Camera Obscura

Post N° 81


sabato, 02 dicembre 2006
Musica :: Afrocelt sound system - Onwards Era tua abitudine, in quel periodo, percorrere strade sterrate, che non portavano mai in un nessun luogo da scoprire. Le percorrevi così, come fa il treno coi suoi sentieri ferrosi. Raggiungevi spesso un luogo isolato e desertificato, dove i colori del tramonto presentavano quelle sfumature africane che già amavi. “Vorrei venire con te oggi. Ti devo parlare e vorrei farlo in quel deserto dai colori caldi che mi descrivi quando ti chiedo di rimanere dentro me” Sognatori lo eravate entrambi, ma lei riusciva a vedere oltre, così tutti i tuoi racconti diventavano reali e tutte le certezze si frantumavano, inverosimilmente, dopo ogni orgasmo consumato in un grande Futon a pochi centimetri dal suolo. Silenzi profondi e sguardi assenti seguirono, durante il tragitto, insieme... Raggiunto il deserto prese fiato, una, due, forse anche tre volte ma non riusciva a lasciar uscire le parole e tu lo vedevi dal viso che soffriva. Non riusciva a chiederti di rimanere per sempre... Anche se non desiderava altro... Anche per il tuo bene. Di nuovo sul Futon, circondati da candele, ciotole di frutta e tessuti colorati alle pareti. Il Sitar di un musicista sconosciuto consentiva ai desideri di avverarsi o per lo meno ve lo lasciava credere. “Chissà come deve essere promettere l’eternità al proprio compagno. Vorrei prendermi cura di te, per sempre, rimani dentro me ancora un po’ e raccontami dei colori che ho visto oggi...” Pensavi alle onde mentre parlavi e tutte le tonalità di quel tramonto mutavano nelle sfumature di blu, che dentro l’onda raggiungono il bianco della schiuma... Rimanevi dentro di lei, raccontavi ed era bello. Ma un giorno hai lasciato l’isola dei trecento vulcani e anche lei... Lunghi capelli neri, mossi come le tue onde, su generosi seni, occhi verdi e profumo di vita.