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LA POESIA ITALIANA DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI


DA WIKIPEDIA« La storia letteraria di un popolo non è già un elenco delle opere scritte nella lingua nazionale; ovvero una successione di giudizi estetici e di biografie di autori: è invece la rappresentazione della vita spirituale del popolo rintracciata nei canti e nelle funzioni dei suoi poeti, nella meditazione e nelle memorie dei suoi sapienti, insomma nella sua letteratura la quale riflette perciò le vicende della civiltà e l'opera dei fattori che agirono in questa. »(Natalino SapegnoLa storia della letteratura italiana ha inizio nel XIII secolo, quando nelle diverse regioni della penisola italiana si iniziò a scrivere in italiano con finalità letterarie.Gli storici della letteratura individuano l'inizio della tradizione letteraria in lingua italiana nella prima metà del XIII secolo con la scuola siciliana di Federico II di SveviaRe di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero, anche se il primo documento letterario è considerato il Cantico delle creature di Francesco d'Assisi. In Sicilia, a partire dal terzo decennio del XIII secolo, sotto il patrocinio di Federico II si era venuto a formare un ambiente di intensa attività culturale. Queste condizioni crearono i presupposti per il primo tentativo organizzato di una produzione poetica in volgare romanzo, il siciliano, che va sotto il nome di "scuola siciliana" (così definita da Dante nel suo "De vulgari Eloquentia"). Tale produzione uscì poi dai confini siciliani per giungere ai comuni toscani e aBologna e qui i componimenti presero ad essere tradotti e la diffusione del messaggio poetico divenne per molto tempo il dovere di una sempre più nota autorità comunale. Quando la Sicilia passò il testimone ai poeti toscani, coloro che scrivevano d'amore vi associarono, seppure in maniera fresca e nuova, i contenuti filosofici e retorici assimilati nelle prime grandi università, prima di tutto quella di Bologna, prima università per antichità e respiro culturale. I primi poeti italiani provenivano dunque da un alto livello sociale e furono soprattutto notai e dottori in legge che arricchirono il nuovo volgare dell'eleganza del periodare latino che conoscevano molto bene attraverso lo studio di grandi poeti latini come OvidioVirgilioLucano. Ciò che infatti ci permette di parlare di una letteratura italiana è la lingua, e la consapevolezza nella popolazione italiana di parlare una lingua, che pur nata verso ilX secolo si emancipa completamente dalla promiscuità col latino solo nel XIII secolo.Come scrive Giuseppe Petronio[2] "Il carattere distintivo che ci permette di parlare di una letteratura italiana è la lingua".Le origini« Sarebbe stato impossibile determinare un momento in cui il latino abbia cessato di essere la lingua comunemente usata dal popolo e abbia ceduto il posto alle lingue nuove: sia perché tale trapasso dovette svolgersi diversamente e in diversi tempi nei differenti luoghi, sia perché soprattutto è assurdo scientificamente parlare del nascimento di un linguaggio, il quale non nasce mai e non muore bensì continuamente si trasforma". »(Natalino Sapegno[3])In Italia infatti vi erano già state precedentemente due letterature: quella latina o romana e quella medievale o mediolatina.L'Italia nel periodo romano e la letteratura latinaNell'VIII secolo a.C. Roma aveva iniziato ad espandersi conquistando, nel corso di alcuni secoli, le varie regioni della penisola italiana, abitate da popoli differenti sia per lingua che per razza, unificandoli e dando così l'avvio ad unaletteratura latina che produsse grandi scrittori tra i quali LucrezioCatullo,CiceroneVirgilioOrazioLivioOvidio e Tacito.Ma qualche secolo dopo Cristo l'Impero romano iniziò progressivamente a decadere e nel territorio penetrarono popolazioni di razze diverse, prevalentemente di origine germanica, che i Romani chiamarono barbari. Questo portò allo sfasciarsi dell'impero che si divise in diversi stati con storie separate, anche se alcuni di essi rimasero legati tra di loro, sia per il fatto di parlare la lingua latina, sia per il fatto di aver aderito alla religione delCristianesimo.L'Italia nel periodo medievale e la letteratura medievaleCon la detronizzazione dell'ultimo imperatore romano, nel 476 d.C., il potere passò a un re barbarico e l'Italia venne soggiogata dai germanici fino al 553 quando, con la battaglia del Vesuvio, l'Impero romano d'Oriente, costituito dai Bizantini, riuscì a rioccupare una parte dell'Italia. Nel 568 però, con la discesa in Italia dei Longobardi, che riuscirono a conquistare un'altra parte della penisola, si assistette ad una divisione politica, amministrativa e linguistica.In questo periodo la cultura della penisola italiana, sia a causa delle condizioni economiche che si erano notevolmente aggravate, sia per le invasioni barbariche e altre cause, si abbassò notevolmente e la lingua iniziò un'evoluzione diversa secondo le regioni e i differenti strati sociali.Da una parte ci sono le persone colte, i cosiddetti chierici appartenenti al clero e in grado di leggere e di scrivere, che continuarono a parlare e a scrivere in latino e dall'altra le persone non colte, i