dagherrotipi

gli uccellini e lo zabaione


Vivevamo in un appartamento in pieno centro, con tante stanze, una di queste adibita a sala prove per le clienti della mamma, che compravano cappelli dalle foggie più ricercate, mentre lei, col pancione perenne, si distribuiva tra un numero sempre più elevato di figli moccolanti e dispettosi, un marito praticamente sempre in viaggio, ed una madre efficiente ma invadente...appena un pò.Quando tornavamo dall'asilo, tutti dalle suore, la nostra destinazione era l'attico. Quello era il nostro regno. E non è che avere l'attico allora fosse una cosa da ricchi. Ancora non c'erano queste mode d'arredarlo come una sala da ricevimento. Era come un cortile in cielo e noi bambini lo vivevavmo così. Solo che ci stavamo solo noi. Gli altri bambini manco li vedevamo. Ma, dato il numero e le liti, ci bastavamo, hai voglia.Ricordo che si vedevano tutti i tetti della città. Davanti avevano la cupola della Steccata, dietro il Duomo e San Giovanni, e ai lati campanili e campanili, che la mia città è fatta ancora così tante chiese e tante banche.Nell'attico c'era uno stanzino, bisognava salire tre gradini per entrarci, e li dentro tenevamo i nostri giochi, i tricicli, e le biciclettine, insomma eravamo attrezzati per passarci giornate senza interferire nell'attività della mamma.Poi ad una certa ora, verso l'imbrinure d'estate, ci raggiungeva, ci metteva seduti a gambe incrociate e lei, seduta sui gradini del casotto,  cominciava a sfamarci. Dentro ad una enorme ciotola c'era una crema gialla, zuccherata, buonissima, e ad uno ad uno, lei c'imboccava .... credo che fosse il suo modo di far fronte a certe emergenze che l'hanno accompagnata per buona parte della vitaM'è rimasto quel sapore, m'è rimasto quel cielo che a tratti s'arrossava, m'è rimasto quel venticello nei miei capelli mossi. m'è rimasto. E sò che sono ricca per questo.(m'è venuto in mente leggendo un post di pelino55, tutt'altro argomento, però)