Li incontro quasi ogni giorno mentre vado in cittàLei è una donna minuta. Esile nel suo aspetto, dai canuti capelli bianchi tagliati corti, così corti da non aver bisogno di essere pettinati mai. Un segno di praticità, come tutto, nel suo incedere, fra l'altro, conferma. Si muove con passi misurati. Si guarda intorno con movimenti millimetrici. Potrebbe avere 70 anni. Forse qualcuno in più, ma portati bene. Indossa sempre una gonna al ginocchio, nera o comunque scura e, in questi mesi estivi, camicette chiare sempre molto sobrie. Le scarpe sono curate e con un accenno di tacco.Lui è un ragazzone goffo. Capelli arruffati, con un perenne accenno di barba mal curata. Indossa occhiali spessi e cammina ingobbito. Ha una piccola protuberanza sulla schiena e una curvatura pronunciata. Pantaloni e magliette, o camicie talvolta, sono sempre molto sgargianti. L'aspetto, nel complesso, è trasandato. Regge sempre delle buste che sembrano contenere della spesa.Camminano sempre accanto. Il passo misurato di lei sembra essere simbiotico all'andamento strascicato di lui. Non mi è mai capitato di vederli sfalsati. Mai uno dietro l'altro. Sarà il frutto di un'allenamento di molti anni.Di solito li costeggio mentre camminano lungo il marciapiede di una strada stretta. Sfilo piano accanto a loro, per non turbarli con la sensazione di un incedere troppo veloce in uno spazio troppo stretto, ma soprattutto per guardarli con attenzione, per cogliere qualche particolare che possa spezzare quel senso di fatalismo in questo nostro incontrarci.Lei non mi ha mai guardato, quantomeno, non ha mai voluto concedermi un gesto che potesse farmi avere certezza di un suo interesse.Lui ha cominciato a salutarmi con un cenno del capo dopo un paio d'incontri. Di più non poteva fare d'altronde, visto il perenne fardello che sembra destinato a condurre.Qualche volta Amerigo è in macchina con me. Non so se li abbia mai notati.Amerigo c'era anche qualche settimana fa. Discutevamo un po' animatamente, per un suo capriccio che non riusciva a ridimensionare nonostante avesse compreso una certa difficoltà ad accontentarlo. Capitò quindi di passare accanto a quella strana coppia senza ricambiare il saluto di lui. Appena realizzato d'averli superare li cercai nello specchietto. Ebbi la sensazione netta di aver colto un velo di delusione nello sguardo di lui e come una accenno di durezza in quello di lei.Quella sera sarei partito per un viaggio di lavoro e sarei stato assente per diverso tempo. Proseguii verso la mia meta con uno strano senso di disagio.Al mio ritorno, ripresa la routine verso la città, li incontrai puntualmente. Tutto era come sempre. Nulla era cambiato ma lui... lui non mi porse il consueto cenno del capo per salutarmi.Accadde la stessa cosa il giorno dopo.Ero stranito, mi spiaceva averlo ferito. Mi erano due sconosciuti, ma stranamente erano nei miei affetti. Soprattutto lui. Pur senza conoscer nulla della sua storia, avevo pensato che quel ragazzone fosse un altro Amerigo e questo me lo rendeva naturalmente e geneticamente simpatico e vicinoPoi ieri...Li incontrai mentre scrosciava un temporale. Stranamente non erano premuniti. Non avevano ombrelli o altro che potesse ripararli.Lei camminava imperterrita sotto l'acqua, solo più attenta a dove posare i piedi. Lui era più agitato. Frignava un po'.Mi chiedevo come fosse possibile, che quella donna così pragmatica avesse potuto uscir di casa senza prevedere quello scroscio che pure era annunciato fin dalla notte prima, da cupi nuvoloni e fragorosi tuoni.Senza pensarci più del necessario fermai al loro fianco e abbassato il finestrino mi offrii di accompagnarli.Ci fu un attimo d'empasse. La donna sembrava non aver compreso. Per un attimo la sicurezza dei suoi modi aveva mostrato un'incrinatura. La incalzai di nuovo. Dietro, alcuni automobilisti impaziente strombazzavano feroci. Fu lui a rompere l'indugio e aperto lo sportello posteriore si infilò dentro con un sorriso finalmente rassicurato.Sorpresa e forse un po' stizzita da ques'iniziativa s'arrese e salì. Prima ancora che potessi dire qualcosa mi diede delle indicazioni sulla strada da fare.Non era distante. Mi incamminai lento pensando a qualcosa da dire per rompere il ghiaccio. In un qualche modo, quella donna era riuscita a creare un'atmosfera tale per cui sentivo quasi di dovermi scusare d'aver avuto quel moto di solidarietà e gentilezza. Ma ancora una volta, fu lei a rubare il tempo e parlare prima di me.Mi disse il suo nome... Lena... Pensai a mia madre, Maddalena... chissà se era il diminutivo dello stesso nome. Prese coraggio e parola anche lui da dietro, annunciando il suo nome... Francesco...Poi arrivammo alla loro casa. Lei disse che ero stato gentilissimo ad aver così premura per loro, con un tono che mi fece comprendere che la gentilezza dovesse esser qualcosa a cui non erano più abituati. Riuscii finalmente a incontrare il suo sguardo. Il suo viso. Capii che doveva esser stata una donna bellissima in gioventù. I suoi occhi erano velati di stanchezza e solitudine. Ci salutammo.Chissà come sarà reincontrarli la prossima volta...
