Andrea Carancini

Arnold Toynbee sugli ebrei


Arnold Toynbee[1]:«In un periodo della loro storia che ebbe inizio durante l'infanzia della civiltà siriaca e culminò nell'età dei Profeti, il popolo d'Israele e Giuda si eresse con la testa e con le spalle al di sopra dei popoli siriaci circostanti innalzandosi a una concezione monoteistica della religione. Acutamente coscienti e giustamente orgogliosi del loro tesoro spirituale, si permisero di abbandonarsi a un'idolizzazione di questo notevole ma transitorio stadio del loro sviluppo spirituale ... Persuasero se stessi che la scoperta israelitica dell'Unico Dio Vero aveva rivelato che Israele stesso era il Popolo Eletto di Dio; e questa semiverità li attirò nel fatale errore di guardare a una momentanea vetta spirituale, da essi raggiunta con fatica e travaglio, come a un privilegio conferito loro da Dio in un patto eterno. Affascinati da un talento d'oro che essi avevano perversamente sterilizzato nascondendolo sotterra, respinsero il tesoro più grande che Dio offri loro con la venuta di Gesù di Nazaret» [1934-1939, trad. it. p. 403].[1] Citato in: Jacques Le Goff, Storia e memoria, Torino 1982, p. 328.