L'Anticonformista

La mia città


Ho "partorito" si fa per dire il mio canto d'amore che da tantissimi anni, da quando me sono andato, mi porto dentro. Credo avrei potuto forse scrivere di meglio, ma non mancherà un'altra eventuale occasione. Per me lo merita. "La mia città" partecipa al Gioco Letterario organizzato dall'amico Writer (per chi vuole ancora partecipare le istruzioni a sinistra nel secondo template, scade il 31 maggio) che ringrazio per avermi indirettamente dato l'opportunità di essermi cimentato in una dedica alla cittadina che sento mia più di quella dove sono cresciuto, mi sono istruito e di quella dove sono nato, dove tuttora vivo, dove sono le radici familiari. Approfitto per salutare i miei amici d'infanzia ed in particolare Claudio e la sua famiglia e per anticipare a tutti gli interessati che dal primo di giugno ci sarà in questo blog una piccola novità. Farò una prova e se dovesse piacere, resterà permanente. La troverete inclusa nel box di apertura del "pensiero del giorno" e sarà dedicata in particolare a tutti voi amici, e agli occasionali viandanti fra queste deliziose e sensibilissime pagine di vita.
Non ho una città. Non sento di appartenere a una città in particolare. Mi sento figlio dei fiori, figlio del mondo. Potrei definirmi un apòlide, un randagio, un senza tetto, un personaggio privo di una casa, di un quartiere. A un paesino dove nascere, crescere, vivere, imparare, scambiare innumerevoli  interessi , noie o distrazioni. Vivere coi pericoli che purtroppo stanno in agguato, ci seguono ovunque. Essere amato e amare quegli amici che rimangono fedeli durante il percorso dell’esistenza. Incontrarli per caso, sentirli ogni giorno, godere della fuggevole gioventù, comprendere la crudezza e la soddisfazione di essere fatto uomo, lasciarsi trasportare dalla delicata fragile senilità, anche se la vita separa per le più svariate avventure, necessità, opportunità, ritornare lì dove tutto è iniziato, dove molto ha avuto un senso, dove abitano le persone care e appartenervi per sempre. Tutto questo non avrebbe un significato, non scriverei affatto così se confessassi a me stesso che non sono di una singola città, ma di tre città unite e distinte, con tradizioni alquanto diverse, create e costruite, parte integrante della nostra meravigliosa penisola, che messe insieme, hanno avuto e continuato ad avere un profondo percorso, hanno posseduto uno straordinario potere e influsso sulla formazione della mia personalità, nel bene e nel male. Ma ho dei ricordi, dolcissimi, profondi, incantevoli ricordi, solo quanto di bello e profondo mi porto dentro. Ho una speranza che spero mai di perdere fino all’ultima declamazione, l’ultima scena, l’ultimo respiro. E se la voce silente percorre le sottilissime strade dei miei arroccati neuroni e scandaglia le grotte sommerse di grandi navigli ospitali, allora vado dove mi porta il cuore, seguo la scia della spensierata fanciullezza, della marea che ritorna, aumenta di volume, avanza come un guerriero fiero e spavaldo, illuminata da raggi lunari di una innocente verginità oramai piacevolmente perduta, ma che resta nitida, bramante di quel desiderio, che sarebbe dovuto rimanere eterno. Vado e percorro accompagnato da una passione delicata, sensibile e innamorata, su prati distesi, odorosi di terra battuta, di erba tagliata, e campagne irrorate dalla fresca pioggia autunnale, dalla brina del mattino, da distese coperte da coltre di neve di freddissimi inverni, da un tenero dolce risveglio profumato di primavera, asciutte da un caloroso secco-umido sole estivo. Corro col cuore in Val Padana, dove in trepidante e piacevole attesa, vicino a un focolare c’è la figura di una madre amorevole, industriosa, cooperativa, che mi ha donato per la seconda volta la vita. Che cuce, produce, ricama, organizza, prepara squisite leccornie come colorate caramelle e morbidi torroni. Mi nutre con saporiti salami, dense salse di melassa, cremosi mascarponi e fiumi di latte lavorato artigianalmente e dai più svariati genuini sapori. Semina i campi che diventano color dell’oro quando piccoli germogli, crescendo insieme a fraterni rossi papaveri, si trasformano in mature spighe di grano, che con forti mani impasta, lavora per produrre la polenta. E’ una liutaia, che suona e costruisce ingegnosamente da secolari generazioni, violini di fama e valore internazionale. Strade, piazze, vie, sobborghi, di nobiltade bellezza e cultura. Viali, giardini alberati e distese di gelsi, pioppi, betulle. Fiere che accolgono avventurosi viandanti e venditori nella festa annuale di San Pietro e Paolo lungo Viale Po. Chiese antiche ricche di tesori medioevali, gioiellame senza prezzo che le possa acquistare. In questa meravigliosa solerte piccola cittadina che domina dall’alto del suo campanile tutta la valle e che in limpide giornate, scavalcando l’orizzonte, tende la mano a Milano. A questa città, in questo dolce onnipresente ricordo, piccola stella luminosa della pulsante padania, dedico il mio cuore, parte del mio amore. Volo e corro tra le tua braccia, Cremona.