macedonio il 19/07/06 alle 15:44 via WEB
Artro che Codice da Vinci!
TROVATO IL CODICE DA PONCI
GESU' ERA DI LIVORNO!
Tutte l'avventure di Nostrosignore come
nessun Vangelo ve l'ha mai raccontate!
De’ ponci ne parlava digià Sanpaolo nella su’ lettera a’ Pisani, che loro per da’ retta a un vangelo pòo bono si scaccolavano sortanto i piedi, e Sanpaolo ni scrisse di volata con posta prioritaria:
«Popò di ghiòzzi, ma ve lo volete mette’ ner ceppïóne* che se date retta a un vangelo che ‘un vi dice di lavavvi bene anche sotto ‘ bracci, è roba da ponci?»
Che lipperlì que’ ponci ‘un si ‘apiva bene cosa volevan di’, ma ora che a Livorno ner buttà giù un’antìa fiaschetteria è venuto fori propio ‘r “Codice da Ponci”, è doventato tutto chiaro!
Ner mentre difatti ner “Codice da Vinci” c’è Danbràu che ‘nventa come quarmente Gesù trombava con Mariamaddalena mapperò in codice, e ‘r Santo Gralle ‘un era una coppa cor sangue di Cristo ma ‘r codice della gnàcchera* propio di lei che lui ci beveva a garganella, e sempre a sentì Danbràu nell’Urtima Cena di Leonardo ci sarebbe anche ‘r codice di Mariamaddalena travestita da apostolo Giovanni che difatti a vedello pare un trànse, ner “Codice da Ponci“ ‘nvece ‘r santo Gralle è un bicchiere propio da ponci, quer caratterìstio bicchiere cor culo di vetro bello doppio che si pole agguantà senza scottassi ‘ diti, come difatti ce n’è più d’uno sur tavolino dell’Urtima Cena e se Leonardo cel’ha messi vor di’ che è un codice anche quello, un segnale preciso che ‘r primo a capillo fu quer Beppe di Livorno detto Beppe ‘r ponciaolo che è perappunto suo quer vangelo apocrifo der Novo testamento trovato a Livorno e subito battezzato Codice da Ponci, o anche Libro di Beppe!
E lì ‘r segnale è chiaro: Gesù conosceva i ponci, e li ‘onosceva perché era livornese!
Oddío, propio livornese nato e caàto no, ma ‘nzomma Beppe dice che a Livorno Gesù c’era venuto da piccino dopo la fuga ‘n Egitto, che di lì ‘nvece di ritornà a Nazzaret sur ciuo s’era ‘mbarcato con su’ ma’ e su’ pa’ sur un gommone di marrocchini per l’Italia, e erano sbarcati propio nella città de’ Vattro Mori!
E lì Gesù c’era cresciuto e cià prediato, e cià preso quer modo d’esse’ livornese che ‘r Codice da Ponci ce lo fa capì bello chiaro!
Te piglia presempio quando Giovanni lo tuffa ‘n mare all’Antignano per battezzallo, e Gesù stronfia “Boia, com’è diaccia!... Giovanni, te i battesimi li devi fa’ a Sciarmescèik, mia vì!”
O sennò quando si mette a digiunà per quaranta giorni, che ‘r diavolo a ‘n certo punto lo porta davanti ar tortaio* per tentallo e lui coll’acquolina ‘n bocca ni dice io vo ‘nculo a te e ar tegame di tu’ ma’, ma un cinqueccinque* me lo devo fa’! E quando poi ‘r diavolo lo porta sur campanile der domo e ni dice se sei figlio di Dio buttati disotto, Gesù risponde te sei briào, io sarò anche figliolo di Dio ma ‘un ciò mia l’ali!
E poi l’incontro con Pietro e ‘r su’ fratello Andrea che pescano all’Ardenza:
“Ragazzi, com’è?” “Dé, acqua fino a’ ‘oglioni e pesci punti!” “Allora venite ‘on me, si va ar mercato ittico!”
E le parabole…
- E io vi dico: chi ti darà un ciaffone, te porgini anche l’artra gota. E se lui ritónfa*, te smusalo benebene.
- Chiedete, e vi sarà dato. Bussate, e vi sarà aperto. E se ‘un v’aprano, aspettate a dinni ‘r budello di tu’ ma’, ci potrebbe esse’ anche ‘r beccaccio di su’ pa’.
- Voi entrate dall’uscio stretto, da quello largo ci passo io.
- Per entrà ner regno de’ cèli potete di’ che mi ‘onoscete, ma quarche vorta cercate anche di pagà!
E i miràoli…
Ni s’avvicinò uno fissato su’ ‘avalli: “Signore, fammi vince’ alle ‘orse!”. “Vai all’ippodromo e scommetti”. E quello andò ma ‘un vinse nulla. E Gesù ni disse: “Lo vedi, a fidatti troppo?”
E ni portarono un mutolo, che ‘un diceva pè*. Il Signore ni dette una pedata nelli stinchi, e il mutolo disse ohi!
E chiamati a sé i dodici discepoli suoi, disse loro “andate e infermi curate, lebbrosi mondate, demoni scacciate. E già che ci siete, gioàtemi anche la schedina perché io ‘un ciò tempo”.
E ner mentre erano in barca, al far dell’alba Gesù venne a loro camminando sul mare. E Pietro chiese: “Ci voglio caminà anch’io!”. “Vieni, vieni!” ni disse Gesù. E Pietro andò, e mancapòo affogò. “Omo di pòa fede,” ni disse Gesù “dovevi caminà sulli scogli come me!”