strade parallele
Li incontro quasi ogni giorno mentre vado in cittàLei è una donna minuta. Esile nel suo aspetto, dai canuti capelli bianchi tagliati corti, così corti da non aver bisogno di essere pettinati mai. Un segno di praticità, come tutto, nel suo incedere, fra l'altro, conferma. Si muove con passi misurati. Si guarda intorno con movimenti millimetrici. Potrebbe avere 70 anni. Forse qualcuno in più, ma portati bene. Indossa sempre una gonna al ginocchio, nera o comunque scura e, in questi mesi estivi, camicette chiare sempre molto sobrie. Le scarpe sono curate e con un accenno di tacco.Lui è un ragazzone goffo. Capelli arruffati, con un perenne accenno di barba mal curata. Indossa occhiali spessi e cammina ingobbito. Ha una piccola protuberanza sulla schiena e una curvatura pronunciata. Pantaloni e magliette, o camicie talvolta, sono sempre molto sgargianti. L'aspetto, nel complesso, è trasandato. Regge sempre delle buste che sembrano contenere della spesa.Camminano sempre accanto. Il passo misurato di lei sembra essere simbiotico all'andamento strascicato di lui. Non mi è mai capitato di vederli sfalsati. Mai uno dietro l'altro. Sarà il frutto di un'allenamento di molti anni.Di solito li costeggio mentre camminano lungo il marciapiede di una strada stretta. Sfilo piano accanto a loro, per non turbarli con la sensazione di un incedere troppo veloce in uno spazio troppo stretto, ma soprattutto per guardarli con attenzione, per cogliere qualche particolare che possa spezzare quel senso di fatalismo in questo nostro incontrarci.Lei non mi ha mai guardato, quantomeno, non ha mai voluto concedermi un gesto che potesse farmi avere certezza di un suo interesse.Lui ha cominciato a salutarmi con un cenno del capo dopo un paio d'incontri. Di più non poteva fare d'altronde, visto il perenne fardello che sembra destinato a condurre.Qualche volta Amerigo è in macchina con me. Non so se li abbia mai notati.Amerigo c'era anche qualche settimana fa. Discutevamo un po' animatamente, per un suo capriccio che non riusciva a ridimensionare nonostante avesse compreso una certa difficoltà ad accontentarlo. Capitò quindi di passare accanto a quella strana coppia senza ricambiare il saluto di lui. Appena realizzato d'averli superare li cercai nello specchietto. Ebbi la sensazione netta di aver colto un velo di delusione nello sguardo di lui e come una accenno di durezza in quello di lei.Quella sera sarei partito per un viaggio di lavoro e sarei stato assente per diverso tempo. Proseguii verso la mia meta con uno strano senso di disagio.Al mio ritorno, ripresa la routine verso la città, li incontrai puntualmente. Tutto era come sempre. Nulla era cambiato ma lui... lui non mi porse il consueto cenno del capo per salutarmi.Accadde la stessa cosa il giorno dopo.Ero stranito, mi spiaceva averlo ferito. Mi erano due sconosciuti, ma stranamente erano nei miei affetti. Soprattutto lui. Pur senza conoscer nulla della sua storia, avevo pensato che quel ragazzone fosse un altro Amerigo e questo me lo rendeva naturalmente e geneticamente simpatico e vicinoPoi ieri...Li incontrai mentre scrosciava un temporale. Stranamente non erano premuniti. Non avevano ombrelli o altro che potesse ripararli.Lei camminava imperterrita sotto l'acqua, solo più attenta a dove posare i piedi. Lui era più agitato. Frignava un po'.Mi chiedevo come fosse possibile, che quella donna così pragmatica avesse potuto uscir di casa senza prevedere quello scroscio che pure era annunciato fin dalla notte prima, da cupi nuvoloni e fragorosi tuoni.Senza pensarci più del necessario fermai al loro fianco e abbassato il finestrino mi offrii di accompagnarli.Ci fu un attimo d'empasse. La donna sembrava non aver compreso. Per un attimo la sicurezza dei suoi modi aveva mostrato un'incrinatura. La incalzai di nuovo. Dietro, alcuni automobilisti impaziente strombazzavano feroci. Fu lui a rompere l'indugio e aperto lo sportello posteriore si infilò dentro con un sorriso finalmente rassicurato.Sorpresa e forse un po' stizzita da ques'iniziativa s'arrese e salì. Prima ancora che potessi dire qualcosa mi diede delle indicazioni sulla strada da fare.Non era distante. Mi incamminai lento pensando a qualcosa da dire per rompere il ghiaccio. In un qualche modo, quella donna era riuscita a creare un'atmosfera tale per cui sentivo quasi di dovermi scusare d'aver avuto quel moto di solidarietà e gentilezza. Ma ancora una volta, fu lei a rubare il tempo e parlare prima di me.Mi disse il suo nome... Lena... Pensai a mia madre, Maddalena... chissà se era il diminutivo dello stesso nome. Prese coraggio e parola anche lui da dietro, annunciando il suo nome... Francesco...Poi arrivammo alla loro casa. Lei disse che ero stato gentilissimo ad aver così premura per loro, con un tono che mi fece comprendere che la gentilezza dovesse esser qualcosa a cui non erano più abituati. Riuscii finalmente a incontrare il suo sguardo. Il suo viso. Capii che doveva esser stata una donna bellissima in gioventù. I suoi occhi erano velati di stanchezza e solitudine. Ci salutammo.Chissà come sarà reincontrarli la prossima volta...