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IPERTENSIONE ARTERIOSA

Post n°3 pubblicato il 05 Ottobre 2008 da giampaolodoga

L’ipertensione arteriosa è una patologia complessa che interessa almeno un miliardo di soggetti adulti nel mondo, aumentandone in modo notevole il rischio di sviluppare eventi cardiovascolari maggiori. In Italia oltre 10 milioni di persone ne sono affette; si calcola che nei paesi occidentali circa un terzo degli abitanti sviluppi ipertensione arteriosa nell’arco della propria vita. 

Tuttavia, solo in un paziente iperteso su venti è possibile individuare una causa specifica della malattia. Negli altri casi si parla di ipertensione essenziale: il rialzo della pressione è cioè  provocato da una o più alterazioni dei complessi meccanismi che regolano l'equilibrio dei valori pressori. Le forme secondarie d’ipertensione, invece, molto più rare, sono conseguenza di molteplici patologie a carico di vari organi. Spesso la causa di ipertensione è una malattia del rene, conseguente a precedenti nefriti. Talora sono in gioco malattie dell’apparato endocrino, in particolare  delle ghiandole surrenali, oppure disfunzioni tiroidee. In altri casi ancora, l’ipertensione è causata da restringimenti localizzati delle arterie.


Quindi non se conoscono le cause?  

Nonostante esistano ancora molte ombre sui meccanismi che portano all’aumento della pressione arteriosa, essi dipendono, per la maggior parte dei soggetti, da un intreccio complesso tra fattori ambientali, dietetici e genetici. I principali fattori ambientali che influenzano i valori pressori sono:

  • stress
  • vita sedentaria
  • fumo di tabacco
  • abuso di caffè
  • sovrappeso
  • eccesso di sale con la dieta.

Anche la genetica ha il suo peso: i fattori genetici influenzano le variazioni di pressione arteriosa almeno per il 20-40 per cento, anche se è possibile che l’effetto dei geni possa raggiungere, addirittura, il 70-80 per cento. Il fatto che più membri di una stessa famiglia siano ipertesi costituisce, infatti, la prova del coinvolgimento di fattori genetici nel causarla. Tuttavia, se importanti progressi sono stati compiuti nell’identificazione di fattori genetici di rare forme d’ipertensione, lo studio genetico della forma più comune di ipertensione, quella essenziale, risulta difficile e le ricerche avanzano a piccoli passi. Ciò è dovuto al fatto che le malattie complesse, come ipertensione, diabete, arteriosclerosi e calcolosi renale, sono controllate da più geni. 


Come si misura la pressione arteriosa?

La misurazione si esegue preferibilmente in posizione seduta e a riposo, in ambiente tranquillo, con temperatura confortevole. Il braccio dove si misura la pressione deve essere libero da indumenti (camicie, magliette o pullover non devono stringere il braccio) e deve essere rilassato e appoggiato comodamente su una superficie (tavolo, letto). Il bracciale deve trovarsi circa all’altezza del cuore, per evitare di sotto o sovrastimare i valori pressori, e deve essere adeguato alla dimensione del braccio, cioè deve avvolgerlo completamente per la sua circonferenza e deve coprirlo per almeno i 2/3 della sua lunghezza. Non si dovrebbero assumere bevande contenenti caffeina nell’ora precedente, né si dovrebbe aver fumato da almeno un quarto d’ora. 


In ogni caso è bene ricordare che la pressione arteriosa è soggetta a variazioni “fisiologiche”. Di solito la pressione sistolica aumenta con l’età, quale conseguenza della maggiore rigidità dei vasi arteriosi, e subisce delle variazioni durante la giornata: è più alta al mattino, al risveglio, si riduce lievemente durante la giornata e tende ad aumentare nuovamente verso sera. Durante il sonno, si riduce di almeno il 10 per cento rispetto ai valori diurni. L’assenza del ritmo sonno-veglia (la fisiologica riduzione della pressione durante la notte) è un segno di un aumentato rischio cardiovascolare. La pressione arteriosa aumenta anche durante lo sforzo fisico e spesso come conseguenza di fattori emotivi. Questi ultimi condizionano notevolmente i risultati di una rilevazione. La pressione arteriosa misurata dal medico è spesso più alta di quella rilevata da un’infermiera; all’opposto i valori misurati dal paziente o da un familiare sono in molti casi più bassi. 


A quali complicanze vanno incontro i soggetti ipertesi?

Pur essendo una condizione spesso asintomatica, l'ipertensione nel corso degli anni può provocare un danno ai vasi arteriosi, con ispessimento e depositi di grassi all’interno delle pareti e sviluppo di arteriosclerosi.