E vennero a lui genti molte, aventi seco sordomuti, ciechi, sciancati, monchi, e li misero ai piedi di Gesù. E lui li guarì. E poi disse: “Quest’artra vorta però pagate ‘r tìchette, vabbene?”
E s’accostò a lui un uomo: “Signore, pietà del mio figliolo, ch’è lunatico e soffre: perché più volte cadde nel fuoco, e più volte nell’acqua”. “Dé, ma allora è scemo!” disse Gesù.
Allora gli furono portati dei fanciulli, che gli tiravano la tunica e non gli portavano rispetto, e i discepoli li sgridavano. Ma Gesù disse: “Lasciate che i fanciulli vengano a me… se n’acchiappo uno, lo rincarco da’ nocchini!”.
Ed ecco due ciechi sedenti lungo la via: “Pietà di noi, Signore!”. “Che volete vi faccia?”. “Si vole vedé!” E lui disse loro: “Andate dall’ottico a nome mio”.
E il terzo giorno Gesù si portò a Fauglia co’ discepoli suoi e disse loro venite vi pago da bé’. E portatili ar barre: “Dodici ponci!” ordinò sereno, e quando li ebbe ne portò uno alla bocca e disse: “Sapete ‘na sega voi di fa’ ’ ponci!”. “Gaò, ‘un ènno boni?” chiese ‘r barrista, e Gesù disse: “Questavì è acqua scussa, ora ci penzo io”. E imposte le mani sul bicchiere, l’acqua si trasformò in rumme e cògnacche, poi Gesù ci mise anche ‘r caffè, dette ‘na bella scardata a tutto, e disse: “Ora sì che è un ponce!” E rivolto ai discepoli suoi: “Andate e spargete il Verbo, i ponci si fanno così!”
Arrivato poi a trentatré anni, Gesù ritorna a Gerusalemme per la Pasqua, e anche lì ‘un perde dicerto la su’ livornesità. A Gerusalemme difatti c’è Caifa che lo vole catturà, mapperò no di festa perché c’era la partita, e sicché pagano trenta monete d’argento a Giuda perché ci penzi lui.
E apparecchiata la Pasqua e fatta sera, Gesù era co’ dodici a mangiare e tuttantratto disse: “In verità vi dico, uno di voi mi tradirà”. E Giuda disse: “Perché mi guardi propio me, Maestro?”. “Prima-ditutto io son Professore” disse Gesù “eppoi guardo te perché qui dentro sei l’ùnio pisano!”.
E venuti poi nel podere di Getsemani, e giunta la soldataglia per catturare Gesù, Giuda ni s’avvicinò per additallo: “Ave, Maestro!”. E lo baciò. “Boia, come ti puzza ‘r fiato!” disse Gesù, e ni venne l’ónco*.
Or quelli, preso Gesù, lo menarono a Caifa il caposacerdote. “Sei tu il Cristo, il figlio di Dio?” chiese a lui Caifa per intrappolallo. “Sei te che lo dici” rispose Gesù coll’aria furbina. “Io m’avvargo della faortà di non rispondere”.
E legatolo, lo menarono a Ponzio Pilato il governatore. “Chi volete che lasci andà libero, Barabba o Gesù?” chiese lui alla gente. E loro gridarono: “Barabba!”. “Ir budello di vostra madre” li apostrofò Gesù, e disse loro poi ci si rivede, pezzi di merda!
E flagellatolo, lo menarono a crocifiggere. E venuti in luogo detto Golgota, gli diedero da bere aceto con fiele misto. E assaggiatolo, Gesù disse: “Questo lo dovete bé’ voi, stronzoli!”
Or, crocifissolo, si partirono i vestiti di lui. Che vistili contendersi la sua veste fra loro, disse: “Fate ammodino con quella tunica, ciò sempre da finilla di pagà!”
Or dalla sesta ora si fece buio sopra tutta la terra. “Eli, Eli, lamma sabactani?” esclamò Gesù verso la nona ora con la voce grande, che nella lingua di laggiù voleva di’ “Dio mio, Dio mio, perché mi lasciasti?” ma subito dopo Gesù si spiegò anche in livornese: “O babbo, guardavì ‘n che stato! M’avevi detto di venì giù a da’ un ‘occhiata, ma se mi mandavi a Abugràibbe pativo meno!”
E stavano ai lati due ladroni crocifissi anch’essi, e Gesù disse a uno: “Fra poco sarai con me nel regno dei cieli”. “È bello?” chiese il ladrone. “Dé, un paradiso!” rispose Gesù.
* * *
A questo punto però ‘r Codice da Ponci cià le pagine tutte mangiate da’ topi, ma tanto si sa com’andò a finì: Gesù risorse, ma poi ‘r mondo è così cambiato che oggigiorno i ponci boni ‘un si bevano più da nessuna parte, perché l’inzegnamento di Nostro Signore se lo sono scordato anche i barristi.
Vocabolarietto
Ceppïóne: testa. Gnàcchera: vulva, topa. Tortaio: venditore di tórta, tipica farinata di ceci cotta con acqua in teglia di rame nel forno. Cinque e cinque (cinqueccinque): un mezzo sfilatino di panfrancese (o una focaccina, ahimè, come usa ora) ripieno di tórta. Ritonfà’: picchiare di nuovo. Pè: ‘un di’ pè, ‘un fa’ pè: non pronunciare parola, non fare niente. Ónco: voltastomaco, conato di vomito, nausea.
(Rispondi)
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