BULIMIA DI VIVERE

DIFFERENZE DI VISUALI TRA GENITORI E FIGLI - 1a parte


Ultimamente capita spesso che io e mia madre ci mettiamo a parlare del passato. Non so spiegare il motivo per il quale, proprio ora, si abbia voglia di fare luce su determinati punti: forse, semplicemente, certi tipi di chiarimenti si possono ottenere soltanto dal momento nel quale si è davvero pronti.Fatto sta che, proprio ora, la rabbia, il rancore, la voglia di rivendicazione hanno lasciato spazio ad uno scambio di opinioni sereno e questo permette un dialogo aperto e sincero.Da entrambe le parti non c’è voglia di accusare ma più che altro voglia di rendere l’altra persona partecipe del proprio punto di vista che, fino anche solo a qualche anno fa, sarebbe stato interpretato in modo distorto.Curiosamente, in parallelo, proprio nei giorni scorsi ho avuto modo di parlare con genitori di persone che stanno soffrendo di disturbi alimentari: questo mi ha spinta ad approfondire determinati argomenti. Risultato? Vi racconto…Durante la malattia, io, cosa percepivo?In sostanza un comportamento passivo da parte dei miei genitori. Per quanto riguarda mia madre: ricordo soltanto un episodio in particolare nel quale il confronto tra me e lei avvenne apertamente, ma in modo casuale. Io mi ero chiusa, come al solito, a vomitare in bagno e, per caso, il mio fidanzato di allora passò da casa mia per chiedermi di uscire. Mia madre, non avendomi vista in camera, iniziò a cercarmi dappertutto. Quando sentii i suoi passi nel corridoio feci soltanto in tempo a ripulirmi alla bene meglio il viso e, ancora tutta arrossata per lo sforzo, ad aprire la porta, anticipandola, per evitare spiegazioni. Lo sguardo di mia madre in quel momento valse più di mille parole.
Essendo sicura di essere stata "scoperta", dopo un’ora, spinta dal senso di colpa, le raccontai della mia situazione. Impreparata a quella confessione mia madre rimase ad ascoltarmi contratta per tutto il tempo: la cosa finì lì.Mio padre preferiva l’approccio: critico di fronte a te le modelle in televisione così magari la "fissa della dieta" ti passa. Regolarmente, ogni volta che al telegiornale trasmettevano il servizio su una sfilata, uscivano dalla sua bocca frasi del tipo: "ma guarda che magre, sembrano tutte anoressiche!". Risultato? Invece di vomitare una volta, dalla tensione accumulata in seguito ad un commento come quello, vomitavo due, tre volte di fila.Ultimo episodio degno di nota? Mesi dopo l’ultima crisi bulimica, un giorno entrai nella camera dei miei genitori per comunicare una cosa a mio padre il quale, tutto a un tratto, mi chiese: "stai meglio adesso? La fai più quella cosa?". In tutta risposta, rigida come una statua di marmo, gli risposi: "no papà, non la faccio più, ora sto meglio…". Punto.Questi atteggiamenti defilati, sottobanco, non diretti, non mi aiutarono per niente durante la malattia, anzi alimentarono dentro di me una rabbia che rimase annidata da qualche parte per anni e anni ed anni. Il mio pensiero fisso: "potrei anche crepare ma loro si girerebbero dall’altra parte. Cosa dovrei fare per farli reagire? Va bene! posso arrivare più in basso…".Nella mia testa e nel mio cuore si confondevano, si integravano, si incancrenivano molteplici e contrastanti convinzioni e sentimenti: volevo attrarre in tutti i modi l’attenzione dei miei genitori ed ero disposta a tutto pur di raggiungere questo scopo ma, contemporaneamente, desideravo essere lasciata totalmente in pace.Forse la mia battaglia interna era causata dal fatto che li accusavo, per certi aspetti, del mio malessere ma, nonostante tutto, ero talmente debole da non riuscire a staccarmi da loro e da aspettarmi, al contrario, che mi salvassero. Secondo la mia mentalità distorta: me lo dovevano, in fondo ero la loro brava figlia fragile da proteggere!Dilatato per 10 anni questo tira e molla mentale contribuì a farmi toccare il fondo. Quando arrivai a capire che ero io la diretta responsabile della mia salute e che ero stanca di farmi del male senza ottenere, ovviamente, nessun vantaggio, cominciai a distanziarmi mentalmente da insensate attese o pretese nei loro confronti ed iniziai a camminare con le mie gambe, per me. I rispettivi ruoli di figlia e genitori e le distanze corrette tra la mia vita e la loro cominciarono a prendere forme più sensate e, soprattutto, più sane.Credo che la vittoria contro la bulimia ed il tempo trascorso durante gli anni successivi a questa svolta abbiano donato il proprio contributo ad un’ulteriore evoluzione dei rapporti famigliari e molto probabilmente tutti questi motivi assieme hanno fatto sì che ora, almeno con mia madre, siamo arrivate a parlarci con franchezza.Ma qual è la versione di mia madre? ...CONTINUA...con affetto,Selvatica