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Messaggi di Marzo 2020
Post n°2684 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Ötzi e la Toscana: connessioni a lunga distanza nell'età del Rame Una pubblicazione scientifica conferma la provenienza del rame dell'ascia di Ötzi dalla Toscana meridionale L'individuazione della provenienza del metallo è stata piuttosto sorprendente dal momento che, fino ad oggi, gli archeologi avevano presupposto per il rame utilizzato nell'area alpina un'origine da giacimenti alpini o balcanici. È ancora da chiarire se l'Uomo venuto dal ghiaccio abbia acquisito il metallo grezzo o invece una lama già forgiata. Oltre all'ascia di Ötzi, l'articolo di Artioli pubblicato su PLOS ONE mette in relazione il rame dell'ascia con una coeva attività metallurgica in Toscana. Ulteriori progetti di ricerca ricostruiranno le vie commerciali eneolitiche fino all'area alpina... L'ascia di rame dell'Uomo venuto dal ghiaccio è finora in tutto il mondo il più antico esemplare eneolitico rinvenuto integro (completo di manico, lama, strisce di pelle e catrame di betulla). Recuperata 25 anni fa insieme agli altri oggetti del corredo, ha fornito interessanti informazioni sulla metallurgia dell'età del Rame. Il manico in legno ha consentito di ottenere, con il metodo del radiocarbonio (14C), una datazione assoluta del manufatto, risalente al 3346-3011 a.C. Il gruppo di archeometallurgia dell'Università di Padova, costituito da Gilberto Artioli (Dip. Geoscienze), Ivana Angelini (Dip. Beni Culturali), Caterina Canovaro e Gregorio dal Sasso (Dip. Geoscienze), in collaborazione con Igor Villa (Università di Milano Bicocca) e Günther Kaufmann (Museo Archeologico dell'Alto Adige a Bolzano), ha presentato le prime analisi complete sulla lama. Grazie a un microprelievo del metallo è stato possibile effettuare analisi chimiche (presso l'Università di Padova) e isotopiche (in collaborazione con l'Università di Berna), i cui risultati hanno rivoluzionato le tradizional i ipotesi sul commercio del rame nell'area alpina nel IV millennio a.C. Un esito inaspettato dal punto di vista archeologico, dal momento che finora si era sempre presupposta un'estrazione da giacimenti alpini (nei territori corrispondenti agli attuali Alto Adige, Trentino, Austria, Germania o Slovacchia) o balcanici (Serbia, Bulgaria). I risultati, pubblicati ieri sulla rivista scientifica PLOS ONE (http://journals .plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0179263), mostrano inequivocabilmente che il metallo dell'ascia di Ötzi proviene dalla Toscana meridionale. I giacimenti cupriferi di questa zona presentano infatti una variazione dei rapporti isotopici del piombo unica nel suo genere, che li distingue da tutti gli altri depositi noti in Europa e nell'area mediterranea. Questa composizione si riscontra, immutata, anche nell'utensile colato. L'identificazione della provenienza è stata possibile mediante il confronto con altri minerali metallici cupriferi provenienti dai giacimenti Europei e dell'area Mediterranea e raccolti nel corso degli anni in un database sviluppato dal gruppo di ricerca dell'Università di Padova. L'origine toscana del rame è congruente con altri nuovi dati del gruppo di ricerca - che documentano l'estrazione di minerale cuprifero e la produzione di utensili in rame nell'area della Toscana meridionale nell'Eneolitico iniziale (Campiglia Marittima) per lo stesso periodo - e getta una nuova luce sulla diffusione del materiale e sulle relazioni socio-economiche e culturali nell'Età del rame. I nuovi dati confermano connessioni a lunga distanza tra le culture eneolitiche dell'Italia centrale (Cultura di Rinaldone) e quelle a nord degli Appennini (Cultura di Spilamberto, Cultura di Remedello), fino alle popolazioni dell'arco alpino meridionale, a cui appartiene anche l'Uomo venuto dal ghiaccio. I dati chimici e isotopici non consentono di stabilire se il rame venisse commercializzato in forma grezza (lingotti) o se invece venissero scambiati oggetti finiti come la lama d'ascia. Confronti tipologici con manufatti analoghi rinvenuti in Italia centrale suggeriscono che Ötzi potrebbe essere venuto in possesso della lama già forgiata. Sulla base delle nuove conoscenze, ulteriori progetti di ricerca archeologica studieranno ora da un punto di vista metallurgico la diffusione e le vie commerciali di asce eneoliti che dall'Italia centrale alla regione alpina. Informazioni: Tel. 0471.320114 Nella foto: l'ascia di rame dell'Uomo venuto dal ghiaccio, 3200 a.C. |
