dagherrotipi

... và l'aspro odor dei tini ... l'anime a rallegrar ...


Ogni volta che leggo Carducci, non posso fare a meno di ricordare momenti della mia infanzia giocosa, pur anco complicata .. era Autunno...Nonno era morto all'inizio dell'anno, soffriva da tempo di problemi cardiaci, se n'era andato all'alba di un freddo mattino di fine gennaio. Io, essendo da sempre la preferita di nonna, mi ero trasferita da lei, per non farla sentire sola. Nel giro di poche settimane la camera del nonno divenne la mia, e con lei vivevo la vita di privilegi che avevo sempre desiderato. (Mi rendo conto, oggi, guardando le fotografie della famiglia, delle scampagnate domenicali, che io non ci sono mai. Loro andavano a fare camminate in montagna, a sciare, in fiume. Io, con nonna, dai parenti, al cimitero...., ma consideravo quel vivere come figlia unica, uno status meraviglioso)Venne l'autunno ed il temo giusto per imbottigliare, compito che sempre era stato di nonno: si fermava in cantina tutto il giorno, e la sera, diceva nonna, tornava in casa dopo aver fatto cinque rampe di scale che praticamente si trascinava... Andava a letto e fino al giorno dopo non si alzava più!Così, quell'autunno, con Orlando, fummo precettati per imbottigliare le damigiane di vino che erano arrivate e aspettavano al fresco e al buio la luna buona.I nonni da sempre, che io abbia memoria, compravano al consorzio il vino: rosso, lambrusco, per tutti i giorni, e bianco, malvasia, per le occasioni speciali. Erano vini delle nostre terre, probabilmente nemmeno eccelsi, ma a noi piacevano ed era sempre una festa quando sentivi il rumore sordo del tappo che usciva dal collo della bottiglia.A volte si precepiva che sarebbe scappato: presto, portate i bicchieri, che non vada sprecato giù dal lavandino!! In quei casi venivano tessute le lodi della casa vinicola, confrontate le annate precedenti, e solo dopo un attenta analisi anche del sapore, si poteva decretare: questo è uno spumantino!! (non importava se rosso o bianco...sempre glorificato era).Guardando fuori dalla finestra del bagno di nonna, un appartamento alla periferia, davanti tutta campagna, quel giorno si vedeva che sarebbe arrivata la nebbia.. e così recitando Carducci scesi le scale per andare in cantina ... immaginando che quello fosse il borgo e che prima o poi avremmo visto gli uccelli neri ... e che di li a poco avremmo sentito il profumo dei vini.Nonna aveva impilato sugli scaffali le bottiglie pulite, ci aveva spiegato come fare, e così ci mettremmo al lavoro. Il vino veniva immesso in una bacinella rettangolare e per la proprietà della fisica, attraverso cannucce di metallo passava nelle bottiglie. Se non chè, per fare questo passaggio, e pure il precedente, bisognava per così dire invinare la canna e le cannucce, e l'unico modo per farlo era aspirare il liquido..Credo sia stata una delle esperienze più esilaranti fatta con mio fratello: alla fine della giornata i nostri abiti erano imbibiti di vino, sul pavimento della cantina macchie a due colori denunciavano la mani maldestre, ma quel che è peggio, o meglio, noi due eravamo talmente brilli da convenire che sarebbe stato meglio salutare la nonna da lontano, e tornare a casa camminando..Lei la mattina dopo, prima di recarsi al lavoro, era assistente da un noto psichiatra della zona, si fermò in cantina per verificare il lavoro. Mi disse che non era molto soddisfatta perché evidentemente la quantità di vino nelle damigiane era inferiore a quella dichiarata: mancavano all'appello parecchie bottiglie.. Comunque, ci pagò come pattuito per l'impegno profuso, ma non ci chiamò più all'imbottigliamento: di li a pochi anni saremmo stati noi addetti alla valutazione della qualità dei vini.