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PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE

Post n°2 pubblicato il 05 Ottobre 2008 da giampaolodoga

Le malattie cardiovascolari riconoscono un’eziologia multifattoriale, cioè più fattori di rischio (età, sesso, pressione arteriosa, abitudine al fumo di sigaretta, diabete, colesterolemia) contribuiscono contemporaneamente al loro sviluppo. I fattori di rischio sono caratteristiche che, se presenti in un soggetto sano, aumentano la probabilità di insorgenza della malattia. I fattori di rischio sono stati individuati ed è stata dimostrata la reversibilità del rischio, pertanto la malattia cardiovascolare è oggi prevenibile: di infarto e di ictus si può non ammalare e si deve non ammalare.

 

I fattori di rischio cardiovascolare si dividono in modificabili (attraverso cambiamenti dello stile di vita o mediante assunzione di farmaci) e non modificabili.

 

I fattori di rischio non modificabili sono:

  • età: il rischio aumenta progressivamente con l'avanzare dell'età
  • sesso maschile: gli uomini sono più a rischio delle donne. Nella donna il rischio aumenta sensibilmente dopo la menopausa
  • familiarità: parenti con eventi cardiovascolari in età giovanile (meno di 55 anni negli uomini e di 65 nelle donne).

I fattori di rischio modificabili sono:

 

Fumo. La nicotina accelera il battito cardiaco e fa aumentare la pressione arteriosa. Il monossido di carbonio diminuisce la quantità di ossigeno, vitale per il cuore, presente nel sangue e favorisce lo sviluppo dell’aterosclerosi.

 

Ipertensione (pressione arteriosa elevata). Una pressione arteriosa elevata costringe il cuore a un superlavoro e accelera la formazione di aterosclerosi nelle pareti delle arterie.

 

Colesterolemia totale elevata. Il colesterolo, una sostanza normalmente presente nell’organismo, può trovarsi in quantità eccessive nel sangue a causa di un’alimentazione ricca di grassi (specialmente di origine animale) e di colesterolo o, più raramente, a causa di una predisposizione genetica. Maggiore è la sua quantità,  più alto è il rischio che si depositi nelle pareti delle arterie.

 

Bassa HDL-colesterolemia. La HDL-colesterolemia è una lipoproteina utile per rimuovere la colesterolemia in eccesso; minore è la sua quantità, maggiore è il rischio cardiovascolare.

 

Diabete. Il diabete, se non correttamente controllato, può favorire l’aterosclerosi, incrementando il rischio cardiovascolare.

 

Il rischio che ogni persona ha di sviluppare la malattia cardiovascolare dipende dall’entità dei fattori di rischio; il rischio è continuo  e aumenta con l’età, pertanto non esiste un livello a cui il rischio è nullo. Tuttavia, anche in presenza di fattori non modificabili, eliminando o diminuendo quelli modificabili è possibile ridurre il rischio cardiovascolare o mantenerlo a livelli favorevoli.

 

Come?

  • Smettendo di fumare.
    Il fumo, dopo l’età, è il fattore più importante nell’aumento del rischio cardiovascolare. Già dopo pochi anni dall’aver smesso, il rischio cardiovascolare si riduce in modo rilevante.
  • Controllando l’alimentazione.
    Un’alimentazione troppo abbondante o ricca di grassi, specialmente quelli di origine animale, produce un eccesso di colesterolo nel sangue e accelera la formazione di placche aterosclerotiche (depositi di grasso) che ostruiscono le arterie. Un’alimentazione con limitato consumo di grassi di origine animale (come carne, burro, formaggi, latte intero), povera di sodio (contenuto nel sale) e ricca di fibre (verdura, frutta, legumi) contribuisce ad abbassare il livello della colesterolemia e della pressione arteriosa.
  • Svolgendo attività fisica.
    La sedentarietà contribuisce a ridurre l’efficienza del muscolo cardiaco, che si affatica maggiormente per pompare il sangue nelle arterie. Inoltre, senza un’attività fisica regolare le calorie in eccesso si accumulano, favorendo il sovrappeso, lo sviluppo di diabete, l’aumento della pressione arteriosa e della colesterolemia. L’esercizio fisico regolare rafforza il cuore e migliora la circolazione del sangue. Non è necessario fare sport o svolgere attività particolarmente faticose: è sufficiente camminare per 30 minuti al giorno.
  •   Controllando il peso.
    Il peso non ha un’azione diretta sullo sviluppo delle malattie cardiovascolari, ma un eccesso di peso favorisce lo sviluppo di fattori di rischio come ipertensione, colesterolemia elevata e diabete. Il peso, inoltre, è strettamente collegato al tipo di alimentazione e all’attività fisica svolta: il giusto peso, infatti, deriva dal bilanciamento delle calorie introdotte con l’alimentazione e spese con l’attività fisica.

