Finisterra

«Chi ci insegnerà la felicità?»


Mi piace molto la parola felicità. Per molto tempo ho pensato che era o troppo facile o troppo difficile parlare della felicità, e poi ho superato questo pudore, o meglio ho approfondito questo pudore di fronte alla parola felicità. La prendo in tutta la varietà dei suoi significati, compreso quello delle beatitudini. La formula della felicità è: «Beato chi…». Saluto la felicità come una «ri-conoscenza» nei tre sensi della parola. La riconosco come mia, l’approvo negli altri e ho della gratitudine per ciò che ho conosciuto della felicità, e delle piccole felicità, tra le quali, le piccole felicità della memoria, per guarirmi delle grandi infelicità dell’oblio. « Chi ci farà vedere il bene?». E’ una domanda retorica, ma che ha la sua risposta nelle beatitudini, e le beatitudini sono l’orizzonte di felicità di una vita posta sotto il segno della benevolenza, poiché la felicità non è semplicemente ciò che non ho, ciò che spero di avere, ma anche ciò che ho gustato.