Colonnello Kurtz

L’amore che viene, l’amore che va


Non ho nemmeno fatto in tempo a iniziare ad interrogarmi sui motivi profondi per cui la mia ultima storia si è assai prematuramente conclusa, dopo soli due mesi, che ricevo la conferma di una notizia che era già da tempo nell’aria. Uno dei miei più cari amici si separa dalla moglie. Lei pensa di non amarlo più. E non sono passati neanche cinque anni dal loro matrimonio; nemmeno tre dalla nascita della loro stupenda bambina. Non che io pensi che si debba stare insieme per forza, alimentando per giunta ridicole e dolorose farse, ma almeno stavolta ammetto di non capirne il perché. Senza voler giudicare nessuno, ma basandomi su semplici dati di fatto, mi sembra che qualcuno debba darsi davvero la pena di mettersi a riflettere su quanto poco elettive siano oggi le affinità che rendono possibile una coppia in quanto progetto, idea che si protende nel tempo. Tutto, ma proprio tutto, sembra esaurirsi in uno sbattere di mosconi contro i vetri delle finestre, in cui non c’è sintesi tra i pur legittimi bisogni individuali e le esigenze minime di una coppia. Mi sembra di riecheggiare le parole della peggiore retorica degli apocalittici, ma l’educazione sentimentale di Flaubert sembra oramai decisamente fuori moda. E il brutto è che non ce n’è un’altra disponibile, un insieme di regole e di assunti condivisi sull’amore e sulla coppia capace di vivere armonicamente in una modernità alternativa alla famiglia del Mulino Bianco è ben lontana. Mi verrebbe di dare la colpa ai mass media, e in particolare ai giornaletti femminili e maschili, responsabili di diffondere messaggi sempre più pervasivi e completamente schizofrenici circa l’identità di relazione di uomini e donne. E’ tutto un “fai questo, fai quello” che rintuzza senza posa sui luoghi comuni di questa tarda modernità: autorealizzazione, diritti, soggettività ed espressività, ma rigorosamente staccati da una qualsiasi forma riconoscibile di scopo. Imperativi che poi rimbalzano come tra i funghetti di un perfido flipper dai media alle persone: gli amici, i familiari, i colleghi diventano ripetitori più o meno consapevoli di questi messaggi. Risultato: si stava meglio quando si stava peggio. O no?