capitelli sia vuoti

ILLUSIONI CERTE DI ESSERE REALI E NON TIRARE A VIVERE


                                                                                                 NEBBIA                                         La nebbia era una galassia distesa sui petali dei fiori,                                                      io e lei eravamo statue tristi che facevano odi all’ingresso misteriosissimo in paradiso degli umani,semplicemente saldate uno all’altra  sperduti sotto l’abbraccio,dentro il tunnel che pulsava di resina di due alberelli di prugne con ragnatele di brina,ci sembrava che il mondo fosse una eterna lode ma noi non capivamo dove salisse,irrompevano insetti che schizzavano le rinunce del rinascimento con i loro ancheggiamenti,io e lei eravamo non occhi eravamo le voci di saggi maniscalchi sulle nostre saldature;stormi, stormi di uccelli solo un frastuono gigantesco tutt’intorno,bussole e cannocchiali e una luna così vicina da riconoscere le sue abitudini e io e lei eravamo un funerale di pietra che chiedeva di evocare solo feste e pioggie scordate. Danzavano fra le foglie, le ombre. Correvano le linee prima degli spigoli, si inginocchiavano i marciapiedi alla salvezza, io e lei forse eravamo quelli che la statue raffiguravano e ci chiedevamo cosa mai avessimo fatto da star sempre lìchiedevamo vita essendo solo pietre perchè eravamo andati via rincorrendo il piegarsi delle chiome degli alberi più alti,schizzando l'ombra,cercando di addestrare il panorama a portarci l'osso solo per rubargli una carezza,fischiando più del vento alla luna,  Si alzarono in volo animali, balzi e cadute e tuffi e avvitamenti, il mare che volle urlare, onda sonora, nucleare, agghiacciate circonferenza di pianeta dalle rive  la certezza degli uccelli che mangiavano in volo. Con la tenacia della schiuma delle onde che veniva intrappolata dalla nebbia scomparsa all’alba sulle nostre saldature verdi di nessuna o di qualche speranza vista da noi due la musa che si infilava una spada nel punto più sensibile del cuore pregando di vedere come due innamorati riconoscono Dio solo per frottole al mondo quando la nebbia va via.ALESSANDRO IDISIUM     lupoeditore 
 CHE SON PER NOI,CUOR MIOCosa sono per noi, cuor mio, le distese di sangueE brace, e mille omicidi, e lunghe gridaDi rabbia, singhiozzi di ogni inferno che rovescianoOgni ordine; e l'Aquilone ancora sui rottamiE ogni vendetta? Niente!... - Ma sì, la vogliamo ancoraTutta quanta! Industriali, principi, senati,Crepate! potenza, giustizia, storia, abbasso!Ci è dovuto. Il sangue! il sangue! la fiamma d'oro!Diamoci alla guerra, alla vendetta, al terrore,Mio Spirito! Giriamoci nel Morso: Ah! passate,Repubbliche di questo mondo! Imperatori,Reggimenti, coloni, popoli, basta!Chi può smuovere i turbini del fuoco furente,Se non noi e coloro che immaginiamo fratelli?A noi! Romanzeschi amici: ci piacerà.Non lavoreremo mai, o flutti di fuoco!Europa, Asia, America, sparite.La nostra marcia vendicatrice ha occupato tutto,Città e campagne! - Saremo schiacciati!I vulcani salteranno! e l'oceano colpito…Oh! amici miei! - mio cuore, è certo, son fratelli:Neri sconosciuti, se solo andassimo! andiamo! andiamo!O sventura! mi sento fremere, la vecchia terra,Su di me sempre più vostro! la terra si scioglie,                                                Non è niente! sono qui! sono sempre qui. 
ARTHUR RIMBAUD CREATURE DELLA NOTTEPipistrelli di velluto nella notteFalene dai battiti silenziosiInchiostro di rettili dormientiBuio profondo negli occhi delle belve.Creature della nottetessono ragnatelenella mia testa.Riflessi di tenebra sulla pelle dell'iguanaCobra avvinghiati ai rami del maleLa morte dei remoti dinosauriUn pozzo nero nelle fauci del caimano.Creature della nottemuovono artigli nella mia testa.Tutti i colori del nero,camaleontiAgonia di bisce intrecciateIl grido del coyote feritoTopi famelici rodono l'alba.Creature della nottestrisciano nel mio cervellosmarrito.JIM MORRISON