laici, che, incapaci di leggere e di scrivere, utilizzavano dialetti che avevano un'origine latina ma che col passare del tempo andavano sempre più allontanandosi e diversificandosi da essa.Nacque così in Italia una letteratura nuova composta in latino medievale o mediolatino che rispecchiava la nuova civiltà: la civiltà medievale.Come scrive Alberto Asor Rosa[4] "... è dall'intera maturazione di questa (con tutti i fenomeni linguistici, ideologici e sociologici che l'accompagnano e ne derivano) che si produce a un certo punto una nuova cultura fondata essenzialmente sull'uso dei linguaggi volgari". Quindi si formò un nuovo linguaggio: il volgare.L'Italia del periodo comunale e le letterature in volgareCon la ripresa economica che si manifestò dopo gli anni 1000 e che vide la nascita delle città, nacquero dei nuovi ceticittadini appartenenti agli artigiani, ai mercanti o agli imprenditori, che, pur essendo laici, sentivano il bisogno di possedere una cultura e di esprimersi in modo letterario. Costoro pertanto iniziarono ad utilizzare i loro dialetti di origine latina, i volgari, per rivolgersi non solamente ai chierici ma a tutti i laici che erano in grado di comprendere il volgare, spesso se letto o recitato da altri.I primi scritti in volgare sono di carattere religioso nei quali si obbligano gli ecclesiastici a rivolgersi ai fedeli, nel corso delle prediche, nella loro stessa lingua come viene stabilito da Carlo Magno nell'813 durante il Concilio di Tours e spesso formule digiuramenti come il Giuramento di Strasburgo del 14 febbraio dell'842, quando si assistette al giuramento di Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico davanti ai propri eserciti, il primo in francese antico e il secondo in tedesco antico.Dalla letteratura latina a quella italianaPer quanto riguarda l'Italia non è facile indicare con precisione l'inizio di questo nuovo processo anche se dall'secolo VIII si possono trovare già testi che utilizzano per iscritto il volgare. Alberto Asor Rosa riferisce che nel 1189 il patriarca di Aquileia si era recato presso la chiesa delle Carceri di Padova per tenere un sermone in latino che venne prontamente tradotto ai fedeli presenti in lingua volgare[5].Si è quindi propensi a pensare che la lingua volgare, già dall'VIII secolo al XII secolo fosse utilizzata in modo sempre più frequente non solo ad uso pratico ma anche ad usi che consentissero l'innegabile bisogno letterario di raggiungere il maggior numero di coscienze. Il volgare italiano cioè tende gradualmente ad unificare il territorio linguistico ed a soppiantare municipalmente la lingua latina ormai non più in grado di assolvere quel compito.I primi documentiTra i documenti più antichi che dimostrano questa esigenza vi è in primo luogo un semplice indovinello, l'Indovinello veronese, composto da quattro brevi versiche vennero scoperti nel 1924 in un codice della Biblioteca Capitolare di Verona scritto verso la fine dell'VIII secolo e l'inizio del IX secolo, dove l'atto dello scrivere, ripreso dalla letteratura scolastica del secolo VIII, viene paragonato all'atto del seminatore che sparge nei solchi il seme nero su un prato bianco.« Se pareva boves, alba pratalia araba. - albo versorio teneba, negro semen seminaba[6]. »Tra i primi documenti nei quali il volgare assume carattere di linguaggio già ufficiale e colto sono quattro testimonianze giurate che riguardano certe controversie sull'appartenenza di alcuni lotti di terreno ai benedettini delmonastero di Capua, di Sessa e di Teano che vennero registrate tra il 960 e il963, noti come i quattro placiti cassinesi.Le formule usate in queste testimonianze sono la ripetizione di quanto preparato in precedenza dal giudice in testo latino e in seguito stilate in volgare perché esse fossero comprese dai tutti i presenti al giudizio. Tra questi vi è quello che il Sapegno[7], chiama il placito capuano[8]. Il critico scrive: "In un placito capuano del 960 è riprodotta la formula pronunciata dai testimoni in una lite di confini tra il monastero di Montecassino e tal Rodelgrimo d'Aquino: "Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti"[9].Così, a poco a poco, con il passare del tempo i documenti di questo genere, e non solo, diventano sempre più frequenti, come i libri di memorie contabili, i tre versi inseriti in un dramma scritto in latino sulla Passione, una epigrafesulla facciata della chiesa di San Clemente a Roma dove il servitore riferisce parole in volgare e il santo in latino, unprivilegio sardo e una confessione di origine marchigiana o umbra tutti appartenenti all'XI secolo .Del XII secolo ci è poi pervenuta una carta di origine calabrese e una scritta piuttosto semplice formata di quattroendecasillabi che si poteva leggere, nel Duomo di Ferrara "Li mille cento trenta cenqe nato - fo questo templo a San Gogio donato - da Glelmo ciptadin per so amore - e mea fo l'opra. Nicolo scolptore", come riporta Sapegno in note[10].Ricordiamo anche il Ritmo di Travale del 1158: "Guaita guaita male, no mangiai ma' mezo pane"Al XIII secolo risalgono poi dei frammenti d'un manoscritto appartenente a certi banchieri fiorentini e, sempre inToscana, seguono altri documenti che riguardano questioni di interessi privati o appartenenti a istituzioni pubbliche.