verba volant

Acero occhiolinato


Mentre salivo quei tornanti, solo la breccia biancastra, ingrigita dal tempo, mi rendeva consapevole . La vegetazione tipicamente borderline mi confondeva alquanto. I mattoni addossati a mò di rocca, chiarivano senza dubbi che dovevamo aspettare un tramonto. Scesi dall'auto in un iniziale autunno,  alcuni tigli ed aceri, piantati in spregio al decoroso viale ottocentesco di cipressi e lecci, vanificavano i tentativi di consolidamento, spesso  confusi con restauri di facciata, che la collettività  finanziava  affincè la rocca non si diroccasse. Lei paseggiava,  cercando quel tramonto che aspettava il mio bacio per palesare i colori che non avremmo visto. Non tutti i tramonti appaiono facilmente come i baci e gli abbracci che si trovano dietro ai bambù. Era una bella giornata, quella. Forse solo un pò umida. La quercia che stava morendo, prematuramente, colpita da un fulmine o dalla bellezza delle colline, ci accompagnava nella discesa che costeggiava i suoi ricordi, la cucina della casa in campagna, suo padre e i cartelli dalle scritte poco comprensibili, tutta colpa dei sommachi, il cui fogliame impediva di vedere oltre. Quando si ritorna dalle rocche, anche i navigatori tendono a fidarsi, non indicano i percorsi,non consigliano. Le repentine improvvisazioni che le strade formose possono suscitare all'idea, ( fiat ), raggiunsero un luogo che conoscevo. Passeggiando temevo di leggere uno di quei cartelli che latitano in ogni paese, quei cartelli che accarezzano l'autostima, quelle lettere che ti danno la certezza di trovarti in un determinato luogo, fino a prova contraria. Alcuni indizi tuttavia mi confortavano.I camminamenti militari,  c'era la salita, quella salita che conoscevo, c'era anche quel campanile.Sapevo dov'eravamo nonostante le rimostranze dei miei ricordi.Quando si torna in un luogo noto, non si ha il fiatone, così arrivammo sotto il campanile. Il portone era aperto, la luce c'era, c'era anche un  devoto dopo il rosario. Subito capimmo che non era un devoto e che quella luce, era ora che si spegnesse.Non si può lavorare fino a tardi, non si deve. Quando vedi il pezzo di legno che mantiene una campana, forse l'uomo che è lì, per renderle libere dai maldestri suonatori, rendendole tecnologicamente avanzate, può anche regalartelo, ma deve chiederlo al prete. Quindi il mio divano aspetta che il prete si decida, quel ceppo ligneo , deve diventare il degno dirimpettaio del mio divano. Un appoggio , previo cristallo , per tazzine , posaceneri e quant'altro serva a portata di mano. Dopo i saluti di rito, ci congediamo vicendevolmente, è tardi, anche se non abbiamo fame, dobbiamo mangiare. Perchè si deve mangiare, senza se e senza ma. Il ristorante dove volevi portarla è chiuso.Bene, l'altro è aperto. Seduta , la vetrata riparava il suo viso dalle onde, le grandi conchiglie illuminate gli donavano una bellezza che non conoscevo.L'accarezzavo come un cagnolino.Quei cofanetti ai crostacei come li mangiavo io, non come la ricetta cambiata dai camerieri padronali prevedeva, gli son piaciuti, mangia poco.Era presto diceva. Potevamo. Nell'ingresso, dopo che le scale son finite, potevamo.La porta è così vicina, la stanza era aperta.