Post n°2683 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Lavoratrici, schiave e prostitute nell'antichitàEcco la drammatica condizione delle tante donne in lotta per la sopravvivenza Il ruolo della donna ideale... per la società (maschile) nel mondo romano Il ruolo della donna ideale antica è fra le pareti domestiche, quale brava ed economa padrona e madre di numerosa prole legittima. Le uniche attività che la società (maschile) le concede rientrano in quest'ambito . In particolare, la tessitura: vera e propria icona della positività femminile. È un'immagine che tuttavia riguarda i ceti privilegiati. Le donne greche e romane delle classi popolari lavorano - e molto - fuori dalle pareti domestiche: contadine, artigiane, operaie, specializzate o meno, venditrici ai mercati, profumiere, parrucchiere, massaggiatrici, guardarobiere, cameriere... Sono categorie che trovano impiego anche presso le grandi famiglie della Roma tardorepubblicana e imperiale e, in particolare, nella domus dell'imperatore. In questi ultimi casi si tratta soprattutto di liberte e schiave. L'attività lavorativa di queste donne, inserite in una precisa gerarchia a seconda delle funzioni, è documentata soprattutto nei columbaria, dove venivano sepolti domestici, schiavi e liberti delle familiae più in vista. Famosissimo è quello di Livia lungo la via Appia (monumentum Liviae, in uso nel I sec. d.C. dalla tarda età augustea ai tempi di Claudio). Schiave del sesso: quando lavorare è un'infamia Le attività commerciali e del terziario erano esercitate soprattutto da liberte. Nel caso di piccole imprenditrici, ad esempio titolari di laboratori tessili, è frequente la menzione sulla pietra tombale dell'attività svolta, quale segno distintivo rispetto alla massa delle altre donne lavoratrici. Ma le cauponae, le vinariae, le popinariae, cioè ostesse, locandiere e bariste , esercitavano attività che le ponevano ai livelli più bassi della considerazione , tanto che il diritto romano equiparava le donne che lavoravano nei locali pubblici (comprese attrici, cantanti e ballerine) alle meretrices (prostitute). Erano quindi colpite da infamia e soggette a limitazioni giuridiche. Le prostitute vere e proprie erano soprattutto schiave, importate dall'estero, o donne rapite, oppure trovatelle, raccolte e vendute a tenutari di lupanaria (postriboli) Esistevano vari livelli di prostituzione (del resto come oggi): quella d'alto bordo , cioè il mondo delle cortigiane, greche o di origine orientale, esperte di musica, canto, danza e poesia, come la famosa Neera, nota dall'orazione dello Pseudo Demostene, o come Chelidone, nelle Verrine di Cicerone. Famosa e denigrata fu la passione di Marco Antonio per la mima Licoride: Cicerone, ostile ad Antonio, dice che la trattava come una moglie e ne era infatuato al punto da regalarle fertili terreni in Campania. Antonio però, non esitò ad abbandonarla, attorno al 47 a.C., quando per lui si rese necessaria un'immagine più sobria. Un rapporto analogo sarà quello fra Nerone e la liberta Atte. Questa ebbe in dono possedimenti in Gallura (Sardegna), denaro, schiavi. A Olbia è stato rinvenuto un suo ex voto per l'appassionato Nerone (studiato da Paola Ruggeri dell'Università di Sassari, che lo considera un ringraziamento per la salvezza dell'imperatore, scampato alla congiura dei Pisoni). Essendo una ex schiava, Atte non poteva che essere concubina, fedele comunque all'imperatore fino alla morte, tanto che insieme a due nutrici si assume il compito di seppellirne il corpo. In ogni caso, per la mentalità maschile antica, una donna di facili costumi, una ex schiava, non