 
 
 

IPERTENSIONE ARTERIOSA

Post n°3 pubblicato il 05 Ottobre 2008 da giampaolodoga

L’ipertensione arteriosa è una patologia complessa che interessa almeno un miliardo di soggetti adulti nel mondo, aumentandone in modo notevole il rischio di sviluppare eventi cardiovascolari maggiori. In Italia oltre 10 milioni di persone ne sono affette; si calcola che nei paesi occidentali circa un terzo degli abitanti sviluppi ipertensione arteriosa nell’arco della propria vita. 

Tuttavia, solo in un paziente iperteso su venti è possibile individuare una causa specifica della malattia. Negli altri casi si parla di ipertensione essenziale: il rialzo della pressione è cioè  provocato da una o più alterazioni dei complessi meccanismi che regolano l'equilibrio dei valori pressori. Le forme secondarie d’ipertensione, invece, molto più rare, sono conseguenza di molteplici patologie a carico di vari organi. Spesso la causa di ipertensione è una malattia del rene, conseguente a precedenti nefriti. Talora sono in gioco malattie dell’apparato endocrino, in particolare  delle ghiandole surrenali, oppure disfunzioni tiroidee. In altri casi ancora, l’ipertensione è causata da restringimenti localizzati delle arterie.


Quindi non se conoscono le cause?  

Nonostante esistano ancora molte ombre sui meccanismi che portano all’aumento della pressione arteriosa, essi dipendono, per la maggior parte dei soggetti, da un intreccio complesso tra fattori ambientali, dietetici e genetici. I principali fattori ambientali che influenzano i valori pressori sono:

  • stress
  • vita sedentaria
  • fumo di tabacco
  • abuso di caffè
  • sovrappeso
  • eccesso di sale con la dieta.

Anche la genetica ha il suo peso: i fattori genetici influenzano le variazioni di pressione arteriosa almeno per il 20-40 per cento, anche se è possibile che l’effetto dei geni possa raggiungere, addirittura, il 70-80 per cento. Il fatto che più membri di una stessa famiglia siano ipertesi costituisce, infatti, la prova del coinvolgimento di fattori genetici nel causarla. Tuttavia, se importanti progressi sono stati compiuti nell’identificazione di fattori genetici di rare forme d’ipertensione, lo studio genetico della forma più comune di ipertensione, quella essenziale, risulta difficile e le ricerche avanzano a piccoli passi. Ciò è dovuto al fatto che le malattie complesse, come ipertensione, diabete, arteriosclerosi e calcolosi renale, sono controllate da più geni. 


Come si misura la pressione arteriosa?

La misurazione si esegue preferibilmente in posizione seduta e a riposo, in ambiente tranquillo, con temperatura confortevole. Il braccio dove si misura la pressione deve essere libero da indumenti (camicie, magliette o pullover non devono stringere il braccio) e deve essere rilassato e appoggiato comodamente su una superficie (tavolo, letto). Il bracciale deve trovarsi circa all’altezza del cuore, per evitare di sotto o sovrastimare i valori pressori, e deve essere adeguato alla dimensione del braccio, cioè deve avvolgerlo completamente per la sua circonferenza e deve coprirlo per almeno i 2/3 della sua lunghezza. Non si dovrebbero assumere bevande contenenti caffeina nell’ora precedente, né si dovrebbe aver fumato da almeno un quarto d’ora. 


In ogni caso è bene ricordare che la pressione arteriosa è soggetta a variazioni “fisiologiche”. Di solito la pressione sistolica aumenta con l’età, quale conseguenza della maggiore rigidità dei vasi arteriosi, e subisce delle variazioni durante la giornata: è più alta al mattino, al risveglio, si riduce lievemente durante la giornata e tende ad aumentare nuovamente verso sera. Durante il sonno, si riduce di almeno il 10 per cento rispetto ai valori diurni. L’assenza del ritmo sonno-veglia (la fisiologica riduzione della pressione durante la notte) è un segno di un aumentato rischio cardiovascolare. La pressione arteriosa aumenta anche durante lo sforzo fisico e spesso come conseguenza di fattori emotivi. Questi ultimi condizionano notevolmente i risultati di una rilevazione. La pressione arteriosa misurata dal medico è spesso più alta di quella rilevata da un’infermiera; all’opposto i valori misurati dal paziente o da un familiare sono in molti casi più bassi. 


