Luigi Bracco

L'altro e l'io.


Dobbiamo fare una grande distinzione tra ciò che arriva a noi senza di noi e tra ciò che parte da noi: ciò che arriva a noi senza di noi, comunque sia, bello o brutto, simpatico o antipatico, delittuoso o santo, guerre o spettacoli magnifici, tutto è opera di Dio. Essendo opera di Dio è “Parola di Dio per me”, perché Dio parla personalmente con ognuno di noi. Tutto è spettacolo che Dio ci presenta, quindi è linguaggio. Il linguaggio però va capito. Ora, noi però possiamo fare l’errore di considerare questa scena a sé, staccata; oppure possiamo fare l’errore di interpretare questa scena secondo il nostro pensiero, secondo la nostra intenzione; ed è altrettanto sbagliato. Se invece riportiamo questa scena e la intendiamo nel Pensiero di Dio, allora è giusto; perché questa scena, essendo creatura di Dio, creazione di Dio, va intesa secondo l’Autore. Ogni cosa va intesa secondo lo spirito di colui che la fa. Noi non possiamo ascoltare le sue parole ed intenderle come vogliamo noi; No! Dobbiamo cercare il suo Pensiero. Perché ogni parola può essere rivestita di un pensiero diverso. Quindi noi dobbiamo cercare il Pensiero di Colui che la dice. Se tutto è creazione di Dio, ogni cosa è intesa rettamente solo se è intesa nel Pensiero di Dio che fa quella cosa. Ecco, tutte le cose che arrivano a noi senza di noi vanno accolte da Dio. Quello che invece parte da noi, come anche il giudizio, è causa di dispersione. Noi dobbiamo stare attenti; ogni parola deve partire da Dio, dal Dio in noi, e non deve partire autonomamente, cioè per sentimento nostro, per impressione nostra o per esperienze nostre precedenti, perché quello che parte da noi, e non da Dio, ci porta via Dio, ci separa da Dio, ci crea una frattura. Ed è una frattura che noi non possiamo più recuperare. Infatti se Cristo non viene a morire in noi, noi da soli non possiamo più recuperare il Principio; perché quello che parte da noi ci domina, ci rende appassionati e ci fa vivere per quello. Cioè, noi non possiamo più superarci; perché per superare il pensiero di noi stessi abbiamo bisogno di un Altro, ma per avere presente l’Altro dobbiamo avere superato noi stessi, il cerchio è chiuso e non ne usciamo più. Noi per poterci liberare dai nostri prodotti, dobbiamo superare il pensiero del nostro io, ma noi da soli non possiamo superare il pensiero del nostro io; per superare il pensiero del nostro io abbiamo bisogno di un Altro. Ma per arrivare alla presenza di un Altro dobbiamo superare il pensiero del nostro io; altrimenti l’Altro non lo vediamo, e il cerchio è chiuso. Cioè, per superare il pensiero del mio io, ho bisogno dell’Altro; soltanto in quanto un Altro si presenta a me, e si fa oggetto d’amore, io ho la possibilità di superare il pensiero di me stesso. Quindi per poter vedere l’Altro io devo superare il pensiero di me stesso; altrimenti non lo vedo l’Altro; cioè, anche se io vedo degli uomini, delle creature, dei corpi, li rivesto del pensiero del mio io. Una volta creatasi la frattura tra me e Dio ad un certo momento tutta la creazione è rivestita del pensiero del mio io; cioè ad un certo momento sono talmente imprigionato che tutto diventa specchio di me stesso, del mio io, prodotto del mio io e nient’altro; perché sono segni e i segni sono rivestibili di un’intenzione. Quando tutta la creazione è rivestita di una mia intenzione da li non ne esco più. Allora “...chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Rm 7,24), cioè, “..da questo cerchio chiuso”? Soltanto la presenza di Dio; ma la presenza di Dio che entri in questo cerchio chiuso e quindi che assume un corpo; ecco, soltanto il Verbo incarnato mi può liberare, mi può spezzare il cerchio.Commento di Luigi Bracco al Vangelo di San Giovanni. 26.3.1983