Colonnello Kurtz

Un convegno da paura


In questi giorni faccio avanti e indietro al mega convegno. All’entrata mi danno un badge con su scritto il mio nome. E’ bellino, ha tutti i loghi a suo posto, ed è corredato da un nastrino bianco e blu. Mi dà un’aria molto international. Entro, vestito impeccabilmente, con le mie scarpe a punta, mi siedo e cominciano a parlare i politici. Li chiamano “saluti istituzionali”. In realtà i politici approfittano di queste occasioni per cercare un po’ di visibilità, sparando una tale mole di cazzate da sommergere ogni possibilità di replica. Riescono, come sempre ad indispettire gli “esperti di fama mondiale” offendendo la loro intelligenza con affermazioni ridicole, guasconate da bar sport spacciate per incontrovertibili verità. Marzano, ex ministro, che oggi si fregia del titolo di professore, sostiene che Roma oggi è per la prima volta da immigrati che pongono irrisolvibili problemi di integrazione delle culture. Marzano forse deve aver studiato la storia antica su Topolino, visto che per gran parte dell’esistenza della grande Roma  (dal I° secolo avanti cristo fino alla sua caduta) è stata un crocevia di popoli e di razze che, all’interno delle garanzie del diritto, miscelava culture, credenze e divinità con un sincretismo che ancor oggi non trova pari nemmeno in città cosmopolite come Londra o New York. Per non saper né leggere e né scrivere, propone il ritorno di Mosè e dei dieci comandamenti. Possibilmente in technicolor, come nei film di Charlton Eston. Ma andiamo avanti: stavolta tocca al sindaco di Roma, Alemanno. Lì già si va più sul sicuro: riesce a rielaborare dignitosamente in chiave no-global qualche riferimento della sua militanza nella destra sociale, quando parla degli effetti perversi della mondializzazione dell’economia, poi se n’esce con un rigurgito e reinventa la macchina del tempo. Finiti i saluti istituzionali, come spesso avviene in convegni di alto livello, la sala si svuota. Metà di quelli che si alzano sono giornalisti che sperano di strappare la dichiarazioncina sull’Alitalia a Sacconi, quella sugli immigrati ad Alemanno, cosa possano chiedere a Marzano davvero non lo so. Una volta usciti un po’ di figuranti dell’informazione e claques dei politici il convegno prende il volo. I relatori sono tutti di gran livello. Qualcuno è più conservatore, qualcun altro più radical, c’è chi ha un approccio fin troppo pragmatico (la finanza prima, la democrazia forse). Qualcuno si spinge verso la metafisica. Si dibattite, si discute ad altissimi livelli, comunque. Fatto sta che stamattina, spulciando un po’ tra quello che i nostri giornalai hanno scritto. Si ha la spaesante impressione che i giornalisti abbiano seguito qualche altro evento – che so, l’anteprima sul Circo appena arrivato in città o il backstage di Amici di Maria de Filippi - e per sbaglio in redazione siano stati scambiati i titoli degli articoli. Ai politici, anche a quelli che non c’erano, come Fini, la maggior parte dello spazio. Agli ospiti internazionali di chiara fama, le briciole. E come se non bastasse, vengono completamente travisati. La Ellin, urbanista dell’Arizona viene presa poco meno che per una pazza. Non va molto meglio ad Ashley Nandy, che ha fatto un intervento interessantissimo sul pacifismo dei musulmani, e le agenzie riportano il suo monito come una reprimenda nei confronti dei musulmani (n.d.r. Nandy E’ musulmano). Ad Attali, forse complice la sua parlantina a mitraglietta e gli orari impossibili degli aerei che lo hanno costretto ad anticipare e condensare l’intervento, va peggio di tutti: i cronisti delle agenzie non capiscono una minchia di quello che dice, e riportano di una salvifica economia verde che francamente non so da quale cielo sia discesa, visto che nel suo intervento parlava in termini assolutamente critici di “economy of greed” (economia della cupidigia). Basta cambiare una consonante e l’angoscioso greed diventa il rassicurante green. Voilà, il gioco è fatto. Stamattina è andata diversamente: si parlava di media e costruzione della paura. Invitati di tutto rispetto, accademici con trent’anni e più di ricerche all’attivo, e un inadeguato direttore di Tg a moderare. O meglio, a parlarci di un escalation di crimine e di violenza che non c’è se non nella testa di certi giornalisti e dei politici che li usano come megafoni personali. Nessuno si alza e gli chiede se per caso si è preso il disturbo di guardare i dati statistici del Ministero dell’Interno. Ma niente paura, viene messo educatamente a nanna dai suoi discussant. Ma per lui non è detta l’ultima parola, chissà domani che cosa ci sarà scritto sui giornali.