L'Anticonformista

Cosa farò da grande


Quanti buoni propositi mi sono posto da ragazzo e durante il percorso scolastico. Quante certezze credevo sarebbero avvenute. Quanta fantasia e voglia di vivere, di sfondare il cielo, di arrivare in alto, di ritagliarmi un futuro tranquillo, di ricamare uno spazio e una identità in quella società anni ottanta così altalenante, piena di competizione, di trasformismo soggettivo ed industriale. Una variante che contraddistingueva quegli anni era il fascino delle 'griffe', che già poneva un divario tra il benessere e la povertà. Chi vestiva firmato anche se pieno di debiti era personaggio di tanto rispetto da emulare se possibile e invidiare. Si faceva strada una metamorfosi correlazionale nel bene e nel male. I primi risvegli e consumo di identità sessuali. Le lotte per la parità dei sessi, dei diritti alle donne e quelle relative a simpatie politiche. La nascita delle prime televisioni private e le nostre madri o ragazze che restavano incollate allo schermo, affascinate da storie amorose intrise di tranelli e tradimenti delle telenovelas sudamericane. La musica cominciava a perdere smalto, mordente, anche se comunque accettabile e più commerciale rispetto la decade precedente. Andava di moda mangiare orientale. Quanti ristoranti cinesi ho frequentato. E mentre si era coinvolti su questa tendenza, le ultime gite fuori porta nei weekend o le feste casalinghe con i compagni di scuola o amici prima della maturità, erano un vero toccasana, giurandosi eterna fedeltà reciproca. Il desiderio di divertimento non concedeva nel pensiero tregua. Sono stati fine settimana intensi trascorsi in discoteca. Nel tempio della musica più sfrenante ed accattivante, goliardico, giovane, carico di energia, lontano da canoni assoluti, per dimenticare alle spalle tante incertezze. E quante altrettante serate o fine settimana a lavorare in radio. Che classe quella della sezione 'I' di spagnolo della ragioneria. Durante quel percorso sui banchi, quante aspettative mi si ponevano innanzi. Fra queste c'erano quelle soddisfazioni che si provano all'inizio nel corso della vita, quelle più elette, quelle che come credevo avvengono studiando, proiettate verso il futuro. Ma i piaceri sono passeggeri, e dopo averli gustati ci lasciano nell'anima una profonda nostalgia. Ed è questa la generazione che oggi rappresento e che rappresenta la moderna società. Una generazione che ha stravolto e un poco annacquato molti canoni, che ha rivoltato molti valori, forse per un cambiamento necessario. Riaffiorano i ricordi ora scrivendo, ora che il bel tempo della gioventù è trascorso, quando avanzavo per il difficile cammino pieno di ambizioni. In quegli anni di giovinezza, quante volte ho avvertito la mancanza di mio padre, per porgli tante domande. Averlo vicino come appoggio, come forza morale, per trasmettermi maggiore coraggio. Io com'ero allora in erba, baldo ingenuo crispolto ventenne. Avvertivo il desiderio di trovarlo, rincorrerlo ovunque egli si trovasse. Sapere dove viveva quell'uomo che mi ha generato con uno schizzo di spermatozoo, che mi ha abbandonato da subito e lasciato così ingiustamente solo. Guardarlo negli occhi, sentire almeno la sua voce. Magari sputargli in faccia, iniettargli il mio veleno, pestarlo di botte per il male che ha fatto a mia madre e a me. Poi invece baciarlo, stringerlo più forte che mai tra le mie braccia e sussurragli dolcemente in un orecchio la parola, papà! Non dovevo vergognarmi della mia situazione familiare, eppure qualche volta mi percuoteva il cuore. Altrettanto mi balenava l'idea di diventare poliziotto, un paladino della giustizia. Il guardiano del rispetto, contro i sorprusi, la violenza e le intolleranze sociali. Essere un giusto fra gli ingiusti. Pensieri poi disciolti come zucchero in un bicchiere d'acqua. Così mi sono diplomato in ritardo perdendo per strada qualche anno e lasciato i miei compagni originari delle superiori. Quante volte avrei voluto spiccare il volo, prendere un aereo che mi portasse in Argentina. Quella terra magnifica e ancora inesplorata. E' lì che mi aspetta e io non ho fatto e non faccio nulla per abbracciarla, con curiosità e dolore. Rigoli di lacrime scendono ora sul mio viso, ma sono la mia forza non la mia disperazione. Che strano alla mia età avvertire un senso di vuoto, e col petto gonfio di angustia, emozionarmi e piangere come un bambino. Mi rendo conto sempre più ormai che il tempo dei facili passatempi  e ripensamenti se ne è andato. Quei piaceri goduti e sognati, in fondo allo spirito, appartengono al passato. Sono rimasti quei buoni propositi scolastici con il desiderio di conoscere ciò che altri scoprirono, seppero e appresero a loro volta prima. Penetrare i segreti della scienza, conoscere il perchè di tanti fenomeni che ci circondano, investigare i problemi del nostro essere, esaminare e analizzare i sentimenti umani, incantarsi dinanzi a grandi opere. Leggere i classici, inebriarsi delle loro bellezze eterne, arricchire la mente di cognizioni che suscitano nell'intimo pensieri nuovi e profonde osservazioni. Vivere una vita più intensa e luminosa, diventare un essere pensante, operante e indipendente. Lo studio è come un raggio di sole, che nella buia freddezza del periodo invernale di quel tempo, ha concesso un pò di sorriso nella mie membra di terra argillosa. E' il conforto che doveva obliare le fatiche di tutti i giorni. E' un sogno assaporato al quale mi sono aggrappato per fugare tutte le miserie materiali della vita, ma nella seconda realtà è rimasto solo sogno. Nonostante i sogni nei cassetti siano il pinzimonio che arricchisce ogni fragile esistenza. Quanti buoni propositi si sono affacciati e avvicendati sino ad oggi, quanti accarezzati e da accarezzare ancora. Quanti cambiamenti improvvisi ed inaspettati. Li porto con me, li tengo stretti, con lo stesso smalto e vigore. Magari un pò sbiaditi, ma vivi e immortali; anche se il tempo è stato più bravo come giocoliere e ha posto le sue variabili usando con astuzia le sue carte, ne rimane ancora qualcuna da giocare. Avverto quei sentori tanto lontani e in egual modo vicini con eleganza per ciò che è stato positivo, con rabbia per ciò che invece c'è stato di negativo. In positivo quei buoni propositi mi appartengono, sono miei, fanno parte del mio modesto bagaglio culturale, del mio globo virtuale, sono una piccola difesa. Là dove fuori tutto appare e scompare per incanto e infamia. Un periodo come altri gli anni ottanta, un'altra vita come tante, un semplice amarcord riletto e vissuto. So che è cambiato molto da allora, con l'argento vivo addosso, però ancora mi pongo una perenne domanda di conferma, cosa farò da grande!.Grazie a writer per questa nuova e bella iniziativa del 'gioco letterario' - Come eravamo, che per me non è stato solo un gioco, ma una rivisitazione di più aneddoti e sensazioni frastagliati di quel periodo della mia vita. Potrete trovare la lista degli amici blogger partecipanti con i loro racconti.