dagherrotipi

IC NAPOLI-MILANO


- Ho conosciuto il mio uomo a diciassette anni, eravamo bambini, frequentavamo la stessa scuola e ci siamo innamorati, così, giorno dopo giorno. Ci siamo sposati prestissimo e abbiamo avuto un figlio, non mi mancava nulla, mio marito guadagnava molto bene ed eravamo felici … - E’ seduta vicino a me, nello scompartimento di quelli con le porte scorrevoli che si chiudono su un mondo variegato. A volte li rimpiango, creavano un microcosmo affascinante, come questa volta. Doveva essere una bella donna, carnagione chiarissima, occhi azzurri e capelli biondo/castano piuttosto radi. Il viso e le mani sono gonfi, come pure il corpo coperto da un maglione sformato e una striminzita giacca bianca. Parla e l’ascoltiamo rapiti, non sono sola in questo scompartimento. La sua voce è rotta a tratti dall’emozione- Poi è successa la disgrazia..- - che disgrazia? – chiedo io - è morto nostro figlio, in un incidente, a 16 anni, e tutto è cambiato. Lui non voleva più uscire di casa, non voleva più lavorare, si lasciava andare ogni giorno di più. Io gli stavo vicino perché avevo paura si facesse del male, ma dentro di me desideravo uscire da quella casa, dove tutto mi ricordava mio figlio. Abbiamo passato mesi in quella situazione e io mi sono accorta che stavo morendo, che stavo diventando come lui. Allora gli ho detto, vieni via con me, andiamo via da qui, io comunque vado via. Non ne ha voluto sapere ed è rimasto li. - L’aria s'è fatta pesante, i suoi occhi sono liquidi, ma non scende una lacrima, niente. Le mani tradiscono la tensione in un continuo fregarsi e muoversi. Io non riesco a togliere lo sguardo da lei e un peso mi immobilizza dentro - e poi che hai fatto ?- - poi ho cominciato a viaggiare per l’Italia e l’Europa, a lavorare come cameriera e  aiuto cuoca, faccio le stagioni in un posto e nell’altro. Oggi ho un fidanzato, ma viviamo troppo lontani e non abbiamo i soldi per mettere su casa, e non ha senso così, bisognerebbe stare vicini, no?...- Mi interroga e le faccio segno di si, mi commuovo, non posso farci niente, sono di lacrima facile. L’altro, il ragazzo che viene da Napoli e va a Milano per lavorare, le parla gentile, le sorride e lei e qui forse anche per questo. - Io amo la mia città, signo’, e mi dispiace che la gente pensi che noi napoletani non amiamo Napoli. Per noi è tutto e non c’è altro posto più bello! Ma siamo lasciati soli e non possiamo fare niente. Ma noi amiamo la nostra città! – gli sorrido – ci credo, assolutamente, lo sappiamo che cosa sta succedendo, certo ha proporzioni bibliche, restiamo un po’ spiazzati a guardare le foto … però ascoltando Saviano ..- - signo’ … io facevo a Napoli il lavoro più bello del mondo, il cassintegrato, ma io voglio lavorare e sono partito, sono tre mesi che lavoro come cameriere a Milano, non ho smesso un giorno, ma io voglio tornare a Napoli. –Loro ci ascoltano e a tratti sorridono, lei, una grande donna nord africana, è quella che parla meglio italiano, racconta che lavora in un asilo nido da molti anni, che i bambini le piacciono molto e si trova bene col suo lavoro, suo marito lavora in una fabbrica della zona. Sono andati a Napoli a comprare due borsoni di vestiti, li spediranno al loro paese e i parenti li rivenderanno al mercato. Sembrano immensi in quello scompartimento, loro e le loro storie di viaggi, di fughe di dolore, di adattamento, di inizi ripetuti all'infinito, che la vita sembra sempre non aver mai un vero inizio, che il dolore sembra non aver mai fine.Scendiamo alla nostra stazione con i piedi pesanti. Il cuore gonfio. E tanta vita addosso.MMG