Andrea Carancini

Pier Paolo Pasolini: le interviste a Pelosi e a Concutelli di Simona Zecchi e Martina Di Matteo


È di qualche settimana fa la notizia dell'ennesima archiviazione, da parte della Procura di Roma, dell'omicidio di Pier Paolo Pasolini. Non c'è da stupirsene: in Italia, tutti "tengono famiglia", soprattutto i pm. E però, nonostante il delitto dell'Idroscalo sia stato in assoluto l'omicidio meglio riuscito, da parte dei nostri servizi segreti, di tutto il dopoguerra, nuovi frammenti - insieme a quelli vecchi, all'epoca sottovalutati o "dimenticati" - di quello scenario hanno iniziato ad affiorare, sia pure lentamente, nonostante un'omertà quasi impenetrabile. Tutto ciò, va detto, anche per merito delle giornaliste Simona Zecchi e Martina Di Matteo, alle quali da qualche anno si devono i contributi di gran lunga più fattivi su questa atroce storia. Come le interviste a Pino Pelosi e a Pierluigi Concutelli, apparse nei mesi scorsi sui giornali e su Internet. A volte questo blog è anche un blog di servizio, ed è in questo senso che le dette interviste vengono riproposte qui: perché sono tutte importanti ma non mi pare che finora nessuno avesse pensato di riprenderle in successione, per dar modo al lettore di valutare il loro effetto d'insieme, che è innegabilmente notevole. Pasolini, l'ombra dei picchiatori fascistiMartina Di Matteo, Simona Zecchi, 5.12.2013 http://ilmanifesto.info/pasolini-lombra-dei-picchiatori-fascisti/Pino Pelosi ricostruisce la notte dell'omicidio del poeta. E conferma la presenza all'idroscalo di Ostia di almeno altre sei persone oltre a luiCentoventi testimoni sentiti, 19 nuovi profili genetici e nuove intercettazioni. Sono le novità che sarebbero emerse nelle indagini sulla morte di Pier Paolo Pasolini. Nell'intervista che segue, Pino Pelosi sviscera alcuni nuovi dettagli che gettano una luce diversa su motivazione e ambiente in cui sarebbe maturato il delitto, esortando gli inquirenti a ce­care anche tra la cerchia di persone più vicine a Pasolini, nella borgata. Pelosi punta poi il dito su quanti tra politici, familiari e amici sanno la verità o sanno dove cercare ma non si impegnano. La notte del 2 novembre 1975 ancora non svela il volto in chiaro degli assassini ed eventuali mandanti.Le indagini stanno andando avanti: cosa ne pensi di ciò che è appena uscito?Pelosi ride beffardo Spero che approdino a qualcosa. Io ho già fatto i nomi dei Borsellino al tempo, gli altri 4 non li conoscevo, era notte, non si vedeva nulla.Pino, tu avevi indicato delle persone presenti quella notte, un numero preciso. Oltre a te, altri 6: i Borsellino, due picchiatori insieme all'uomo con la barba, un uomo nella seconda macchina (nel 2010 un nuovo testimone Silvio Parrello rivelò della presenza di una seconda macchina e l'identità dell'uomo che l'avrebbe guidata). L'uomo con la barba ti avrebbe minacciato. Durante la prima intervista, dopo 30 anni di silenzio, avevi dichiarato che l'uomo avesse un accento siciliano. Elemento che non hai più ritrattato. Confermi?Lo avevo detto per depistare, era italiano, basta.Gli altri due erano romani? I Borsellino, di cui tu hai già parlato erano vicini al circolo Msi del Tiburtino. Anche i due picchiatori facevano parte dello stesso ambiente?Si, poteva essere.Nel 2011 hai rilasciato alcune dichiarazioni a Valter Veltroni in cui asserivi che la tua prima deposizione ti fosse stata imbeccata. È così?Confermo di essere stato minacciato dall'uomo