Colonnello Kurtz

La Napoli che mi fa incazzare


L'ultima volta che sono stato a Napoli è stato sabato e domenica scorsi. C'era la pioggia e il libeccio forte. A Marechiaro l'acqua era color piombo. Eppure me ne sarei riempito gli occhi di quei colori. E del panorama da Corso Vittorio Emanuele. E mi sarei riempito le narici dell'odore del pesce appena pescato nei vicoli dietro Mergellina, del caffè e della cioccolata sopraffina di certi artigiani di Chiaia. Del sapore unico del suo caffè, sempre accompagnato dalla cortesia di un bicchiere d'acqua fresca. Eppure Napoli era listata a lutto da enormi cumuli di munnezza ovunque, dall'ennesimo morto ammazzato dal prepotente di turno mentre se ne tornava a casa, dalla ribellione sommessa dei commercianti che quest'anno hanno rifiutato il ricatto delle luminarie della Camorra e hanno messo quattro lucette alle vetrine come in una Copenhagen qualsiasi. Odio questa Napoli dove una donna non può prendere la metropolitana dopo le otto di sera e dove non si può girare in moto con il casco perché si rischia di trovare qualche cap'è cazz' pronta a spararti. Odio questa Napoli dei commissari straordinari, delle prese per il culo dei leghisti e dei tedeschi. Avrei avuto ben altro da dire su Napoli, ma seguo ora per ora quello che succede: blocchi stradali, cariche della polizia, autobus incendiati, bombe carta ai carabinieri e vigili del fuoco feriti. Questa Napoli che è sommersa anche metaforicamente dalla sua munnezza, e che annaspa per respirare. Dove i camorristi che hanno fatto i miliardi sulla munnezza bussano porta a porta per le case di Pianura e chi non scende a fare burdello davanti alla discarica abbusca pure le mazzate. E che trova anche chi questi qui li difende mentre finiscono di affossare questa città meravigiosa ed invivibile.