L'Anticonformista

L'altro Abruzzo dimenticato


L'altro Abruzzo dimenticato, lasciato in una condizione da baraccopoli. Una denuncia a caldo, venuta allo scoperto subito dopo l'ultima calamità abbattutasi su L'Aquila e dintorni. Una denuncia sulle solite promesse non mantenute a tutti dopo il  dammatico  terremoto che colpì la regione nei primi anni del secolo scorso. Un abbandono sociale che pone in evidenza l'inadeguatezza della burocrazia italiana e dei tanti governi succeduti nel corso di ottantasei anni. In quattromila vivono ancora nelle 'casette asismiche' costruite per gli sfollati del tremendo sisma della Marsica del 1915 che contò trentamila morti. Un ulteriore lato scuro di un Italia trascurata ed inefficiente. Una vergogna inammissibile verso questi cittadini e forse per tutti gli altri che hanno avuto la disgrazia di vedere le proprie case e la propria vita distrutte dalla furia dei terremoti. Quali altri scandali sono celati dietro le rovine occorse in tanti anni di disastri tellurici a Reggio Calabria e Messina, a Gemona del Friuli, nell'Irpina, ecc.? Perchè per tanti si e per il rimanente della gente esistono situazioni di disagio così degradanti e diseguali? 
Nel circondario di Balsorano (AQ) in alcune di queste 'casette' non c'è riscaldamento, non ci sono servizi igienici, non esiste pavimentazione. La luce c'è ma solo una lampadina per un totale di trentadue metri quadri. Ai genitori di una signora dissero di portare pazienza, perché quella sarebbe stata una sistemazione provvisoria. Giusto il tempo di ricostruire la loro casa. È passato quasi un secolo ma la signora (adesso ha 82 anni), è ancora qui, dentro queste due stanze buie ed umide vicino al castello di Balsorano. Non è la sola. Sono quattromila le persone che in Abruzzo vivono nei rifugi costruiti per gli sfollati di quel terremoto. Rifugi asismici cioè sicuri (per l’epoca) perché ad un solo piano e con il tetto in travi di legno. E provvisorie, anzi «baracche realizzate a titolo precario» come assicurava il decreto firmato l’11 febbraio 1915 dal Re Vittorio Emanuele III.E' anche vero che nel corso degli anni molte baracche sono state demolite, quasi sempre sostituite da case popolari. Ma dei circa diecimila esemplari costruiti tra il 1916 e il 1920 ne restano in piedi ancora 1.066 sparsi in 38 comuni, da Avezzano a Balsorano passando per tutta la Conca del Fucino. Tetto spiovente, muri sottili di mattoncini, struttura a castrum romano con le due strade principali che si incrociano al centro, l’immagine è proprio quella di un accampamento. Qualcuno, capendo che la provvisorietà era solo teorica, negli anni ha sistemato le cose ricavando almeno un bagno. Come un'altra signora che un anno fa ha trasformato la sua baracca di Capistrello in un appartamentino vero e proprio. «Ho messo i termosifoni e adesso vorrei comprare pure la parabola» dice, mentre aspetta di scolare la pasta. La sua vicina di casa, la signora Letizia, si accontenta di una stufa a legna che non ha l’aria di essere proprio a norma. Ma spesso le condizioni sono quelle di un secolo fa e quasi sempre a viverci sono persone anziane.Nel 1971 per iniziativa del senatore Giuseppe Fracassi, che proprio in una delle casette asismiche era nato, venne approvata la "legge per lo sbaraccamento". Abbattimento di tutte le casette, sostituzione con edilizia popolare e spazi verdi. Cosa buona e giusta ma rimasta sulla carta perché la legge non è mai stata finanziata davvero. Servirebbero 50 milioni di euro per riqualificare tutte le 1.066 baracche ancora in piedi. L’ultimo stanziamento, 800 mila euro, era allo studio della giunta regionale quando l’arresto del presidente Ottaviano Del Turco, meno di un anno fa, ha travolto tutto. In poche parole questa gente è costretta a campare in condizioni da terzo mondo, come la prima signora all'inizio citata, che non dimentica quella promessa fatta ai suoi genitori: questione di mesi, poi avrete la vostra casa. Era un secolo fa. (Corriere della Sera del 19 aprile - Lorenzo Salvia)