senza età

XXVI


E perché mai il deserto dovrebbe raccontarloa un estraneo quando sa che noi siamo qui da generazioni? ribatté un altro capo. Perché i miei occhi non si sono ancora abituati al deserto, rispose il ragazzo. E io posso vedere cose che gli occhi troppo abituati non riescono più a vedere. Solo perché io so dell'Anima del Mondo, pensava intanto fra se e se. Ma non disse niente, perché gli arabi non credono a tali cose. L'Oasi è un terreno neutro. Nessuno attacca mai un'Oasi, aggiunse un terzo capo. Io racconto solo ciò che ho visto. Se non volete credermi, non fate nulla. Il silenzio scese nella tenda, seguito subito da un'eccitata conversazione fra i capi tribù. Parlavano in un dialetto arabo che il ragazzo non capiva, ma nel momento in cui egli fece per uscire una guardia gli intimò di non allontanarsi. Il ragazzo cominciò allora ad avere paura: i segnali gli dicevano che c'era qualcosa di sbagliato. Si rammaricò di averne parlato con il cammelliere. All'improvviso, il vecchio che si trovava al centro del semicerchio accennò un sorriso quasi impercettibile e il ragazzo si tranquillizzò. Quell'uomo non aveva preso parte alla discussione e, fino a quel momento, non aveva detto una parola. Ma il ragazzo, che ormai si era abituato al Linguaggio del Mondo, pot‚ sentire una vibrazione di pace attraversare la tenda da un capo all'altro. L'intuito gli diceva che si era comportato correttamente recandosi là. La discussione si concluse. Tutti tacquero e ascoltarono il vecchio. Questi, dunque, si rivolse al ragazzo: ma questa volta il suo viso era freddo e distante. Duemila anni fa, in una terra lontana, scagliarono in un pozzo e vendettero come schiavo un uomo che credeva ai sogni, disse il vecchio. I nostri mercanti lo acquistarono e lo portarono in Egitto. E tutti noi sappiamo che, chi crede nei sogni, sa anche interpretarli. Anche se non sempre riesce a realizzarli, pensò il ragazzo, rammentandosi della vecchia zingara. Per via dei sogni di un faraone, popolati di vacche magre e grasse, quell'uomo liberò l'Egitto dalla fame. Il suo nome era Giuseppe. Era anch'egli straniero in terra straniera, come lo sei tu, e doveva avere più o meno la tua età. Continuava a regnare il silenzio. Gli occhi del vecchio erano sempre freddi. Noi seguiamo sempre la Tradizione. A quell'epoca, la Tradizione salvò l'Egitto dalla fame e lo rese il più ricco fra i popoli. La Tradizione insegna agli uomini come attraversare il deserto e sposare le proprie figlie. La Tradizione dice che l'Oasi è un terreno neutro, perché vi sono Oasi da entrambe leparti, e sono vulnerabili. Mentre il vecchio parlava, nessuno pronunciò una sola parola. Ma la Tradizione dice anche che bisogna credere ai messaggi del deserto. Tutto ciò che noi sappiamo ce l'ha insegnato il deserto. A un cenno del vecchio, tutti gli arabi si alzarono. La riunione stava per concludersi. Furono spenti i narghilè e le guardie si misero sull'attenti. Mentre il ragazzo si accingeva a uscire, il vecchio riprese la parola e aggiunse: Ma le armi non possono allontanarsi dal proprio posto senza provare la battaglia: sono capricciose come il deserto, e se le abituiamo a questo, la prossima volta potrebbero dimostrarsi pigre nello sparare. Se, domani, nessuna di loro sarà stata utilizzata, almeno una verrà usata contro di te. L'oasi era illuminata solo dalla luna piena quando il ragazzo si allontanò. Da lì fino alla sua tenda erano venti minuti a piedi, e lui cominciò a camminare. Era spaventato da tutto quello che era successo. Si era immerso nell'Anima del Mondo, ma il prezzo da pagare era la sua stessa vita. Una scommessa forte. Ma lui aveva scommesso forte fin dal giorno in cui aveva venduto le pecore per seguire la propria Leggenda Personale. E, come diceva il cammelliere, morire l'indomani valeva quanto morire un altro giorno qualsiasi. Ogni giorno era fatto per essere vissuto o per abbandonare il mondo. Tutto dipendeva da una sola parola: Maktub. Continuò a camminare in silenzio. Non era pentito. Se fosse morto l'indomani, ciò sarebbe avvenuto soltanto perché Dio non aveva intenzione di cambiare il futuro. Ma sarebbe morto dopo aver attraversato lo stretto, dopo aver lavorato in un negozio di cristalli, dopo aver conosciuto il silenzio del deserto e gli occhi di Fatima. Aveva vissuto intensamente ogni giorno, fin da quando aveva lasciato la casa, tanto tempo addietro. Se fosse morto l'indomani, i suoi occhi avrebbero almeno visto molte più cose di quante ne avessero viste gli occhi di tanti altri pastori. E di questo il ragazzo era orgoglioso. All'improvviso udì uno scoppio e, sotto l'impatto di un vento che non conosceva, fu scagliato improvvisamente per terra. Il luogo in cui si trovava si riempì di polvere, fin quasi a nascondere la luna. Davanti a lui, un enorme cavallo bianco s'impennò, emettendo un nitrito terrorizzante. Il ragazzo riusciva a stento a vedere ciò che stava accadendo ma, quando la polvere si abbassò, provò un terrore che non aveva mai avvertito prima. Sul cavallo c'era un cavaliere tutto vestito di nero, con un falco sulla spalla sinistra. Portava un turbante e un velo che gli copriva tutto il viso tranne gli occhi. Sembrava il messaggero del deserto, ma la sua presenza era più forte di quella di tanta altra gente che aveva conosciuto nella vita.