalla sofferenza, salta agli occhi il fatto che la robotica,

per quanto sia effettivamente percepita come tale, non è una disciplina

nuova, tutto il contrario.

Ma allora perché oggi se ne parla così tanto e con toni che vanno

dall'allarmista all'entusiastico, fino all'apocalittico?

Succede, per dirla in modo sbrigativo, perché il rapporto tra l'uomo e i

prodotti della sua attività non è né pacifico né risolto, e nemmeno - che è

il punto centrale - sotto controllo.

L'uomo modifica, crea e migliora gli strumenti con cui approccia l'esistente,

ma le conseguenze di tali modifiche sono così complesse che averne piena

contezza non è possibile. O per lo meno ancora oggi non ci riusciamo.

La robotica non è una disciplina nuova, tutto il contrario.

Ma allora perché oggi se ne parla così tanto e con toni che vanno

dall'allarmista all'entusiastico, fino all'apocalittico?La robotica, a parte tutto,

cos'è? Visto che per sbrogliare i gomitoli dei significati che caratterizzano

la nostra storia recente servirebbe un buon filosofo, e il buon filosofo

partirebbe dalle definizioni, proviamoci anche noi: la robotica è quella parte

della tecnologia che prevede la progettazione e la costruzione di macchine

capaci di azioni fisiche autonome o parzialmente autonome.

Da qui segue il cosa siano i robot, cioè delle macchine che interagiscono con

il mondo fisico e che sono anche programmabili e autonome - oppure

semiautonome. (parte 1)

 
 
 

La differenza tra la robotica e l'I.A.

Post n°3148 pubblicato il 03 Luglio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Ecco che quindi un martello, per quanto sia uno

strumento creato dall'uomo per "faticare" al nostro

posto, non è un robot perché non ha nessun grado

di autonomia, mentre un tornio e un computer, che

almeno parzialmente possono lavorare indipendente-

mente dall'azione umana, lo sono.

L'evoluzione delle cose prodotte dall'ingegno umano,

insomma, sembra suggerire un progressivo aumento

del loro livello di autonomia.

Un altro modo per dirla è che gli oggetti stanno, passo

dopo passo, facendo il loro lavoro quasi senza che glielo

si debba dire, sempre più volentieri, insomma, stanno

facendo a meno di noi umani.

Per questo l'automazione e la robotica oggi sono sulla

bocca di tutti, perché ci si chiede se gli esseri umani,

raggiunto un certo livello di sviluppo tecnologico, serviranno

ancora a qualcosa in questo sistema economico o meno.

E può sembrare un'esagerazione, una premessa da libro

di fantascienza, ma la questione è estremamente seria:

in un sistema economico che tende per sua stessa natura

al funzionalismo e alla costante ottimizzazione l'azione umana,

imprecisa ed emotiva, è già una zavorra superflua e malvista

in moltissimi campi.

Così, per conseguenza logica, la domanda diventa: le

macchinelavoreranno al posto nostro? E se è così, come

si manterranno economicamente gli umani "sostituiti"

sul posto di lavoro? Quindi, infine, dovremmo avere paura

dei robot e dello sviluppo tecnologico?

Attenzione però, perché le definizioni sono perfette solo se

l'uso delle parole che definiscono lo è altrettanto, ma il

linguaggio è sempre scivoloso e pieno di eccezioni e il

termine "robot" purtroppo rientra nell'enorme insieme dei

termini difettosi.

La robotica, infatti, comprende anche macchine che non

hanno nessun grado di autonomia.

Proprio così, e la telerobotica è forse l'esempio più lampante:

un'intera branca della robotica, importantissima in alcuni dei

suoi campi più fecondi come quello spaziale e quello militare,

in cui non c'è nessun grado di autonomia del robot, ma

semplicemente il perfezionamento del suo comando a distanza.

La robotica sfugge alla sua stessa definizione e non c'è molto

che si possa fare per inchiodarla a un certo dominio specifico.

Succede lo stesso a molte discipline, a molte idee e di

conseguenza anche alle parole che usiamo per indicarle:

scivolano via dai propri confini e si confondono nel disordine

della contemporaneità, nella nuvola dei nostri timori e dei

nostri dubbi sulla loro correttezza e comprensibilità.

Tra questi riferimenti in continuo mutamento, tra questi

nostri timori, uno dei termini che più spesso si insinua

ad ampliarli e cavalcarli è "intelligenza artificiale" - spesso,

addirittura, sovrapponendosi a quello di "robotica".

Anche qui c'è un disguido dovuto alla confusione dei

significati, quindi anche qui serve una definizione: per

intelligenza artificiale (spesso scritta con l'acronimo

IA o nella versione inglese AI) si intende quella branca

dell'informatica che sviluppa sistemi e programmi capaci

di assolvere funzioni che di norma necessiterebbero

dell'intelligenza umana.

Si tratta di algoritmi che apprendono informazioni, traducono

o interpretano linguaggi umani scritti o parlati, risolvono

problemi complessi attraverso la logica o il ragionamento.

