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POLITICI DA BUTTARE


È scoppiato il petardo. Massimo D'Alema si è accorto che la politica batte in testa, come una vecchia automobile che ha fatto troppi chilometri e fatica a salire di giri, sbuffa, "tossisce", alterna scatti a pause preagoniche. Il ministro degli Esteri ne ha parlato in una intervista a Maria Teresa Meli del Corriere della Sera e ha paragonato l'attuale congiuntura a quella degli anni Novanta, quando accadde l'imprevisto: la crisi dei partiti tradizionali, un po' ottocenteschi, acciaccati dai successi della Lega, dalle tremende botte di Mani pulite, dall'ansia di cambiamento che spingeva alla rivoluzione. Il malessere di oggi ha origini diverse e non minaccia di montare fino a trasformarsi in terremoto. Tuttavia fa paura perché trasmette segnali di disgusto, di sfiducia verso il Palazzo. L'allarme di D'Alema non è caduto nel vuoto. De Rita si è espresso così: "menefreghismo disprezzante". Illy sostiene: "C'è ancora troppa corruzione, i giudici non hanno concluso il lavoro". Filippo Ceccarelli sulla Repubblica denuncia: "due italiani su tre non stimano il Parlamento".