con la barba, che mi ha gettato l'anello sul posto e mi ha detto di inventarmi la versione. In carcere poi mi venivano a trovare per dirmi di continuare così.Avevi 17 anni, come hai fatto ad avere sempre la lucidità per mantenere la stessa versione ogni volta?Ero un ragazzino: a vivere nel terrore rimani lucido, freddo e concentrato a non sbagliare.Quando hai ricevuto in carcere il famoso telegramma che indicava Rocco Mangia come nuovo difensore da nominare, hai mai pensato che avessero proposto denaro ai tuoi genitori? E come facevano a conoscere Francesco Salomone (l'allora giornalista de Il Tempo, tessera P2 nr. 1911- Ansa 21/05/1981, che aveva indicato ai genitori di Pelosi di assumere Rocco Mangia come avvocato, ndr)?A me non piacciono queste associazioni con quel mondo. Dicevano che Rocco Mangia era l'avvocato degli assassini del Circeo e dei fascisti.Certo, ma quello era in buona parte il mondo da cui proveniva la manovalanza.Si ma io non c'entro niente con quel mondo.L'uomo con la barba è vivo? (ride) Gli altri due, sono morti?I due picchiatori? Non li ho visti bene ma erano più giovani del "barbone" che all'epoca aveva 40 anni. Quell'uomo era più importante dei picchiatori, gestiva tutto. Certo potrebbe appartenere all'altro livello.Non lo conosci o hai paura?Non so nulla. Però mi chiedo perché non interrogano anche tra le passate conoscenze dello scrittore, Ninetto Davoli: perché ha fatto rotta­mare la macchina che Pasolini gli aveva lasciato? Perché non glielo chiedono? La macchina di Pasolini poteva essere ulteriormente analizzata.Se, come hai detto, il sangue sul tettuccio della macchina (lasciata poi incustodita dall'autorità giudiziaria, ndr, sangue lavato via dalla pioggia, era di Pasolini, cos'altro potevano trovare in quella macchina, oltre ai reperti rinvenuti e oggi sotto esame?Sotto il sedile.Cosa poteva esserci sotto il sedile?Non lo so. Sotto il sedile... niente...Cosa c'era?Ma l'accendino mio l'hanno trovato?È importante questo accendino?Può essere importante come l'anello. Dov'è, chi l'ha preso? È sparito.Ricostruiamo quella notte: tu eri davvero al ristorante con lui quella sera o eri già all'Idroscalo?No io ero con lui e con lui sono andato all'idroscalo.Vincenzo Panzironi proprietario de «Il Biondo Tevere» fece una tua descrizione che però non sembra corrisponderti (biondo, con i capelli lunghi fino al collo)...Può darsi che Panzironi abbia fatto confusione con i giorni: il giorno prima Pasolini era in compagnia di un biondo.Dove ti hanno fermato i carabinieri quella notte?Non mi hanno arrestato davanti alla fontanella di Piazza Gasparri ma davanti al locale Tibidabo.Sei scappato da solo su quella macchina?Sì.Chi era l'uomo che guidava la seconda macchina?Non lo so. Non si vedeva da qui a tre metri. Ho visto invece bene in faccia l'uomo con la barba, assomigliava all'ispettore Camilli della foto (riferimento alla foto de Il Tempo del 4 dicembre 2013, ndr).Dici di non conoscere i due picchiatori ma hai fatto i nomi dei fratelli Borsellino quando erano già morti, sarà così anche per i due picchiatori?Non dirò mai nulla.I Borsellino quando sono andati via: prima o dopo di te?Non li vedevo perché erano lontani, non so nemmeno se hanno partecipato anche loro al pestaggio. Ma sono arrivati dopo, con la moto.Riprende poi dal mazzo dei ricordi: Un massacro orrendo che ho potuto rivivere interamente solo durante le riprese del film di Federico Bruno, (film diretto e prodotto