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La notizia. Sono migliaia, vengono dalla Spagna o da altri paesi dell'Europa mediterranea colpiti dalla crisi, oppure da Romania, Ungheria e altri paesi dell'Est. E le multinazionali li sfruttano come bestie, come forzati, roba da ricordare gli schiavi nelle prigioni di cotone, il lavoro infantile in Pakistan o le fabbriche-lager in Cina. Amazon, il più grosso commerciante online del mondo, è sotto accusa: ha costruito un vero e proprio Arcipelago Gulag del lavoro forzato con miseri contratti a termine per gli schiavi del turbocapitalismo globale, neoliberista e senza scrupoli. Il Gulag di Amazon non è però in Siberia, ma in Germania, sede ottimale per gli ottimi trasporti, infrastrutture e servizi di spedizione. Gli schiavi del 21mo secolo, spinti da miseria e fame, arrivano in Germania da ogni angolo d'Europa. Sono pagati malissimo, nove euro al lordo dei contributi, e lavorano soprattutto nel turno di notte. Alloggiano in sette per camerata in vecchi alberghi sciistici decaduti o chiusi per fuori stagione, sono sorvegliati da spietati vigilantes spesso appartenenti o vicini all'ultradestra neonazista. Chi meglio dei tedeschi per certe pratiche?