senza età

XLII


EPILOGO Adesso non aveva più il suo gregge. Aveva, invece, una pala. Si soffermò a guardare lungamente il cielo. Poi tirò fuori dalla bisaccia una bottiglia di vino e bevve. Si ricordò di quella notte nel deserto, quando aveva guardato le stelle e bevuto un po' di vino insieme all'Alchimista. Pensò a tutta la strada che aveva fatto, e alla strana maniera in cui Dio gli aveva mostrato il tesoro. Se non avesse creduto ai sogni che si ripetevano, non avrebbe incontrato la zingara, n‚ il re, n‚ il rapinatore, n‚... Be', la lista è molto lunga. Ma il cammino era indicato dai segnali, e io non potevo sbagliare, disse fra se e s‚. Si addormentò senza accorgersene e, quando si svegliò, il sole era già alto. Allora cominciò a scavare fra le radici del sicomoro. Vecchio mago, pensava il ragazzo. Tu sapevi tutto. Hai persino lasciato un po' d'oro perché potessi ritornare fino a questa chiesa. Il monaco si è divertito quando mi ha visto tornare con gli abiti a brandelli. Non potevi risparmiarmelo?No, sentì che diceva il vento: Se te lo avessi detto, non avresti visto le Piramidi. Sono molto belle, non trovi? Era la voce dell'Alchimista. Il ragazzo sorrise e continuò a scavare. Mezz'ora dopo, la pala colpì qualcosa di solido. Un'ora dopo il giovane aveva davanti a s‚ un baule pieno di vecchie monete d'oro spagnole. C'erano anche pietre preziose, maschere d'oro adorne di piume bianche e rosse, idoli di pietra incastonati di brillanti: oggetti di una conquista che il paese aveva ormai dimenticato da lungo tempo e che il conquistatore aveva tralasciato di raccontare ai propri figli. Il ragazzo prese dalla bisaccia Urim e Tumim. Aveva usato le due pietre soltanto una volta, una mattina, mentre si trovava in un mercato. La vita e il suo cammino erano stati sempre disseminati di segnali. Conservò Urim e Tumim nel baule pieno d'oro: facevano anch'essi parte del tesoro, perché gli ricordavano un vecchio re che non avrebbe mai più incontrato. La vita è davvero generosa con chi vive la propria Leggenda Personale, pensò il ragazzo. Allora gli sovvenne che doveva recarsi fino a Tarifa e dare un decimo di tutto quanto aveva trovato alla zingara. Come sono furbi, gli zingari, pensò. Forse perché andavano sempre in giro. Ma il vento riprese a soffiare: era il vento di Levante, il vento che veniva dall'Africa. Non portava l'odore del deserto, n‚ la minaccia d'invasione dei Mori.Portava, invece, un profumo che egli conosceva bene e il suono di un bacio: che gli si avvicinò pian piano, pian piano fino a posarsi sulle sue labbra. Il ragazzo sorrise. Era la prima volta che la giovane gli dava un bacio. Fatima, sto arrivando, disse lui. Fine