avrebbe mai potuto sposare un aristocratico, come per altro impose la legislazione augustea. Prostituirsi per sopravvivere Ieri come oggi: un'esistenza di abusi e miseria Le immagini da Pompei parlano chiaro della condizione della donna In fondo alla scala sociale erano le prostitute, quelle a basso costo che si offrivano nei lupanari più degradati, negli angiporti, per strada. A Roma ce n'erano tante nel quartiere della Suburra, tra il Quirinale e il Viminale. La documentazione pompeiana ci dà un'idea della vita di queste donne e dei loro clienti. I graffiti sui muri di postriboli e strade riportano tariffe e prestazioni, anche a scopo pubblicitario. I prezzi vanno da due assi (il costo di un boccale di vino) fino a sedici. La prostituta di strada viveva una condizione di assoluta marginalità, vittima della miseria, tra gli abusi dei clienti e la violenza degli sfruttatori, esposta a ogni sorta di malattie, destinata a un invecchiamento precoce, a morire giovane. Si discute il caso di Asellina, barista di via dell'Abbondanza, firmataria di un manifesto elettorale dipinto sui muri del suo thermopolium (bar) in favore di certo Fusco, candidato a una carica cittadina. Firmano con lei altre tre donne, Maria, Zmyrina ed Egle, che si definiscono asellinae (schiave e bariste) e che, all'occorrenza, si prostituivano al piano superiore del locale. Cose simili succedevano alle terme con il personale, maschile e femminile, addetto alla custodia dei vestiti. Non a caso, a Pompei è attesta una concentrazione di lupanari nelle adiacenze degli edifici termali. Famoso è il lupanare nei pressi delle terme stabiane. Il piano terreno ha cinque celle, provviste di un letto in muratura su cui veniva posto un materasso; sul fondo è una piccola latrina, parzialmente nascosta da un muretto; le celle del piano superiore godevano di maggiore privacy: ogni cella è decorata da affreschi che illustrano le posizioni (figurae veneris) di piacevoli ragazzi e ragazze intenti a fare l'amore. Ma sono immagini ideali, in netto contrasto con il linguaggio volgare dei graffiti, che era invece lo specchio fedele di tante misere vite. Francesca Cenerini |
Post n°2682 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Denti da latte: identikit dei nascituri romani del II secoloArcheonews 17 luglio 2017 Una ricerca della Sapienza ha analizzato lo smalto dei denti decidui, rinvenuti nella necropoli di Velia, per ricostruire la vita prenatale ai tempi dell'impero romano... L'analisi della microstruttura istologica dello smalto dei denti decidui, su un campione di bambini dell'epoca romana, fornisce informazioni importanti sui tempi e sulle modalità di sviluppo fetale della popolazione di quel periodo. Lo smalto prenatale, studiato in relazione con il successivo sviluppo postnatale costituisce il principale oggetto di ricerca del progetto condotto da un team della Sapienza in collaborazione con il Museo delle Civiltà di Roma, l'Université di Toulouse III e l'University College London. La ricerca, realizzata per la Sapienza da Alessia Nava e coordinata da Alfredo Coppa nell'ambito del corso di dottorato in Biologia ambientale ed evoluzionistica, è pubblicata sulla prestigiosa rivista PLoS ONE. I denti umani sono importanti archivi paleobiologici che raccontano la storia di un individuo; quelli decidui, la cui formazione comincia già dai primi mesi in utero, possono costituire l'unica finestra di conoscenza sullo sviluppo intrauterino, un momento cruciale nella vita, che ha inevitabili ricadute sulla salute anche in età adulta. A oggi molti studi si sono focalizzati sulle porzioni di smalto dei denti decidui sviluppate dopo la nascita, ma è l'analisi delle porzioni prenatali che è cruciale nella conoscenza dello sviluppo intrauterino: permette infatti di identificare eventuali eventi stressanti e può rivelare informazioni utili circa lo stato di salute della madre durante la gravidanza. I dati ottenuti da un campione di 18 denti decidui su una popolazione della necropoli di Elea-Velia (I-II sec. d.C., Salerno) dell'Impero Romano sono stati utilizzati