BULIMIA DI VIVERE

"DONNE CHE MANGIANO TROPPO", un libro sulla bulimia


Consiglio vivamente di leggere il libro:"DONNE CHE MANGIANO TROPPO" di Renate Gockel (si trova in edizione economica Feltrinelli), del quale riporto parte della prefazione, scritta da Nella Livings:"Perchè mangio in modo forsennato anche quando non ho fame?". Questa è la domanda che si fanno spesso le persone bulimiche, sentendosi poi angosciate e terribilmente colpevoli, perchè sanno bene che gli attacchi di voracità poco hanno a che fare con un bisogno reale di nutrimento. Ma essere dipendenti dal cibo non è un comportamento che riguardi esclusivamente il fisico. E' invece un modo di rapportarsi che rivela molti aspetti poco evidenti della personalità di ciascuno, e che induce a vivere una sorta di odissea tra trasgressione e vizio, fame e gola....il ritratto di Anna, la protagonista della storia di bulimia presentata in questo libro, è ricco di osservazioni che permettono a ciascuno di considerare meglio il proprio rapporto con il cibo. Nel mio lavoro di psicoterapeuta (rivolto in particolar modo alle persone che hanno conflittualità con il cibo), ho potuto rilevare, per esempio, in accordo con l'autrice di Donne che mangiano troppo, quanto la donna bulimica ( ma il problema, senza dubbio e con aspetti diversi, non esclude l'uomo) cerchi il consenso altrui in modo esagerato. Infatti l'immagine di sè che si vuole accreditare presso gli altri rispecchia un modello di ideale "perfezione", di "brava figlia", di "brava moglie", di "brava dipendente", di "brava" in qualsiasi campo sia richiesta la prestazione. Purchè il consenso sia unanime, questo "dover essere" è continuamente messo alla prova rispetto ai propri sentimenti, di per sè trasgressivi, che tuttavia la donna bulimica sa tenere sempre a bada. Ma c'è il rischio continuo che questo consenso, faticosamente raggiunto, vada perduto se ci si lascia andare alla propria "vera natura". Quindi, quanto più il giudizio di sè è negativo, tanto più va ricercata l'approvazione generale, con la speranza che "gli altri" non scoprano il buco nero che sta sotto, e la propria vera o presunta pochezza...Anche dal punto di vista sessuale c'è la stessa tensione a essere "come tu mi vuoi". La bulimica è una donna che ha una reale difficoltà a dire "no", ma che non sa lasciarsi andare pienamente perchè teme un giudizio negativo, correndo quindi un pericolo anche maggiore: essere abbandonata...La dipendenza dal partner diventa molto forte, nonostante il disagio di cui soffre la bulimica nei confronti di lui. Si instaura in questo modo "l'abitudine eroica" di sopportare ogni angheria, affinchè il temuto abbandono non avvenga mai. Emerge dunque una personalità dipendente sì dal cibo, ma soprattutto dipendente dall'esterno, e dal non sapersi accettare per quel che si è."Ma come mai, se oggi ho un forte attacco di 'finta' fame, mezz'ora dopo corro a liberarmi della colpa della mia ingordigia e vomito?" si chiede la bulimica. "Che cosa nasconde questo comportamento irrazionale?". Ancora una volta agisce il bisogno di mantenere tutto sotto controllo, riportando la situazione al punto 'zero', cioè prima del 'misfatto', dell'ingerimento del cibo.Gli attacchi di fame, dal punto di vista simbolico, hanno varie
valenze:"DEVO TAPPARMI LA BOCCA  perchè quello che ho da dire veramente potrebbe essere o risultare aggressivo e distruttivo, quindi minacciare il rapporto che ho in corso". Oppure: "Ho bisogno di colmare il terribile e temibile vuoto che mi porto dentro e che identifico come sintomo di fame anche se so che non è così". E ancora:"Potrebbe servire  a 'placarmi'  in qualche modo sollevandomi momentaneamente dall'ansia di dovermi dare delle ragioni profonde per questo senso di sgomento e di scontentezza di me e degli altri". Un percorso approfondito all'interno della propria storia personale diventa quindi necessario per capire il perchè del fissarsi di comportamenti patologici, di che cosa si cerca di superare o di nascondere a se stessi opponendo ostacoli alla propria autonomia. Forse è la paura. Di trasgredire, di competere, di fallire, di affermarsi...Come in ogni labirintico processo per raggiungere 'la conoscenza', si indaga dentro di sè, per scoprire e accettare quel che di misterioso abita in noi. Questo migliorerà la tolleranza, la socialità e porterà ad una accettazione vera e più profonda di sè e dell'altro. Il conoscersi ed il riconoscersi consente di sperimentare altre vie di comportamento più adulte e più mature, senza ricorrere a regressioni orali, chiarendo il legame con la nostra parte-bambina. Imparare a convivere con quel vuoto interiore, che prima tanto ci spaventava, diventarà un'opportunità per maturare.Le guarigioni non riguardano ovviamente solo il superamento del sintomo della bulimia, ma si basano sul mutamento del vivere quotidiano, dei rapporti con gli altri e con noi stessi. Una volta scoperto... che aggrapparsi a una persona e renderla indispensabile, oppure dipendere da un cibo che ci colmi o ci plachi come nella prima infanzia, è SOLO UN ALIBI, si può impostare un altro modello di comportamento, più benefico per sè e per chi si ama. Buona lettura a tutti!Un bacioSelvatica