Luigi Bracco

Interrogare per capire.


Prima di tutto dobbiamo chiederci perché l'uomo interroga. Se interroga è perché è spinto ad interrogare ma, cosa è che spinge l'uomo a porre interrogazioni? Perché l'uomo chiede perché? L'uomo interroga per capire ma, intanto se interroga è perché sente il bisogno di capire. E che cosa vuole capire? Capire vuole dire giustificare. Giustificare una cosa nell'altra, quindi vuole dire stabilire dei rapporti. L'uomo sente il bisogno di stabilire dei rapporti. Di fronte a due cose, l'uomo non è soddisfatto. Ha bisogno di stabilire un rapporto tra una cosa e l'altra. Quando noi diciamo che l'uomo sente il bisogno di stabilire un rapporto, è perché sente il bisogno di unificare, di dire che cosa è una cosa rispetto all'altra. Tiene fermo un termine e vuole misurare l'altra cosa su quel termine lì. Basta dire questo per capire che l'uomo è sospinto dal bisogno di unificazione. Quello che attrae l'uomo, quello che gli fa sentire il bisogno di capire, quello che gli fa sentire il bisogno di interrogare è il bisogno di unità. Abbiamo già visto altre volte che questo bisogno di unità è una espressione della sete di Assoluto che l'uomo porta in sé. La sete di Assoluto dell'uomo è una testimonianza: "Voi stessi dite che io sono". La sete di Assoluto è una testimonianza che l'uomo porta in sé l'Assoluto e questo Assoluto è uno. L'uomo non cercherebbe l'Assoluto se non portasse già in sé l'Assoluto. Proprio perché l'uomo porta in sé l'Assoluto e questo Assoluto è uno, l'uomo sente il bisogno di unificare tutto in questo uno. Sente il bisogno di rapportare tutto a questo uno. Ed è proprio per questo bisogno di rapportare tutto a questo uno, che l'uomo ha bisogno di capire. Per cui di fronte alle cose che gli si presentano, l'uomo non si accontenta della realtà delle cose ma, va a cercare la giustificazione, il perché. Qui questi discepoli stanno cercando la causa della cecità di quest'uomo nato cieco. Abbiamo già osservato nelle domeniche precedenti che quando l'uomo cerca la causa fa della scienza. Tutte le scienze sono fondate sul rapporto causa-effetto e implicitamente trascurano il fine. L'uomo fa della scienza (conoscenza delle cause), perché riferisce tutte le cose al pensiero di se stesso. L'uomo nel pensiero del suo io, esperimenta cause ed effetti. Ma nel pensiero del suo io, l'uomo non esperimenta la finalità. La finalità è l'espressione dell'intenzione di un essere che opera e solo se si ha presente l'essere che opera, si va alla ricerca del fine per cui opera. Direi che il fine è più importante dell'opera stessa, perché è il fine che dà significato alle cose e anche alle parole. Infatti se vogliamo intendere il parlare di qualcuno o l'operare di qualcuno, dobbiamo sempre andare alla ricerca dell'intenzione che ha quest'uno, del fine che guida quest'uomo a parlare in questo modo o a operare in quest'altro modo. La ricerca del fine presuppone sempre la presenza di un essere operante. Per questo dico che questi discepoli che, stavano interrogando sul peccato, sulla colpa per cui questo uomo era cieco, davanti ai loro occhi non avevano presente Dio. Ci sono due perché nella vita dell'uomo. C'è il perché attraverso il quale l'uomo cerca la causa di una cosa che non può sopportare di per sé. La cecità è un difetto, è una negatività. Con la cecità, noi abbiamo tutte le negatività che esperimentiamo nel nostro mondo. Anche la morte è una negatività. Ora, le negatività, non sono sopportabili da sole. Noi non le sopportiamo perché abbiamo presente la Positività. La positività, abbiamo visto prima, è data dal Dio che opera tutte le cose. Noi non sopportiamo le cose finite. Noi non sopportiamo la molteplicità. Noi non sopportiamo la privazione...........Commento di Luigi Bracco al Vangelo di San Giovanni. 21.12.1986