A quali complicanze vanno incontro i soggetti ipertesi?

Pur essendo una condizione spesso asintomatica, l'ipertensione nel corso degli anni può provocare un danno ai vasi arteriosi, con ispessimento e depositi di grassi all’interno delle pareti e sviluppo di arteriosclerosi.

Tra le principali complicanze si annoverano:

  • cardiopatia ischemica
  • insufficienza renale
  • disturbi visivi

La mortalità cardiovascolare aumenta esponenzialmente con l’incremento del livello di pressione arteriosa superiore a 130/85 mmHg. Al contrario, una riduzione della pressione con adeguata terapia diminuisce il rischio di morte secondario a malattia cardiovascolare. A tal proposito le linee guida della Società Europea dell’Ipertensione hanno identificato una scala del rischio a seconda che, alla presenza di elevati valori pressori, siano associati altri fattori di rischio (per esempio fumo, ipercolesterolemia, diabete, ecc.). Sulla base di questa gradazione del rischio sono stati identificati precisi valori di pressione da raggiungere, specifici per le diverse situazioni cliniche.

Come curare l'ipertensione?

Obiettivo della cura dell’ipertensione arteriosa è la riduzione dei valori pressori e del rischio di sviluppare una patologia cardiovascolare attraverso provvedimenti igienico-dietetici e farmacologici.

Provvedimenti igienico-dietetici: in presenza di elevati valori pressori è sicuramente importante diminuire l’apporto di sale con la dieta, riducendo la quantità di sale aggiunta durante la preparazione dei cibi ed evitando gli alimenti ad elevato contenuto di sale (insaccati, formaggi stagionati, alimenti conservati). È utile, poi, esercitare in modo regolare un’attività fisica, meglio se di tipo aerobico (ad esempio camminare a passo veloce, andare in bicicletta, nuotare...).

Inoltre il sovrappeso e l’obesità s’intersecano strettamente con l’ipertensione arteriosa. Da un lato queste due condizioni aumentano di per sé i valori pressori, dall’altra aumentano significativamente il rischio cardiovascolare ad essi associato. È fondamentale quindi, in questi casi, ridurre progressivamente il peso, mediante diete bilanciate, meglio se sotto il controllo di uno specialista. Si raccomanda infine di ridurre il consumo di alcolici e di caffè (massimo 1 o 2 tazzine al giorno) e abolire il fumo di sigaretta. Questi provvedimenti hanno effetti vantaggiosi a lungo termine anche su altri fattori di rischio spesso associati all’ipertensione, come l’obesità, l’ipercolesterolemia e il diabete. 


Terapia farmacologica: quando i provvedimenti igienico-dietetici non sono sufficienti ad ottenere un’adeguata riduzione dei valori della pressione, si ricorre all’utilizzo di farmaci antipertensivi. Sono disponibili numerose classi di questi farmaci, che agiscono attraverso diversi meccanismi. In molti casi è impossibile prevedere nel singolo soggetto se un farmaco sia più efficace di un altro prima di averlo provato, se provocherà effetti collaterali, se bisognerà associare più farmaci. Inoltre non sempre è sufficiente un solo farmaco per ottenere un buon controllo pressorio; spesso si deve ricorrere ad una terapia di associazione. In commercio esistono farmaci ACE inibitori, Sartani, Diuretici, Beta bloccanti, Calcio antagonisti, Alfa bloccanti; ovviamente sarà il medico curante a decidere il trattamento più idoneo al singolo caso. La terapia potrà essere anche composta da tre od addirittura quattro farmaci da assumere durante l'arco della giornata per poter mantenere la pressione a livelli accettabili e quindi ridurre  il rischi.Nel video sottostante osserviamo la presenza di una placca emodinamicamente significativa, comportante  una ostruzione o stenosi della a.carotide interna sin. del collo con importante accelerazione di flusso ,la stenosi     e'> del 70% del vaso, velocità di flusso > di 240 cm./sec. La placca in questo caso si definisce tecnicamente instabile in quanto presenta possibilità di rottura,infatti presenta un cuore fibrocalcifico (le macchie bianche), avvolto da un ispessimento molle lipidico che può andare incontro a rottura con gravi conseguenze cerebrovascolari.Il paziente e' stato operato con applicazione di uno stent di cui successivamente vedremo le immagini.