da Bruno: Pasolini. La Verità nascosta, ndr) Mi ha fatto impressione vedere Alberto (Testone l'attore che interpreta il poeta e saggista, ndr) con tutto il sangue addosso... Quella sera gridava mamma mi stanno ammazzando.Perché eravate lì?Per recuperare le pizze del film Salò o Le 120 giornate di Sodoma: Pasolini ci teneva molto, erano gli originali e voleva proprio quelle.Chi ti ha detto che era per le bobine l'incontro?I Borsellino.E a loro chi lo ha detto?Non lo so, quando fai certe cose non chiedi niente. Dovevo guadagnare due lire per portarlo lì ma non sapevo cosa sarebbe successo dopo, non sapevo dell'agguato. I suoi amici lo hanno usato, come Citti, l'ho scritto nel mio libro (Io so... come hanno ucciso Pasolini. - Storia di un'amicizia e di un omicidio, Vertigo 2011).Non lo avete usato un po' tutti lì in borgata?No, io c'ho solo rimesso famiglia, vita tutto.In una recente intervista hai fatto riferimento a un uomo politico dicendo: «Chi indaga dovrebbe andare a citofonare a certe persone, come a casa di quel politico lì... quello famoso». Un politico del presente o del passato?Una dichiarazione mal interpretata non mi riferivo a un politico in particolare. Anche se fosse così non lo direi, non dirò più nulla. Poi il riferimento era se mai a tutta quella classe politica a lui vicina che non si muove davvero per scoprire chi lo ammazzò.Chi sono gli intoccabili di cui parli più volte?Qualcuno è morto, qualcuno è vivo.Secondo la tua esperienza, per com'erano le cose in quegli anni, cosa significava pestare quasi a morte qualcuno?Una punizione, una tortura... forse per qualcosa che lui aveva scritto sui giornali causando danni a qualcuno. Bisognerebbe capire chi c'era oltre, qual era l'altro livello.***INTERVISTA ESCLUSIVA DI FQ A PINO PELOSI: "FORSE SONO STATO ARRESTATO SU UN AUTO CHE NON ERA DI PASOLINI" Di Martina Di Matteo il 3 dicembre 2014 http://www.futuroquotidiano.com/intervista-esclusiva-di-fq-pino-pelosi-forse-sono-stato-arrestato-su-un-auto-che-non-era-di-pasolini/#.VLDlXAmQwy4.blogger "Forse sono stato arrestato sull'altra auto, la macchina uguale a quella di Pier Paolo Pasolini". E' in un'intervista esclusiva a FUTURO QUOTIDIANO che Pino Pelosi, unico condannato per l'omicidio di Pier Paolo Pasolini, e ascoltato lunedì dal pubblico ministero Francesco Minisci titolare della nuova inchiesta sul caso, apre uno nuovo squarcio di verità sull'assassinio dello scrittore. La dichiarazione di Pelosi potrebbe riscrivere l'intera storia dell'omicidio Pasolini. Non solo perché per la prima volta davanti a un Pubblico Ministero ammette la presenza di una seconda automobile sul luogo del delitto, uguale a quella di Pier Paolo Pasolini, ma anche perché dichiara che quella notte potrebbe non essere stato arrestato sull'Alfa GT 2000 di proprietà del poeta, così come vuole la storia e com'è scritto nei verbali.Pelosi quali sono i nuovi elementi raccolti nelle sue dichiarazioni al Pubblico Ministero?La presenza di altre due automobili, oltre a quella di Pasolini, una delle quali era un'altra Alfa GT 2000, uguale a quella sua.