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Agricoltura non è sinonimo di cibo


Agricoltura è la coltivazione di piante per fibre tessili, piante per l’alimentazione umana e animale, piante per ottenere carburanti, piante officinali cioè mediche, piante tintorie – per tingere i tessuti -, piante utili all’industria chimica – per le vernici – e all’industria delle armi -  è dalle piante del cotone che si ottengono le nitrocellulose per gli esplosivi. Tutta questa agricoltura fa bene al nostro pianeta quanto è coltivazione biologica. Con l’agricoltura a scopo alimentare umano apprezziamo il buon cibo che arriva vivo e intatto nelle proprie caratteristiche, ugualmente avviene con le fibre tessili coltivate bio-logicamente. Con gli uomini preistorici , che hanno imparato a trarre da queste piante le fibre tessili, ri-scopriamo il piacere di indossare il cotone, il lino, la canapa etc. etc. non è solo piacere della pelle ma è benessere. Appena indossiamo un capo in cotone o lino o canapa avvertiamo la morbidezza, continuando realizziamo che non sudiamo, e se avviene non sprigioniamo odori quanto mai molesti, ci accorgiamo che eventuali sbalzi di temperatura, o il caldo o il freddo non ci attanaglia in modo fastidioso. L’epidermide poi non si ribella avvertendoci con pruriti, bollicine etc. etc. Tutto questo è benessere e capiamo che quel capo è la gradita casa del nostro corpo, per-ché il vestito non è altro che questo: la casa del corpo. La fibra tessile per tramutarsi in casa accogliente deve essere trattata, tinta in modo consono alla provenienza biologica. Le trasformazioni dei peli che ricoprono i semi della pianta del cotone, gli steli della canapa e del lino, in tessuti tinti o no devono rispettare le caratteristiche di ognuno di questi, si eliminano tutte le procedure che rendono questi fili pari ai sintetici: non avviene la “mercerizzazione”, il cotone non lo si trasforma in “filo di Scozia”, non si usano gli acidi che uccidono il filo. Le tinte sono  a-tossiche, senza metalli pesanti e quando è possibile sono minerali o – preziosità assoluta – vegetali. A noi però piace aggiungere dell’altro: sapere che le piante ed i tessuti sono state guar-date e maneggiate da occhi e mani amorevoli, da persone che ricevono giusta ricompensa per la fatica spesa.E’ un bene sottile sapere che la maglia o l’abito indossato non frutto di fatica di bimbo, di persona sotto pagata che deve lavorare fino allo sfinimento e lo stesso ciò che guadagna basta alla pura sopravvivenza. A ben leggere un capo biologico si scoprono altre cose ancora, chi costruisce l’abito tro-vandosi davanti una pezza di tessuto – che parla in modo già così chiaro – pretende di creare il capo desiderabile nella foggia e anche nel colore qualora pensi al “tinto in capo”. E come non ammirare certi tagli sapienti, discreti, precisi di cui se siamo un po’ distratti non c’è ce ne accorgiamo ma appena ci vediamo allo specchio e mentre lo indossiamo av-vertiamo la piacevolezza ed il piacere di averli addosso dati alla vestibilità. Addossaci portiamo non fatica ma amorevoli cure che di mano in mano giungono a noi parlando lingue diverse.Mi piace sapere che lì lontano,- India, America del Sud, Turchia, Egitto, Cina etc. etc etc. – l’agricoltore biologico coltiva per me che abito qui ove per ragioni climatiche ed altre non si può coltivare il cotone morbido e setoso e le altre fibre.