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LE BUGIE NEL CARRELLO

Quanto siamo consapevoli dei cibi che acquistiamo?


Non so se a spingermi a prendere in mano il nuovo libro di Dario Bressanini,
Le bugie nel carrello (Chiarelettere), sia stata più la squillante copertina giallo ocra o i sensi di colpa per come in genere faccio la spesa al supermercato.
Ovvero lanciando a caso i prodotti dallo scaffale al carrello. Controllo delle etichette? Zero.

Già autore di Pane e bugie (uscito sempre per Chiarelettere nel 2010), Bressanini è ricercatore presso il dipartimento di Scienza e alta tecnologia dell’Università dell’Insubria a Como.
In questo suo nuovo libro spiega di aver voluto passare in rassegna “le storie dietro ad alcuni prodotti, cercando di rispondere alle domandecche il consumatore consapevole si pone davanti agli scaffali”.

Un viaggio alla scoperta di cosa raccontano, ma soprattutto di cosa nascondono, le etichette dei prodotti che compriamo. “Provo ad affrontare quali sono le suggestioni e i trucchi che l’industria alimentare usa per pubblicizzare molti prodotti , raccontando retroscena poco noti.
Un esempio? Il Kamut, che gli italiani apprezzano e mangiano (il nostro Paese è il più grande mercato, con addirittura la metà delle vendite globali, seguito dalla Germania) ritenendolo un “antico grano di cui si cibavano i faraoni”.
In realtà si tratta di un marchio commerciale registrato, come Nutella o Coca-Cola per intenderci, su cui c’è il monopolio della Kamut International.
Tutto il Kamut che acquistiamo in Italia viene spedito dagli Stati Uniti e dal Canada”.

Non è l’unica sorpresa che il libro riserva.

“Le etichette degli yogurt sono una fonte inesauribile di sorprese. Soprattutto quelli alla frutta. Lampone, fragola, frutti di bosco: chi pensa che il colore di uno yogurt sia dovuto solamente alla frutta che contiene, si sbaglia. Alcuni sono colorati con succo di barbabietola, altri con succo di carota nera. Niente di illegale, intendiamoci. Tuttavia, da consumatore, disapprovo l’uso di coloranti in prodotti dove non mi aspetto di trovarli. Come lo yogurt”.

Sempre più spesso, osserva, ”sugli scaffali dei supermercati si trovano cibi che dichiarano di contenere omega 3, fitosteroli, polifenoli, antiossidanti, vitamina D, selenio, ferro e chi più ne ha più ne metta.
Le bugie nel carrello prova a fare luce su tutti quegli alimenti a cui sono stati aggiunti degli integratori.

Abbiamo davvero bisogno di mangiare le patate al selenio, quelle “che fanno diventare intelligenti” come recitava un famoso spot? In Italia, come nel resto d’Europa, non sembrano esserci situazioni endemiche di carenza da selenio.
Che si trova in pesce, uova, carne, broccoli e cipolle”.
Tradotto: in una dieta variata e bilanciata non è necessario integrare i pasti con del selenio aggiunto.

La morale? “Quando un prodotto dichiara, a volte in modo molto indiretto, di possedere proprietà salutistiche, meglio informarsi prima di sborsare soldi in più. Pochi o tanti che siano”.
Perché un consumatore consapevole “deve saper andare oltre alle indicazioni riportate sull’etichetta.
Non basta “fidarsi” di quello che c’è scritto sulle confezioni.

Sapere cosa “nascondono” le etichette è importante per imparare a spendere meglio i propri soldi”.

Un altro sistema a cui il marketing ricorre per far leva sul consumatore è l’equazione “naturale=buono”.
“Ma non sempre un prodotto pubblicizzato come “naturale” deve necessariamente per forza bene”.
Altri trucchi ben collaudati? “Costruire, ad esempio, un’immagine “antica” o “tradizionale” di un prodotto. Come nel caso del pomodoro di Pachino o del grano duro Senatore Cappelli, un grano da gourmet, molto buono, che in molti considerano autoctono e che invece arriva dalla Tunisia”.

Insomma, quella che Bressanini impartisce è una lezione su cui riflettere. Almeno: per me lo è stata. Voi invece sapete sempre cosa state acquistando? La crisi ha reso la vostra spesa più consapevole o trucchi e bugie traggono in inganno anche voi?

 

 

(Laura Zangarini)

 
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