sogni incurabili

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“Per sentito dire”. Infida locuzione che ha ormai invaso non solo il nostro linguaggio ma anche il nostro pensiero, infilandosi con assoluta noncuranza in tutte le nostre conversazioni. Abbiamo sentito dire di tutto. Dalle offerte straordinarie che fanno al nuovo supermercato al fatto che il marito della nostra vicina di casa le piazza le corna con la colf, dall’improvviso trasferimento del parroco ai debiti di gioco che hanno rovinato il tal famoso personaggio. Tutti abbiamo sentito dire di tutto, ma nessuno ha mai detto, visto, ascoltato con le proprie orecchie. Siamo un paese di telecomunicatori terrorizzati dal silenzio , stiamo tremendamente male se non troviamo qualcosa da dire e qualcuno a cui dirlo, e mal che vada, non abbiamo nemmeno la possibilità di farci bombardare d’informazioni, ma a quanto pare, al punto, tritiamo e ritritiamo sempre le stesse cose attraverso il versatile passatutto del “sentito dire”. Non c’è che dire, e mi si scusi il gioco di parole, ma non abbiamo proprio nulla da dire. Al di là di nascite, morti, matrimoni di parentela e successi scolastici dei nostri figli, abbiamo ben poco da comunicare fermamente. La maggior parte delle altre informazioni è un continuo “sentito dire”, spesso anche quando non lo è, perché un “sentito dire” ha l’aria di un comodo cuscinetto posto lì tra l’affermazione e la reazione altrui, e rinunciarvi diventa oneroso anche quando la verità sarebbe ben più a portata di mano. “Ambasciator non porta pena” recita l’antico proverbio, e tutti vogliamo essere ambasciatori. Per quanto riguarda i pochi promotori, di un’idea, di un informazione, di un punto di vista o di un modo di essere, noi, massa, “abbiamo sentito dire che” … e via giù a smontare ogni possibile individualismo di successo che, in un modo o nell’altro disturba la quiete qualunquista che ci siamo costruiti per proteggerci dall’onere di avere un’idea e portarla avanti. Meglio scaricare questo peso e tutte le critiche che ne deriveranno ( e che, naturalmente, presto sentiremo dire ) su qualcun altro. E chi ha la faccia tosta di esprimersi per se stesso, e con successo, ne paghi il fio. Lo sappiamo no? I politici sono tutti corrotti, le donne di spettacolo sono tutte zoccole, gli uomini che curano molto l’aspetto fisico tutti gay, gli imprenditori tutti imbroglioni, quelli del sud che hanno successo tutti mafiosi, i ragazzi che si tingono i capelli di blu, di giallo o di fucsia, tutti drogati. Così abbiamo “sentito dire” e così dev’essere perché chi sfugge all’omologazione più banalista, non sente dire e non da credito a chi lo fa, ma pensa e parla invece, ( e dice e fa quel che gli pare) anche se non danneggia nessuno si candida di diritto a essere il prossimo bersaglio. Ma facciamo tutti i bravi, noi che sentiamo dire e ci indigniamo. Noi lavoriamo e gli altri fanno i soldi, noi tiriamo su figli con sacrifici e gli altri fanno la bella vita, noi paghiamo le tasse e gli altri fanno debiti, noi studiamo una vita intera e poi vanno avanti i raccomandati. Noi preferiamo rimanere al sicuro dentro tutti questi luoghi comuni, piuttosto che darci da fare a raccomandare noi stessi. Abbiamo sempre vissuto calmi e tranquilli, casa e famiglia, senza troppe pretese, senza correre mai troppi rischi, e un giorno ci  sloghiamo pure la caviglia sul gradino di casa mentre quegli sciagurati che hanno mollato tutto per fare gli anarchici dell’esistenza e salire e scendere da tutti quegli aerei in giro per il mondo … a loro va sempre tutto bene. Eh … ma tanto lo sappiamo, come vivono e cosa hanno per la testa questi qui. Lo abbiamo sentito dire. E formiamo i nostri crocchi, le nostre congreghe di brave e indignate persone, ci consoliamo e ci sfoghiamo a vicenda, contro questi mascalzoni che si sono permessi di volere una vita diversa e più eccitante della nostra. Così è che, in questo triste mondo, anche quando si rincorre il mito e si esalta il valore del “comune sentire”, spesso questo non sia ridotto ad altro che ad un mero, e solitamente diffamatorio, “sentito dire”.