Tra le principali complicanze si annoverano:

  • cardiopatia ischemica
  • insufficienza renale
  • disturbi visivi

La mortalità cardiovascolare aumenta esponenzialmente con l’incremento del livello di pressione arteriosa superiore a 130/85 mmHg. Al contrario, una riduzione della pressione con adeguata terapia diminuisce il rischio di morte secondario a malattia cardiovascolare. A tal proposito le linee guida della Società Europea dell’Ipertensione hanno identificato una scala del rischio a seconda che, alla presenza di elevati valori pressori, siano associati altri fattori di rischio (per esempio fumo, ipercolesterolemia, diabete, ecc.). Sulla base di questa gradazione del rischio sono stati identificati precisi valori di pressione da raggiungere, specifici per le diverse situazioni cliniche.

Come curare l'ipertensione?

Obiettivo della cura dell’ipertensione arteriosa è la riduzione dei valori pressori e del rischio di sviluppare una patologia cardiovascolare attraverso provvedimenti igienico-dietetici e farmacologici.

Provvedimenti igienico-dietetici: in presenza di elevati valori pressori è sicuramente importante diminuire l’apporto di sale con la dieta, riducendo la quantità di sale aggiunta durante la preparazione dei cibi ed evitando gli alimenti ad elevato contenuto di sale (insaccati, formaggi stagionati, alimenti conservati). È utile, poi, esercitare in modo regolare un’attività fisica, meglio se di tipo aerobico (ad esempio camminare a passo veloce, andare in bicicletta, nuotare...).

Inoltre il sovrappeso e l’obesità s’intersecano strettamente con l’ipertensione arteriosa. Da un lato queste due condizioni aumentano di per sé i valori pressori, dall’altra aumentano significativamente il rischio cardiovascolare ad essi associato. È fondamentale quindi, in questi casi, ridurre progressivamente il peso, mediante diete bilanciate, meglio se sotto il controllo di uno specialista. Si raccomanda infine di ridurre il consumo di alcolici e di caffè (massimo 1 o 2 tazzine al giorno) e abolire il fumo di sigaretta. Questi provvedimenti hanno effetti vantaggiosi a lungo termine anche su altri fattori di rischio spesso associati all’ipertensione, come l’obesità, l’ipercolesterolemia e il diabete. 


Terapia farmacologica: quando i provvedimenti igienico-dietetici non sono sufficienti ad ottenere un’adeguata riduzione dei valori della pressione, si ricorre all’utilizzo di farmaci antipertensivi. Sono disponibili numerose classi di questi farmaci, che agiscono attraverso diversi meccanismi. In molti casi è impossibile prevedere nel singolo soggetto se un farmaco sia più efficace di un altro prima di averlo provato, se provocherà effetti collaterali, se bisognerà associare più farmaci. Inoltre non sempre è sufficiente un solo farmaco per ottenere un buon controllo pressorio; spesso si deve ricorrere ad una terapia di associazione. In commercio esistono farmaci ACE inibitori, Sartani, Diuretici, Beta bloccanti, Calcio antagonisti, Alfa bloccanti; ovviamente sarà il medico curante a decidere il trattamento più idoneo al singolo caso. La terapia potrà essere anche composta da tre od addirittura quattro farmaci da assumere durante l'arco della giornata per poter mantenere la pressione a livelli accettabili e quindi ridurre  il rischi.Nel video sottostante osserviamo la presenza di una placca emodinamicamente significativa, comportante  una ostruzione o stenosi della a.carotide interna sin. del collo con importante accelerazione di flusso ,la stenosi     e'> del 70% del vaso, velocità di flusso > di 240 cm./sec. La placca in questo caso si definisce tecnicamente instabile in quanto presenta possibilità di rottura,infatti presenta un cuore fibrocalcifico (le macchie bianche), avvolto da un ispessimento molle lipidico che può andare incontro a rottura con gravi conseguenze cerebrovascolari.Il paziente e' stato operato con applicazione di uno stent di cui successivamente vedremo le immagini.

 stesso caso precedente:paziente operato di stenting carotideo con l'inserimento di un tubicino a maglie metalliche che espandendosi a contatto con la temperatura del sangue, provoca lo schiacciamento della placca ed il conseguente miglioramento del flusso di sangue verso il cervello (colore rosso).La placca carotidea può interessare principalmente pazienti diabetici, ipertesi, pazienti con elevati valori di colesterolo, fumatori.

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