Colonnello Kurtz

Due antropologi alle feste dei singles (1/2)


La concorrenza tra gli uomini c’è, ma è governata da regole non scritte ma rigidissime. Si ha l’impressione che tutti facciano la corte a tutti e insieme a nessuno. Giocano, scherzano. Per alcuni interminabili minuti ai due lati della tavolata si vedono alcuni pericolosi tentativi di separazione “uomini di qua, donne di là”. Malgrado il pericolo, l’industriosa comunità dei single si ricompone in un attimo come un branco di pesci dopo il passaggio di una barca. Niente di losco, però, non c’è alcun clima da scambio di coppia o che so io. Si interagisce in modo educato, con eleganza. Stupefacente. Cerchiamo di capire ora se ci provano solo o ce dell’altro. Una bella mora dai capelli lunghi si siede accanto a me e a PariGrado. Parla con quelli dall’altra parte del tavolo, ma ogni tanto cerchiamo di partecipare ai discorsi. L’osservazione partecipante ci consente di apprendere nozioni di vitale importanza sulla tribù dei single. Il principale mito che sostiene la cosmogonia dei singles è l’idea che sia una condizione scelta e portata avanti con dedizione religiosa. Un fatto quasi elettivo, anzi. Registriamo da lontano la celebrazione di diversi rituali del telefonino. Per essere più partecipi della soggettiva realtà dei singles, cominciamo a sgargarozzare bicchieri di vino a rotta di collo. A quanto pare la tribù non ha un elevato capacità di coordinamento interno e grado di divisione del lavoro, per cui siccome ognuno doveva portare qualcosa, ci troviamo alla fine con ottantasette bottiglie di vino e due sacchetti di patatine, oltre al resto. Il rito del “mannaggia, a saperlo portavo una torta gelato” si consuma in silenzio. Il tasso alcolico sale, insieme alla spigliatezza della tribù. Ci troviamo calorosamente a parlare del più e del meno con quelli dell’altra parte del tavolo. La mora attacca bottone a PariGrado, gli faccio rapidi cenni per fargli capire che è il caso di insistere. La gente aumenta. Il tasso alcolico pure. Mi lancio in due chiacchiere con la bella mora, che è anche lei da sola alla festa. Faccio presente a PariGrado che la cosa si sta smosciando un po’, e gli chiedo se gli va di invitare insieme la mora per due chiacchiere, una birra o del gelato nel quartier generale. Non faccio in tempo a dirglielo la seconda volta che già il falchetto di turno le si è seduto accanto, un brizzolato tutto trendy. Passano minuti a parlare. In un attimo li vediamo scambiarsi i cellulari e andarsene via. Ci rimaniamo dimmerda™. Ci ha cercato lei, e noi, tutti presi dall’osservazione antropologica non ci abbiamo capito un cazzo, mi sa. Ci rifaremo però, lo sento. Torneremo, come diceva Manfredi, “belli e spietati, come Conti di Montecristo”. ROTFL.