 stesso caso precedente:paziente operato di stenting carotideo con l'inserimento di un tubicino a maglie metalliche che espandendosi a contatto con la temperatura del sangue, provoca lo schiacciamento della placca ed il conseguente miglioramento del flusso di sangue verso il cervello (colore rosso).La placca carotidea può interessare principalmente pazienti diabetici, ipertesi, pazienti con elevati valori di colesterolo, fumatori.

 
 
 

In tema di aneurisma aortico

Post n°6 pubblicato il 03 Febbraio 2011 da giampaolodoga

Per aneurisma si intende una locale ed irreversibile dilatazione dell'aorta il cui diametro e' almeno 1,5 volte superiore a quello del tratto a monte.Un aneurisma e' la perdita acquisita e permanente del parallelismo delle pareti di una arteria,piu' delle volte ha genesi aterosclerotica.Nei pazienti di giovane eta' gli aneurismi sono secondari a traumi, vasculiti ed infezioni. Clinicamente e' possibile osservare  una massa pulsante in sede addominale. L'esame ecografico permette di stabilire l'estensione ed il diametro massimo dell'aneurisma, la presenza di calcificazioni o di trombi al suo interno, nonche' l'entita' e la sede del trombo stesso. L'Ecocolordoppler dimostra flusso vorticoso all'interno dell'aneurisma con alternanza cromatica rosso blu (flusso a bandiera coreana),inoltre ci consente di ottenere informazioni sul vero lume o lume residuo dell'aneurisma, sui contorni interni del lume, (lisci irregolari ulcerati) e sull'eventuale flusso all'interno del trombo parietale che indicherebbe una condizione di instabilita' emodinamica, correlata ad un aumentato rischio di rottura.

Criteri di stabilita' dell'aneurisma

1) distribuzione concentrica del trombo

2) assenza di flusso di ricanalizzazione all'interno del trombo.

3) crescita inferiore a 0.5 cm. ogni 6 mesi.

Criteri di instabilita'

1) distribuzione eccentrica del trombo

2) flusso di ricanalizzazione dentro il trombo parietale

3) crescita maggiore di 0.5 cm. ogni 6 mesi.

Nei casi di trattamento endovascolare l'ecocolordoppler documenta la pervieta' dell'endoprotesi, le complicanze sono rappresentate da leak tipo 1 e 2 (rivascolarizzazione dell'aneurisma escluso dalla protesi), la comparsa di aneurismi post anastomotici.Dopo intervento valutare il calibro massimo della sacca aneurismatica, facendo attenzione agli eventuali aumenti di diametro (endotension).Verificare con il modulo doppler se all'interno del lume aneurismatico escluso, si documenta presenza di flusso. In caso positivo effettuare angio tac.

Aneurisma aortico< 4.0 cm. senza segni di instabilita' ecocolordoppler ogni 12 mesi

aneurisma < 5.5 cm. senza segni di instabilita' ecocolordoppler ogni 6 mesi.

In entrambi i casi precedenti se la crescita supera i 0.5 cm ogni sei mesi (segno di instabilita') consulenza chirurgica.

Aneurisma > 5.5 cm. con criteri di instabilità consulenza chirurgica.  

 E' evidente l'utilità di sottoporre ad un semplice,veloce ed indolore esame ecografico i pazienti che hanno superato i 60 anni, infatti la presenza di un aneurisma e' facilmente dimostrabile e controllabile nel tempo secondo i criteri sovra esposti. Questo screening diventa utile nell'evitare la rottura dell'aneurisma stessoche causa negli Stati Uniti circa 15000 morti ogni anno.

aneurisma sacciforme dell'aorta addominale,presenza do trombo circolare.Aneurisma

 
 
 

prossimamente: arteriopatie periferiche

Post n°7 pubblicato il 05 Febbraio 2011 da giampaolodoga

ovvero quando le arterie non portano sangue alle estremità inferiori

 
 
 
 
 

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Un blog di: giampaolodoga
Data di creazione: 05/10/2008
 

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