È l'unica novità?No, ho detto al pm che so che l'auto di Pasolini venne ritrovata abbandonata alle tre di notte in via Tiburtina, questa cosa venne dichiarata dalla cugina, Graziella Chiarcossi.Queste informazioni le ha apprese direttamente?No, sono venuto a saperlo da altre fonti.Ma se l'auto di Pier Paolo Pasolini venne effettivamente ritrovata abbandonata alle tre di notte in via Tiburtina, lei dov'è che sarebbe stato arrestato? (Secondo i verbali del tempo Pelosi venne arrestato mentre sfrecciava contromano lungo il Litorale di Ostia sull'auto di Pasolini ndr)Potrei anche essere scappato sull'altra auto, quella uguale a quella di Pasolini, era notte, non si vedeva niente, non ho guardato le targhe, ho preso la macchina e sono scappato.Sugli indumenti di Pasolini, e anche sui suoi, sono state ritrovate tre tracce di Dna mai riscontrate fino a oggi. Che spero si arrivi alla verità questa volta.Pino Pelosi probabilmente non ha ucciso lo scrittore quella sera. E' plausibile ormai che Pelosi non sia stato l'assassino di Pier Paolo Pasolini ma un complice omertoso. Il suo silenzio e le sue molteplici versione dei fatti negli anni hanno infatti garantito fino ad oggi l'impunità ai reali esecutori di quel terribile assassinio. Giudiziariamente il "ragazzo di vita" è ancora l'unico responsabile di quella morte, nonostante un'altra inchiesta sia stata aperta e chiusa, nel 2005, che all'epoca avesse 17 anni, e che già nella sentenza di primo grado si fosse dato per certo che, seppure Pelosi fosse responsabile dell'uccisione di Pasolini, lo sarebbe stato in concorso con ignoti (il concorso con ignoti scomparve poi nella sentenza di Cassazione ndr). La dichiarazione di Pelosi, che ammette la possibilità di non essere stato arrestato a bordo dell'auto di Pasolini, è importante. E lo è perché la sua testimonianza ne incrocia altre, altrettanto importanti. Sergio Citti, regista e intimo amico di Pier Paolo Pasolini, infatti, il 30 maggio del 2005 dichiarò all'avvocato Guido Calvi di essere a conoscenza, per averlo appreso da Graziella Chiarcossi, cugina di Pasolini, che l'Alfa GT venne, effettivamente, ritrovata abbandonata alle tre di notte in via Tiburtina.Non solo, esiste anche un altro testimone, ascoltato da chi scrive e da Simona Zecchi e riportato poi nell'inchiesta sull'omicidio Pasolini edita da "I Quaderni dell'Ora"1, che dichiara non solo che Pelosi non venne arrestato a bordo dell'Alfa Gt di Pasolini ma che sulla Tiburtina sarebbe stata abbandonata anche la motocicletta, una Gilera 124, guidata dai fratelli Franco e Giuseppe Borsellino, probabilmente presenti sul luogo del delitto stando alle dichiarazioni di Pelosi e del maresciallo dei Carabinieri, Renzo Sansone, che nel 1976, sotto copertura, scoprì, per una confidenza ricevuta direttamente dai due fratelli, che questi avrebbero preso parte all'omicidio. Stando a tali dichiarazioni è verosimile che chi avrebbe partecipato all'atroce esecuzione dell'Idroscalo avrebbe lasciato nello stesso luogo i due veicoli. Così come è verosimile che, qualora tali elementi venissero confermati nell'ambito della nuova indagine, la verità sulla morte di Pier Paolo Pasolini sarebbe da riscrivere già da quella notte, da quei verbali che fornirono una delle principali prove di colpevolezza di Pino Pelosi e che ancora oggi custodiscono l'unica verità concessa. L'unica verità possibile.Martina Di Matteo***Pierluigi Concutelli - Frammenti neri sul Massacro Pasolini del 21 dicembre 2014 - Il Fatto Quotidiano5 gennaio 2015 alle ore 16.24di Simona ZecchiÈ la mattina presto del 2 dicembre, il giorno in cui Roma si sveglia Capitale della mafia. Il maxi blitz disposto dalla procura tra 70 indagati e decine di arresti è solo l'inizio dell'avanzare della marea nera che dal "mondo di sotto" ha invaso il "Palazzo", il "mondo di sopra" procedendo