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Post n°84 pubblicato il 05 Agosto 2007 da atellibrai
Campetto da calcio, esterno giorno. Una rete bucata in fondo al prato, due scarponi come porta giusto vicino a dove è incautamente piantata la mia tenda, due accanite squadre di adolescenti si scalmanano a spintoni dietro a un pallone che ha visto giorni migliori. Un calcio più potente degli altri manda la palla dietro gli alberi, lontano. Un ragazzino non perde tempo a correre. Subito urla ai campeggiatori, (là, lontano): Accio pallaaa!!! (Accio, per chi non si fosse potterizzato abbastanza, è l'incantesimo di presa-oggetti-a-distanza. Terribilmente comodo). Il linguaggio Potterico è ormai quotidiano, popola i discorsi dei bambini e degli adolescenti, fa pronunciare almeno un paio di frasi in latino anche al più asino degli studenti di liceo, istiga al conio di felici e esilaranti neologismi sulla scia della sfrenata fantasia dell'autrice che mescola e frulla insieme lingue come inglese, francese, latino e portoghese. A dispetto di quanti sostengano che la saga di Harry Potter sia solo una campagna commerciale particolarmente astuta, o che il successo sia stato decretato dagli adulti e passato in modo coatto ai bambini, mi permetto un paio di riflessioni. Le vicende del ragazzino mago sono certamente narrate con un approccio adulto: nessuna remora a parlare di dolore, di perdita, di morte, torture, di bulli e disamore con linguaggio chiaro e netto. I protagonisti vivono in una realtà duplicata della nostra nella quale è facile trovare riconoscimenti e similitudini, spesso con grande ironia e divertimento. Per quasi dieci anni più di una generazione ha vissuto in attesa della successiva puntata dell'eroe, diventato grande insieme ai suoi lettori. Eroe non particolarmente brillante, a dirla tutta un po' sfigato, il classico tipo con gli occhiali che non si picchia ma si tormenta, non più bello né muscoloso degli altri, bravino a scuola ma più il tipo intelligente-ma-non- si-applica-può-fare-di-più, in preda a rabbie giovanili che se non fossi così tonto, caro, capiresti che sono inutili, così pieno di difetti da rendercelo umano, vicino, un compagno di scuola o noi stessi. Eroe che invece possiede talenti che nemmeno lui sogna. Come di solito succede alla compagna di classe che nessuno guarda e che nel giro di sei anni diventa alta, bella e magari Magistrato. Ma se più di una generazione per tutti questi anni ha lasciato da parte la playstation per aprire un libro così denso e non facile, allora benvenuta signora Rowling, che ha dimostrato come le parole possano produrre un incanto che dura sui grandi come sui piccoli. Starà ai grandi spiegare ai piccoli, poi, i significati di alcune parti, a riassumere, a cambiare un po' (secondo i più fedeli principi pennacchiani dei diritti del lettore), e allora prendiamocela, questa responsabilità. Mi permetto di consigliare (ai grandi) di leggersi bene la fine del libro numero sei e questa fine, nel numero sette, poiché contengono pagine di grande intensità, pagine che parlano di morte, dolore, sacrificio, con rara semplicità ed efficacia. A volte cerchiamo le parole per spiegare concetti difficilissimi. In tutto questo rumore attorno a Harry Potter, ritagliamoci uno spazio di silenzio perché c'è qualcosa da ascoltare. Il titolo stesso dell'ultimo libro, uscito a fine luglio come uno degli avvenimenti di portata storica (concedo qualsiasi battuta in merito), ha a che fare con la morte. Attendo la traduzione di esperti assolutamente più esperti di me, ma nel mio pur ignorante immaginario l'ho tradotto con I regali della Morte. Che lo so che non è giusto, ma scopriamo che la vicenda cruciale del settimo libro gira intorno alla leggenda popolare di tre fratelli, che un giorno, attraversando un ponte, incontrano la Morte. Si credono più furbi e scendono a patti con lei. Lei quel giorno è di buon umore e decide di divertirsi. Regalerà a ciascuno un oggetto, certa che nel giro della stessa giornata possederà le loro tre anime. Non vogliamo anche noi sconfiggere la morte, credendoci più intelligenti, più furbi, più cauti, più sani e fortunati? Ormai tutti i fans sanno che l'eroe sopravvive e che uno dei suoi figli si chiamerà Albus Severus. (A voi tutte le restanti deduzioni). Il vero incanto non è il destino di Harry quanto la maestria dell'Autrice, che raccoglie i fili lasciati in sospeso in ogni libro e li annoda perfettamente l'uno all'altro con logica impeccabile formando con più di un colpo di genio un quadro armonico eppur semplice. Ah, era così? Era solo questo? Si, ma questo solo è l'umano. Agosto non è ancora finito. Cimentatevi. Che, detto da una libraia che non ha mai consigliato un libro di Harry Potter, è qualcosa. (Un incantesimo Imperium?) Harry Potter and the Deathly Hallows, di J.K.Rowling, Bloomsbury editore, 27,50 euro. (versione originale inglese) Anche con la copertina versione adulti, per coloro che non vogliono farsi troppo scoprire.
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