Luigi Bracco

Il valore delle cose.


È il passaggio a Dio che è difficile! Ad esempio l’abitudine al fumare, ad un certo momento tu scopri che la sigaretta è dannosa per cui vorresti smettere; eppure non basta questo! Come mai non basta? Per cui uno ha raggiunto una certa carriera, un certo posto, poi ad un certo momento quello diventa inutile, assurdo perché non ha più bisogno di quello avendo raggiunto un certo benessere, un capitale, eppure, forse per il nome, la gloria, ci possono essere tanti motivi che giocano, che pesano sul nostro io, per cui noi non possiamo liberarci dalle cose inutili della nostra vita che constatiamo tali. Non basta constatare l’inutilità, la vanità di una cosa per potercene liberare: noi ne constatiamo la vanità, ma non possiamo liberarcene; per liberarcene bisogna orientare la nostra vita a qualche cosa di superiore, cioè soltanto avendo un bene migliore, possiamo lasciare un bene inferiore, altrimenti non possiamo lasciarlo anche se vediamo la vanità di questo. Quante abitudini noi abbiamo assunto e che non possiamo lasciare, perché non c’è qualcosa d’altro che ci prende! Quando Gesù parla degli operai della vigna, quelli ai quali il padrone rivolge l’invito alle cinque della sera, e dice: “Come mai ve ne state qui tutto il giorno a fare niente?”. Anche nella nostra vita ad un certo punto noi scopriamo che tutto il nostro agitarci, tutto il nostro parlare, tutto il nostro muovere, tutto il nostro far rumore, è un “fare niente”, sostanzialmente, perché si formano in noi degli “altri” bisogni che poi scopriamo, ed è opera di Dio, che sono un “fare niente”. Magari noi credevamo di sacrificarci tanto per il bene degli altri e poi, in conclusione, ci accorgiamo, ed è Dio che ce ne fa accorgere, che abbiamo fatto niente, perché, magari, gli altri non sanno cosa farsene di tutto quello che noi abbiamo fatto per loro! E così in tutti i valori: è il Signore che ci fa toccare con mano il loro decadimento! Però, abbiamo detto, che non basta questo, perché quando il padrone si rivolge a quegli operai dicendo: “Perché state qui tutto il giorno senza fare niente?”, loro rispondono: “Perché nessuno ci ha presi a giornata!”, se noi non siamo presi da qualche cosa di superiore, noi giriamo a vuoto in tutte le nostre faccende inutili, vane anche constatandone la vanità; questo perché bisogna essere presi; se uno non è preso da qualche cosa che vale di più non lascia il meno, non può lasciare il meno. Noi non possiamo stare “senza”: noi siamo fatti per essere con “qualcosa” o con “qualcuno”, anche se questo “qualcosa” o questo “qualcuno” diventa “niente” o diventa “nessuno”, noi non possiamo lasciarlo, se non siamo presi da qualcosa di superiore. Giovanni: In sostanza l’uomo riconosce la sua nullità, però resta schiavo. Luigi: Resta schiavo, e la tristezza dell’uomo è data proprio da quello! Perché fintanto che l’uomo riconosce la validità di ciò che egli fa, anche se è un illuso, ma lo riconosce valido, trova gioia perché riconosce valida la cosa. Anche se gli altri dicono che è uno stupido, e che è niente quello che lui fa ma agli occhi suoi, quella cosa che egli fa è importante e, in quanto vale, trova gioia di vita, c’è ancora del vino: qui non abbiamo la tristezza della vita; la tristezza della vita è quando uno scopre l’inutilità! Allora la vita diventa pesantissima perché uno si accorge che gira a vuoto; però non basta constatare questo, ecco quello che dico! Non basta constatare che il vino viene meno, si resta senza, ma uno non sa come uscirne, bisogna che ci sia un intervento superiore, cioè bisogna che uno sia preso da qualche cosa che valga di più, che lo scopra, che orienti la sua vita lì, allora riuscirà a lasciare: ecco il passaggio. Giovanni: Il vino in senso spirituale è la Parola di Dio? Luigi: No, la Parola di Dio è quella che verrà poi dopo, all’ultimo. Ma ho detto che vino è ciò che dà gioia, è quello che vale, è quello che dà significato alla nostra vita, quello che vale per noi. Questo è il vino: quello che rallegra la nostra vita, un valore. Ad un certo momento diventa parola di Dio, perché vediamo che il vino buono arriva all’ultimo, ma questo vino qui che si esaurisce, rappresentano i valori della nostra vita, è ciò che per noi è importante.In verità ciò che per noi è importante dovrebbe essere Dio, la parola di Dio, però non è vero, perché l’importanza di una cosa è la conseguenza, è la sintesi di due fattori: un fattore oggettivo ed un fattore soggettivo. Per cui una cosa può essere importantissima in sé ma io vederla niente. Perché Gesù qui dice: “Non è ancora giunta la mia ora”? Ma perché era inutile che Lui parlasse a della gente che si ubriacava, non era la sua ora; perché quella gente lì avrebbe ritenuto la sua parola niente anche se è importantissima. Abbiamo visto molte volte che ciò che dà importanza al pane è la fame; noi possiamo trovare il pane quando non abbiamo fame, il pane è importantissimo, però se noi non a....Commento di Luigi Bracco sulla mancanza di vino alle nozze di Cana.