in simbiosi. Pierluigi Concutelli, rilasciato agli arresti domiciliari nel 2011 dalla Procura di Roma per motivi di salute, non è più un "comandante" militare ma nemmeno uno qualunque. Una vita da "rivoluzionario", cosi ha sempre affermato, tenendo tuttavia dentro di sé i nodi che hanno visto saldare tra loro eversione nera, violenza - dall'omicidio del giudice Occorsio a quello dei militanti neofascisti Ermanno Buzzi e Carmine Palladino, - e potere politico negli anni di piombo e della strategia della tensione.Lo incontriamo nell'appartamento in cui abita attualmente a Roma. (Per anni Concutelli è stato ospite a Ostia - per i postumi di un'ischemia - di quello che lui chiama 'angelo custode': Emanuele Macchi Di Cellere ex capo del movimento rivoluzionario popolare arrestato pochi giorni fa per l'omicidio di Silvio Fanella)"Mi sto lavando". Aspettiamo e ci fa entrare in salotto. Libri, tanti e immagini, simboli, soprattutto uno, quello del Duce raffigurato in una grande immagine, immancabile. Sul tavolino di fronte alla poltrona sulla quale si siede prima dell'inizio di questa conversazione c'è Correndo attraverso Pechino di un giovane scrittore Xu Zechen, la storia di chi vive ai margini della società e cerca di sopravvivere giorno per giorno. L'intervista inizia dopo un po' di tempo, lento, come quello vissuto ora dall'ex comandante: prima il caffè in cucina, poi la sigaretta e le attenzioni per Moustafà il gatto che gli fa compagnia da due anni. A Concutelli parliamo di una foto, poco o nulla nota tra le tante che da anni girano sul corpo martoriato di Pasolini, assassinato all'Idroscalo di Ostia la notte tra il 1 e il 2 novembre 1975. Uscì sul numero 6 de L'Espresso, nel febbraio 1979, insieme ad altre sottratte all'obitorio, a pochi mesi dall'ultima udienza del processo di Cassazione che doveva vibrare l'ultimo giudizio verso l'unico imputato per l'omicidio dello scrittore, Pino Pelosi. Il titolo "Massacro di un poeta" già incideva sui dubbi riguardo alla tesi dell'unico assassino, dubbi che oggi più che mai a distanza di 39 anni dalla morte sono riemersi nell'ultima inchiesta aperta dalla procura di Roma sul caso, con una nuova ricostruzione, che include due nuovi sospettati e tre tracce di Dna da verificare. La foto ritrae di schiena Pasolini: sulla pelle si vedono chiaramente dei segni circolari, tondeggianti che hanno lasciato delle lacerazioni in alcuni punti.Quei segni tondeggianti non possono essere non possono essere stati causati da un bastone e una tavoletta di legno, sembrano essere stati provocati da un qualcosa di più pesante (come anche la prima perizia di parte aveva rilevato, ndr)...Sì, tondini di ferro.La foto è molto chiara anche se stranamente fino a oggi questa foto non è mai entrata nelle analisi delle ricostruzioni giudiziarie o di altro tipo.Non ha mai interessato gli inquirenti...Secondo alcune evidenze, Pelosi viene usato come esca quella notte e insieme a Pasolini avevano un appuntamento all'idroscalo per recuperare le pizze del film "Salò o le 120 giornate di Sodoma". Oltre alla macchina di Pasolini sul posto arrivano altre due macchine una Fiat 1300 e un'Alfa uguale a quella dello scrittore e una moto. È l'altra Alfa che l'ha sormontato e finito dopo che lo hanno riempito di botte. È plausibile. Pestano, lo pestano...Dei picchiatori dell'Msi del Tiburtino, due adulti, mentre l'uomo con la barba teneva Pelosi minacciandolo, hanno prima tirato fuori Pasolini