per la realizzazione di un solido modello statistico che permette di calcolare in maniera semplificata i tassi medi di crescita dei denti da latte e di stimare la percentuale di bambini nati prematuri in popolazioni archeologiche. "Il modello statistico impiegato in questo studio - spiega Alessia Nava - conferisce una validità metodologica ai risultati ottenuti e apre innumerevoli scenari di ricerca meritevoli di approfondimento". In particolare il confronto tra i tassi di crescita media giornaliera in queste popolazioni e quelli osservabili in bambini di epoche moderne, cresciuti in un ambiente a stretto controllo medico, rivela sorprendentemente che lo sviluppo è più variabile e mediamente più alto nei bambini di epoca romana rispetto a quelli di oggi. |
Post n°2681 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Archeologia Viva n. 199 - gennaio/febbraio 2020 di Maria Ausilia Fadda Gentile Direttore, per i lettori della rivista - del cui Comitato scientifico mi onoro di fare parte - invio la mia risposta a un quotidiano sardo che ha raccolto la polemica del giornalista Sergio Frau. Questi nel suo ultimo libro contesta il posizionamento in linea retta dei menhir di Biru 'e Concas, nel Nuorese, effettuato tra il 1987 e il 1994 dalla scrivente, che curò l'attuale disposizione dei megaliti rispettando i punti di giacitura delle pietre. Secondo Frau con l'attuale posizionamento avremmo voluto imitare l'allineamento dei menhir di Carnac in contrasto con la sua teoria, che propone la strumentale e fantasiosa ricostruzione virtuale di un circolo megalitico. [...] |
Post n°2680 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Scoperta la natura binaria dell'asteroide (7132) Casulli da parte della sezione Asteroidi UAI 30 Marzo 2020 / Comments (0) (26 marzo 2020, Lorenzo Franco & Paolo Bacci) L'asteroide (7132) Casulli è un asteroide di fascia principale scoperto da A. Vagnozzi il 17 settembre 1993 presso l'osservatorio di Stroncone (Italia) e prende il nome dal mitico astrofilo Silvano Casulli, il primo ad aver utilizzato una camera CCD per l'astrometria dei corpi minori. L'asteroide era uno dei target fotometrici della campagna fotometrica UAI di gennaio-marzo e sin da subito le anomale attenuazioni delle curve di luce che man mano si acquisivano hanno fatto pensare si trattasse di eventi di eclisse/ occultazione da parte di un ipotetico satellite. Grazie alla collaborazione di: Lorenzo Franco (A81 - Balzaretto Observatory), Alessandro Marchini, Giacomo Bonnoli (K54 - Osservatorio Astronomico Università di Siena), Riccardo Papini (K49 - WBRO Carpione Observatory), Paolo Bacci, Martina Maestripieri (104 - GAMP), Nello Ruocco (C82 Osservatorio Astronomico Nastro Verde), Nico Montigiani, Massimiliano Mannucci (A57 - Margherita Hack Observatory), Giulio Scarfi (K78 - iota Scorpii Observatory) è stato possibile determinate le caratteristiche di questo sistema binario e pubblicare l'ATel #13590 (http://www.astronomerstelegram.org/ ?read=13590). Un bellissimo risultato tutto italiano e tutto in seno ad una collaborazione UAI. Il periodo di rotazione dell'asteroide è di 3.5238 +/- 0.0002 ore, mentre il satellite ruota con un periodo orbitale di 36.54 +/- 0.02 ore. Le due curve di luce mostrano rispettivamente le variazioni di luminosità causate dalla rotazione del primario e quelle causate dagli eventi di eclisse/occultazione del satellite. I due effetti si combinano tra di loro ed occorre depurarli attraverso i metodi della scomposizione in serie di Fourier. Astronomia UAI Disponibile l'ultimo numero (gennaio - marzo 2020) della rivista UAI Sponsor Ricevi le News!Email Sottoscrivendo la newsletter accetto le privacy policies di questo sitoUnione Astrofili Italiani - La galassia della passione astrofila UNIONE ASTROFILI ITALIANI - Associazione di Promozione Sociale Sede Legale ed operativa: c/o Osservatorio Astronomico "F.Fuligni" Via Lazio, 14 - 00040 Rocca di Papa (RM) codice fiscale 00921350252 - partita iva 00885671206 Contattaci Filo diretto con UAI |
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