Questi sono giorni in cui, 25 anni fa, si consumò la tragedia di Alfredino Rampi, il bimbo di Roma caduto in un pozzo artesiano alla periferia della città.Vermicino. Chi può dimenticare quel posto, quelle ore di angoscia, quei tentativi di liberarlo, generosi e maldestri?Roma, mercoledì 10 giugno 1981, sera. Il piccolo Alfredo Rampi, 6 anni, che sta passando qualche giorno con i suoi genitori nella casa di campagna, cade in un pozzo artesiano scavato senza permessi e mal custodito. Tocca al comandante provinciale di Roma, Elveno Pastorelli, organizzare i soccorsi. Il bambino è precipitato a trentasei metri sotto terra. Il primo problema è parlargli, sapere come sta e fargli sentire che tutti, in superficie, stanno lavorando per tirarlo fuori: arriva un microfono. Nei giorni successivi, a quel filo, tenuto a un capo dal Vigile del Fuoco Nando Broglio, sarà legata la speranza di poter riabbracciare Alfredo. Tutti seguono l'Eroe Pompiere che tenta di tener sveglio Alfredino, gli promette un giro sull’autopompa e gli dice che a salvarlo stanno arrivando Mazinga Z e Gig Robot.Il primo tentativo di salvataggio determina tutte le mosse successive, limitando di fatto le possibilità di intervento. Si cala nel pozzo una tavoletta di legno, forse Alfredino può aggrapparsi. Il pezzo invece resta incastrato a 22 metri di profondità e diventa un ostacolo per chiunque cerchi di raggiungere il piccolo. Tullio Bernabei, speleologo del soccorso alpino, tra i primi ad arrivare sul posto, prova a calarsi nel pozzo alle prime luci dell’alba di giovedì 11 giugno. Bernabei raggiunge la tavoletta e prova a segarla, un tubo nel pozzo glielo impedisce, le operazioni vanno per le lunghe, intanto si cerca una trivella per scavare un altro pozzo.Si trova una trivella abbastanza potente da sfondare il suolo per scavare un pozzo parallelo a quello in cui è imprigionato Alfredino, scendere a 38 metri, e intercettare il bimbo da sotto grazie a un tunnel di raccordo.Intanto sul luogo cominciano ad arrivare gli operatori delle radio e tv private, i giornalisti dei quotidiani romani, centinaia di curiosi, passanti, persone che vogliono dare una mano o che, semplicemente, vogliono guardare come va a finire. Arriva anche la Tv di Stato e la diretta terrà paralizzata l’Italia davanti al video con una diretta a reti unificate che non ha precedenti nella storia della televisione italiana, amplificata poi dalla presenza sul posto delle tv private. L’inizio della diretta televisiva anticipa di qualche ora l’arrivo dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Dice di non volersene andare finché non termineranno i soccorsi.Sono ore di speranza. Cade l’ultimo diaframma che separa il pozzo scavato dai soccorritori da quello dove è incastrato Alfredino. Ma Alfredino non è dove dovrebbe essere. È scivolato ancora più giù: a 61 metri.
I giorni del pozzo
Questi sono giorni in cui, 25 anni fa, si consumò la tragedia di Alfredino Rampi, il bimbo di Roma caduto in un pozzo artesiano alla periferia della città.Vermicino. Chi può dimenticare quel posto, quelle ore di angoscia, quei tentativi di liberarlo, generosi e maldestri?Roma, mercoledì 10 giugno 1981, sera. Il piccolo Alfredo Rampi, 6 anni, che sta passando qualche giorno con i suoi genitori nella casa di campagna, cade in un pozzo artesiano scavato senza permessi e mal custodito. Tocca al comandante provinciale di Roma, Elveno Pastorelli, organizzare i soccorsi. Il bambino è precipitato a trentasei metri sotto terra. Il primo problema è parlargli, sapere come sta e fargli sentire che tutti, in superficie, stanno lavorando per tirarlo fuori: arriva un microfono. Nei giorni successivi, a quel filo, tenuto a un capo dal Vigile del Fuoco Nando Broglio, sarà legata la speranza di poter riabbracciare Alfredo. Tutti seguono l'Eroe Pompiere che tenta di tener sveglio Alfredino, gli promette un giro sull’autopompa e gli dice che a salvarlo stanno arrivando Mazinga Z e Gig Robot.Il primo tentativo di salvataggio determina tutte le mosse successive, limitando di fatto le possibilità di intervento. Si cala nel pozzo una tavoletta di legno, forse Alfredino può aggrapparsi. Il pezzo invece resta incastrato a 22 metri di profondità e diventa un ostacolo per chiunque cerchi di raggiungere il piccolo. Tullio Bernabei, speleologo del soccorso alpino, tra i primi ad arrivare sul posto, prova a calarsi nel pozzo alle prime luci dell’alba di giovedì 11 giugno. Bernabei raggiunge la tavoletta e prova a segarla, un tubo nel pozzo glielo impedisce, le operazioni vanno per le lunghe, intanto si cerca una trivella per scavare un altro pozzo.Si trova una trivella abbastanza potente da sfondare il suolo per scavare un pozzo parallelo a quello in cui è imprigionato Alfredino, scendere a 38 metri, e intercettare il bimbo da sotto grazie a un tunnel di raccordo.Intanto sul luogo cominciano ad arrivare gli operatori delle radio e tv private, i giornalisti dei quotidiani romani, centinaia di curiosi, passanti, persone che vogliono dare una mano o che, semplicemente, vogliono guardare come va a finire. Arriva anche la Tv di Stato e la diretta terrà paralizzata l’Italia davanti al video con una diretta a reti unificate che non ha precedenti nella storia della televisione italiana, amplificata poi dalla presenza sul posto delle tv private. L’inizio della diretta televisiva anticipa di qualche ora l’arrivo dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Dice di non volersene andare finché non termineranno i soccorsi.Sono ore di speranza. Cade l’ultimo diaframma che separa il pozzo scavato dai soccorritori da quello dove è incastrato Alfredino. Ma Alfredino non è dove dovrebbe essere. È scivolato ancora più giù: a 61 metri.