dalla sua macchina e poi lo hanno pestato quasi a morte. Soltanto dopo lo hanno finito passando sopra il suo corpo più e più volte.Sono sue ricostruzioni "basate su asserzioni di non precisati testimoni" (lo scrive sul foglio pieno di sue note che riempie mentre parliamo, ndr). Io non posso dire ciò che non ho constatato con i miei occhi anche se la storia che mi racconta è plausibile, come le ho detto. Ero all'estero non ero a Roma.Lei era a Roma in quei giorni, qualcuno le portò della frutta, un ragazzo gliela consegnò. Lui non risponde ma quella testimonianza esiste. La riferisce un abitante di Monteverde Nuovo che divenne poi consigliere del municipio XII, il quartiere in cui visse Pasolini per un po' dal 1956 al '63, gli anni fra l'exploit di "Ragazzi di Vita" e di "Accattone". Il giovane cascherino (così si chiamavano i ragazzi che guadagnavano poche lire per consegnare frutta e alimenti a domicilio a Roma ndr) imparò il valore della letteratura dallo scrittore tra una cassetta e l'altra da consegnare nel palazzo in cui abitava anche la famiglia Bertolucci in via Carini: gli assegnava delle letture e ne discutevano quando possibile. In quella zona fra Piazza San Giovanni di Dio a ridosso di Donna Olimpia, fra borghesia e popolo, abitavano nel '75 anche i fratelli Fioravanti e Alessandro Alibrandi: er Cocomero e Ali Baba, come venivano chiamati Giusva Fioravanti e Alibrandi, in quel periodo. Francesco Bianco anche lui ex Nar raccontò come già Carminati li conoscesse bene. Quei giorni prima e dopo il massacro restano oscuri nella biografia di Pierluigi Concutelli, glielo diciamo. Quel cascherino nei giorni dell'omicidio gli consegnò la frutta e ad aprire la porta andò proprio lui. Nel settembre del 1975 ad Albano Laziale si formalizzò la fusione fra Avanguardia Nazionale e Movimento politico Ordine Nuovo considerato fuori legge al tempo. Gli ricordiamo quella riunione facendogli presente che avvenne poco tempo prima rispetto all'omicidio di Pasolini.Da sempre nelle note biografiche, nel libro scritto con un giornalista e nelle cronache che si riferiscono a quei giorni, quel piccolo lasso di tempo fra la riunione del settembre 75 e la partenza per la Spagna con Stefano Delle Chiaie (1976) resta un buco nero senza storia. Una cosa è certa: non era in carcere. Concutelli continua a non rispondere su questo punto. È uno schema preciso quello usato quella notte. Due macchine, due livelli e una verità messa in bocca a qualcuno, uno schema doppio come quello che ha caratterizzato tanti fatti orrendi di questa Repubblica.Doppio? È una storia plausibile ma le ripeto (scrive sempre sul foglio di carta, ndr) è una cosa non accettabile in Tribunale e priva di solemnitas juridica.Che dice di Giuseppe Mastini, il Johnny lo zingaro amico di Pelosi indicato, seppure senza comprovati riscontri, come possibile complice dell'omicidio Pasolini?Ho conosciuto Mastini. Un teppista, un malato di mente (porta il dito sulla tempia, ndr)Malato? Uno che non ha logiche e agisce cosi tanto per agire?Sì.Ha visto "Salò"? Cosa ne pensa? L'ho visto. Una versione del potere secondo i suoi occhi però.Cos'era per lei Pasolini?Un poeta e basta, non un oracolo.Ordine Nuovo poteva avere interesse a ucciderlo?No!Ma qualcuno le avrà riferito cosa è successo quella notte?Non so io non sono in contatto più con nessuno. Pasolini (scrive ancora Concutelli, ndr) aveva le sue teorie su chi fossero i soggetti rivoluzionari, lui negava tale