È evidente fin da subito qual è la funzione in comune

con la robotica, quella, cioè, di compiere azioni al posto

degli umani.

Ma è altrettanto evidente quali sono le differenze: l'IA

non interagisce necessariamente con lo spazio fisico e si

limita a esistere laddove per compiere una certa azione

(o per prendere una certa decisione) ci sia bisogno degli

aspetti più tipici dell'intelligenza umana, come la capacità

di apprendimento o l'empatia.

I punti in comune però sono anche pratici: molte IA

vengono usate per azionare robot, o intervenire per

metterli in funzione o disattivarli.

In ogni caso la maggior parte delle IA non ha a che fare

con la robotica e anche quando accade, rimane il fatto

che le IA impiegate nella robotica non sono che una

parte infinitesima del mondo dei robot e delle loro

applicazioni.

Certo, va detto che uno degli aspetti più interessanti tra

quelli che accomunano robotica e intelligenza artificiale

è che in questo periodo storico il cosiddetto machine learning,

cioè la possibilità di un progressivo apprendimento del

sistema o del robot delle informazioni dell'ambiente in cui

opera, sta impattando su entrambi i campi.

Ma non è davvero una caratteristica che le rende sovrapponibili.

Per chiarire quale sia il rapporto tra IA e robotica si possono

immaginare due grossi insiemi distinti, ma con una interse-

zione che, per quanto piccola, è fatta di elementi interessanti

e in rapidissimo sviluppo.

Dentro a questa intersezione ci sono, per esempio, gli Artificially

Intelligent Robots (AIR), l'unica vera arteria che connette

robotica e intelligenza artificiale.

Gli AIR sono robot il cui comando è sotto il controllo di una IA

interna al robot stesso.(parte 2)

 
 
 

La differenza tra la robotica e l'I.A.

Post n°3147 pubblicato il 03 Luglio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Se è vero che le macchine raggiungeranno un livello

di coscienza definibile come tale e richiedessero dei

diritti in quanto esseri senzienti, l'idea della piena

automazione, quella secondo cui potremmo smettere

di lavorare perché lo faranno le macchine, non è altro

che una speranza in un nuovo schiavismo.

Di nuovo, di norma i robot non sono AIR, ma macchine

pensate per svolgere funzioni in modo ripetitivo e senza

la necessità di ragionamento.

Gli AIR sono soltanto un sottoinsieme piccolissimo dei

robot, ma a renderli così popolari sono le aspettative

che riponiamo in questo tipo di macchine, quindi le

preoccupazioni politiche, sociali ed economiche di cui

parlavamo poco fa, come la possibilità che l'automazione

metta in pericolo interi sistemi economici e, di conseguenza,

la pace sociale di molti paesi industrializzati.

La grande confusione che oggi pervade il mondo della

tecnologia e il nostro modo di percepirne il ruolo sociale,

sono le preoccupazioni che vi associamo e le paure che

vi riversiamo.

Molte sono legittime, altre - proprio perché la confusione

è tanta e la paura non fa altro che disincentivare il

ragionamento - non lo sono per niente.

Si dibatte dell'esistenza di un grado di intelligenza che,

una volta raggiunto dalle IA, porterebbe a un inevitabile

scontro umani-macchine.
Si discute anche del fatto che raggiunto un certo grado

di intelligenza le macchine sarebbero coscienti, e quindi

sarebbe un dovere morale equipararle a noi umani sul

piano dei diritti.

Si parla moltissimo persino della possibilità della cosiddetta

piena automazione, cioè di un grado di automazione

tecnologica così capillare da farsi totale, e di come questo

potrebbe liberare l'umanità dal fardello del lavoro se

marxianamente i mezzi di produzione (cioè le macchine,

i robot dotati di IA) fossero espropriati e resi pubblici.

Ma tutte queste visioni, oltre che essere di difficilissima

previsione, si contraddicono a vicenda, per esempio:

se è vero che le macchine raggiungeranno un livello di

coscienza definibile come tale e richiedessero dei diritti in

quanto esseri senzienti, l'idea della piena automazione,

quella secondo cui potremmo smettere di lavorare perché

lo faranno le macchine, non è altro che una speranza in

un nuovo schiavismo.


Il tema è complesso, e bisogna comunque ricordare che

le idee avventate e le sparate utopiche, dopo tutto, sono

quel che sono.

Va ricordato anche che questo non è certo il primo periodo

storico in cui le paure politiche, sospinte dall'incertezza

economica, vengono riversate sulla tecnologia.

Al contrario questa è una storia che si ripete da secoli, sin

dalla prima rivoluzione industriale e persino nei periodi

precedenti.

Quello che sembra nuovissimo a volte non lo è per niente,

proprio come nel caso della robotica.

Fermo restando, però, che se questo legame che accomuna

IA e robotica fa parlare così tanto di sé (tanto che i due

mondi vengono confusi) è perché effettivamente dalla sua

evoluzione dipendono le modalità della nostra esistenza

futura e, di conseguenza, la sopravvivenza dell'intera

specie umana. (parte ultima)

 
 
 

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