dagherrotipi

tema: della messa e di come potrebbe venir detta


faccio parte di quella folta schiera di ragazzi ed ex-ragazzi che sono andati negli scout.anni e anni di partecipazione e di messe. non so dire quante, so che sono molte. ai campi estivi ed invernali, ai miei tempi, una al giorno. forse oggi le cose son cambiate.ma allora era un momento di partecipazione. ci mettevamo in cerchio attorno all'altrare costruito da noi, faceva parte delle prove per il brevetto di costruttore, sceglievamo i canti, le parole da dire, le letture, e partecipavamo.era il modo, giusto, per introdurci, prendendosi per mano, ad una liturgia difficile da capire. a volte vissuta come noiosa. ma pur sempre un momento importante nella giornata di un buon cristiano.quello che ci colpiva era l'idea di farne parte. parte attiva e cosciente. ascoltavamo le parole, ci insegnavano a seguire passo per passo ogni movimento dell'officiante, perchè aveva un suo significato. e dovevamo capirlo. non era solo una messa in scena. uno spettacolo.se c'è qualcosa che mi ha allontanato dalla chiesa non è stata di certo la celebrazione della messa. oggi leggo che si dà la possibilità di un ritorno alla messa in latino. e passi per i nostalgici che ci sono sempre stati e sempre ci saranno. ma chi la capisce?? e poi c'è questa idea dell'officiante con le spalle rivolte ai fedeli. non l'approvo. per niente.mi sa di distacco, di qualcosa che non deve esserci. di una trovata che nei secoli è servita a frapporre tra i fedeli e la chiesa una barriera. tutto il contrario di quel che diceva cristo. che tra i fedeli ci stava in mezzo, al centro.lo so, per alcuni non cambia nulla, per altri men che meno. ma per quelli che ogni giorno faticosamente cercano dio in ogni atto, in ogni segno, questo è un segno al contrario.e m'è venuta in mente l'iconografia di quella che per me è la rappresentazione della messa: l'ultima cena.bene, anche a cercarla non ne ho trovata una dove cristo dia le spalle ai suoi discepoli.
(gruamonte, ultima cena)
(giotto, ultima cena)
(ghirlandaio, ultima cena)
(tiziano, ultima cena)
(leonardo, ultima cena)p.s.: sul latino vorrei dire una cosa. per secoli è stato il linguaggio della chiesa nei suoi atti pubblici, così come lo è stato del potere temporale (vedi atti notarili). le donazioni, i testamenti, i contratti, perfino i processi civili e criminali venivano redatti in un latino, via via sempre più maccheronico, ma che evidenziava uno scollamento tra chi il potere lo esercitava e chi lo subiva.e se il bisogno di una lingua unica e ufficiale era necessario in un epoca in cui la lingua italiana era agli albori, diventava e diventa anacronistico quando la lingua parlata è un altra. che oggi lo si riproponga, come eventuale scelta, come opzione, io lo trovo discutibile. lecito, perchè ognuno può parlare o scrivere come vuole, ma discutibile. e lo vivo come una chiusura. nel momento in cui uno sceglie di eprimersi in una lingua che solo pochi conoscono. e meno ancora capiscono, va da se che o vuole farsi capire da pochi, o non gli interessano i più.a meno che il messaggio non sia: non ho bisogno di voi...