funzione agli studenti e assegnava un ruolo ai poliziotti. Io non condivido ciò ma lo comprendo. Aveva radici culturali e politiche contadine e un suo concetto di socialismo che non era condiviso dai politici di professione. Io stimavo Pasolini perché ragionava col proprio cervello, non era di nessun partito e aveva del marxismo una sua idea personale (si accerta che scriviamo queste parole sul taccuino e gliele rileggiamo affinché approvi, ndr).In fondo ai due fogli infine, che accetta di consegnare, l'ex comandante appone una nota finale: "Sono ricordi di un vecchio che ha solo ricordi come patrimonio". ***C'è un documento inedito ma ufficiale che salta fuori tra le carte del procedimento di Catanzaro relativo alla strage di Piazza Fontana. Fu acquisito dall'allora giudice istruttore Gianfranco Migliaccio il 12 novembre del 1975, e racconta un'altra storia sulla quale però sembra nessuno abbia mai indagato. Abbiamo chiesto all'ex giudice se aveva fatto caso a questa notizia da lui acquisita ma Migliaccio afferma che in quel momento il procedimento sulla strage di Piazza Fontana aveva la priorità. È l'8 novembre del 1975 e Giovanni Ventura, ex ordinovista entrato e uscito dai molti processi su Piazza Fontana, risponde al Nucleo Antiterrorismo della questura di Bari sul contenuto di un telegramma da lui ricevuto e riguardante la morte di Pasolini. Nella risposta al Nucleo Antiterrorismo vi è un riferimento a un dialogo che vi sarebbe stato fra lo scrittore e l'ex terrorista. Una lettera che testimonia di quel dialogo esiste, fu pubblicata in una raccolta curata da Nico Naldini nel 1994 ed è datata 24 settembre 1975:Gentile Ventura, proprio due o tre giorni fa ho spedito al Corriere un articolo che finisce affermando l'ineluttabilità del Processo nel caso fossero condotti a termine i famosi processi in corso. Su ciò siamo d'accordo. Quanto al resto, non so. Vorrei che le sue lettere fossero meno lunghe e più chiare. Una cosa è essere ambigui, un'altra è essere equivoci. Insomma, almeno una volta mi dica sì se è sì no se è no. La mia impressione è che lei voglia cancellare dalla sua stessa coscienza un errore che oggi non commetterebbe più. Fatto sta che lei resta sospeso ancora - e ai miei occhi di 'corrispondente' scelto da lei - in quell'atroce penombra dove destra e sinistra si confondono. Si ricordi che la verità ha un suono speciale, e non ha bisogno di essere né intelligente né sovrabbondante (come del resto non è neanche né stupida né scarsa).Suo, Pier Paolo PasoliniL'articolo citato dallo scrittore è quello che poi verrà incluso negli Scritti Corsari e pubblicato il 28 settembre 1975 sul Corriere della Sera dal titolo "Perché il Processo". È una lettera anch'essa come la foto de L'Espresso poco o nulla nota ma produce lo stesso effetto sonoro del ferro usato quella notte di 39 anni fa. CORREGGO QUI UN MIO REFUSO CIRCA LA PUBBLICAZIONE DELL'ARTICOLO A CUI SI RIFERISCE PASOLINI NELLA LETTERA A VENTURA, IL QUALE FU POI PUBBLICATO POSTUMO, COME TUTTA LA RACCOLTA, NON IN "SCRITTI CORSARI" MA IN "LETTERE LUTERANE". ENTRAMBE LE RACCOLTE SONO POSTUME E DI POCO SUCCESSIVE LA MORTE DELLO SCRITTORE. IN "LETTERE LUTERANE" E' CONTENUTA TUTTA "LA SERIE SUL PROCESSO". NESSUNO SI E' ACCORTO DEL REFUSO E LO FACCIO IO ORA PERCHE' SEPPURE UN DETTAGLIO CHE SEMBRA PER POCHI, DI FALSI STORICI SUL SUO PENSIERO VE NE SONO GIA' MOLTI.1 http://www.futuroquotidiano.com/da-quaderni-dellora-la-notte-dellidroscalo/