Un caffè dolce amaro

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Poichè il Flash mob sul Referendum del 12-13 giugno lanciato in modo misurato e apolitico da una nostra amica della Community ha immediatamente subìto una "estrema" strumentalizzazione partitica trascinando con sè anche chi vorrebbe andare a votare solo per il piacere di esercitare il diritto di esprimere la propria LIBERA opinione senza per questo doversi sentire automaticamente collegato/a ad una determinata corrente politica ed essendo io soggetto assolutamente a-partitico, ritengo giusto sottoporre all'attenzione degli amici internauti un autorevole e libero pensiero circa il suddetto Referendum. Si potrà propendere per il Si oppure per il NO ma è necessario che il voto resti  INDIPENDENTE e dettato unicamente dalla Coscienza e dalla Ragione. Buona lettura!Un doppio e grave errore (Enrico Cisnetto)La tentata strumentalizzazione politica dei referendum. Per effetto dei risultati delle amministrative, sui referendum di domenica prossima si sta commettendo un doppio, grave errore. Da un lato quello commesso dai perdenti delle elezioni, che hanno paura di una seconda botta e, senza colpo ferire, abbandonano le posizioni fino a ieri tenute sia sul nucleare che sull’acqua; dall’altro, quello dei vincitori (effettivi e presunti), che sognando il raddoppio sono pronti a sacrificare all’obiettivo di mandare a casa Berlusconi, ogni ragionevolezza di merito e le residue opzioni riformiste. Insomma, è in corso un tentativo di strumentalizzazione politica di una consultazione che, legittimo impedimento a parte, si svolge su temi a forte valenza tecnica e avrebbe bisogno di un dibattito pubblico scevro da approcci emotivi e ideologici, e al riparo da polemiche speciose. E questo non farà bene alla nostra già malata economia, perché energia e servizi pubblici sono questioni essenziali che riguardano sì la vita dei cittadini, ma anche e soprattutto quella delle imprese, intese sia come protagoniste di settori rilevanti sia come utenti. Deve essere chiaro, infatti, che un secondo pronunciamento negativo degli italiani sul nucleare (dopo quello del 1987, a distanza di un anno dall’incidente di Chernobyl), metterebbe una pietra tombale sull’ipotesi che l’Italia torni a dotarsi di energia atomica. E questo votando nuovamente a ridosso di un avvenimento di forte impatto emotivo – anche se questa volta si tratta di un cataclisma naturale, che tra le altre cose ha causato un incidente alla centrale di Fukushima (finora, il minore dei danni immani provocati dallo tsunami) – e senza sapere cosa intenda fare l’Europa sia sul piano comunitario che dei singoli paesi già nucleari (Germania a parte, che peraltro ha deciso sì di rinunciare all’atomo, ma in tempi lunghissimi). Il clima in cui si voterà, inoltre, influenza la rinuncia sia del governo ad una scelta fatta in modo solenne – e “lasciar liberi” i propri elettori è a dir poco ponziopilatesco, oltre che una tautologia – sia dell’opposizione a farsi carico di un progetto che pure contava su non pochi estimatori tra i riformisti del Pd. Stesso discorso vale per l’acqua: il governo non sostiene fino in fondo la legge Ronchi, che pure è transitata nel suo consiglio dei ministri, mentre sia il Pd che il terzo Polo si dividono (Chiamparino più nettamente di Renzi e Letta è per il no, Bassanini definisce Bersani “ex liberalizzatore”, mentre Casini si distingue da Fini e Rutelli). Eppure in ballo c’è il principio del “profitto dei gestori”, che se fosse negato metterebbe in ginocchio tutte le aziende del settore (tutti i servizi pubblici locali, non solo l’acqua), municipalizzate comprese, proprio mentre si calcola che nel prossimo decennio per dare efficienza ad un sistema idrico colabrodo (30% medio di perdite, con punte del 70-80%), occorrono investimenti per 120 miliardi. Peccato che anche in questo caso il clima sia avvelenato dalle furbizie politiche, altrimenti si discuterebbe di come migliorare la Ronchi: dall’authority (ora introdotta, ma senza valutare la possibilità di unirla a quella dell’energia) a condizioni contrattuali di affidamento più chiare e stabili a garanzia degli investimenti, dal superamento delle differenze tra norme nazionali e regolamenti locali al metter mano a emergenze che si chiamano fogne e depuratori. Peccato. 
Dam