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XI

Post n°159 pubblicato il 09 Luglio 2009 da camilloiuy

Il ragazzo non sapeva che cosa rispondere. Il vecchio, allora, proseguì: Tu, per me, sei stato una benedizione. E oggi capisco una cosa: qualunque benedizione che non sia accettata, si trasforma in una maledizione. Io non voglio di più dalla vita. E tu mi stai forzando a vedere ricchezze e orizzonti che non ho mai conosciuto. Adesso che li conosco, e che conosco le mie immense possibilità, mi sentirò molto peggio di quanto mi sentissi prima. Perché so che posso avere tutto, ma che non voglio.
Meno male che non ho detto niente al venditore di fiocchi di mais, pensò il ragazzo.
Continuarono a fumare il narghilè per un po' di tempo, mentre il sole si nascondeva. Stavano parlando in arabo, e il ragazzo era soddisfatto di se stesso perché parlava quella lingua. C'era stato un tempo in cui aveva pensato che le pecore avrebbero potuto insegnargli tutto del mondo. Ma le pecore non erano in grado di insegnare l'arabo.
Devono esserci altre cose nel mondo che le pecore non sono in grado di insegnare, pensò il ragazzo, mentre guardava il Mercante in silenzio. Perché loro cercano soltanto acqua e cibo. Penso che non siano loro a insegnare: sono io ad apprendere.
Maktub, disse infine il mercante. Che cosa significa?
Dovresti essere nato arabo per capirlo, rispose lui. Ma la traduzione sarebbe pressappoco come è scritto.
E mentre spegneva le braci del narghilè, disse al ragazzo che poteva cominciare a vendere il tè nei vasi di cristallo. A volte è impossibile trattenere il corso della vita.
Gli uomini risalivano la stradina e arrivavano stanchi. Ma lassù, in cima, c'era un negozio di bellissimi cristalli pieni di rinfrescante tè alla menta. Gli uomini entravano per bere il tè, che veniva servito in recipienti di cristallo.
Mia moglie non ci ha mai pensato, rifletteva uno, e comperava qualcosa, perché quella sera avrebbe avuto ospiti: i suoi invitati sarebbero rimasti colpiti dalla ricchezza delle coppe. Un altro asserì che il tè era sempre più gustoso quando era servito in recipienti di cristallo, perché ne mantenevano meglio l'aroma. Un terzo aggiunse che in Oriente si usava accostare vasi di cristallo e tè per tradizione, per via dei loro poteri magici.
In breve tempo la notizia si diffuse: e molti si spingevano fino in cima a quella salita solo per conoscere il negozio che aveva introdotto qualcosa di nuovo in un commercio tanto antico. Furono aperti altri negozi in cui si serviva il tè in bicchieri di cristallo, ma non si trovavano in cima a unastradina in salita, e perciò erano sempre vuoti.
Ben presto il Mercante dovette assumere altri due impiegati. Cominciò a importare, insieme aicristalli, enormi quantità di tè, che venivano consumate quotidianamente dagli uomini e dalle donne assetati di cose nuove. E così trascorsero sei mesi.
Il ragazzo si svegliò prima del sorgere del sole. Erano passati undici mesi e nove giorni da quando aveva messo piede per la prima volta sul continente africano.
Indossò il suo vestito arabo, di lino bianco, acquistato appositamente per quel giorno. Si mise il fazzoletto sul capo, stringendolo con un anello fatto di pelle di cammello. Calzò i sandali nuovi e scese senza fare rumore.
La città era ancora addormentata. Si preparò un panino al sesamo e sorseggiò il tè caldo nel bicchiere di cristallo. Poi si sedette sulla soglia della porta, fumando da solo il narghilè.
Fumò in silenzio, senza pensare a niente, limitandosi ad ascoltare il rumore costante del vento che, soffiando, portava con s‚ l'odore del deserto. Quando ebbe finito di fumare, infilò la mano in una tasca della bisaccia e si trattenne qualche istante a osservare quello che ne aveva tirato fuori.
Era un grosso mazzo di banconote. Quanto bastava per comprare centoventi pecore, un biglietto di ritorno e una licenza di commercio tra il suo paese e quello in cui si trovava.
Attese pazientemente che il vecchio si svegliasse e aprisse il negozio. Poi andarono a prendersi insieme un altro po' di tè.
Me ne vado via oggi, disse il ragazzo. Ho il denaro che serve per comperare le pecore. E voi ne avete per andare a La Mecca. Il vecchio non aprì bocca.
Chiedo la vostra benedizione, insistette il ragazzo. Voi mi avete aiutato.
Il vecchio continuò a preparare il tè in silenzio. Ma dopo un po' di tempo si rivolse al ragazzo: Sono orgoglioso di te, disse. Hai portato un'anima nel mio negozio di cristalli. Ma sai bene che io non andrò a La Mecca. Come sai che tu non ricomprerai le pecore.
Chi ve lo ha detto? domandò il ragazzo, spaventato.
Maktub, rispose semplicemente il vecchio Mercante di Cristalli.
E gli diede la sua benedizione.
Il ragazzo andò nella sua stanza e radunò quanto possedeva. Erano tre sacche piene. Quando ormai era sul punto di uscire, notò che in un angolo della stanza era rimasta la sua vecchia bisaccia da pastore. Era tutta sgualcita, e stava quasi per dimenticarla. Dentro, c'erano ancora lo stesso libro e la giacca. Quando tirò fuori la giacca, pensando di regalarla a un ragazzo di quella strada, rotolarono per terra le due pietre: Urim e Tumim.
Allora il ragazzo si rammentò del vecchio re, e fu sorpreso nel rendersi conto da quanto tempo non pensava più a lui. Per un anno aveva lavorato senza tregua, pensando soltanto a guadagnare il denaro per non dover tornare in Spagna a testa bassa.
Non desistere mai dai tuoi sogni, gli aveva detto il vecchio re. Segui i segnali.
Il ragazzo raccolse da terra Urim e Tumim, e di nuovo provò quella strana sensazione di avere accanto il re. Aveva lavorato sodo per un anno, e i segnali indicavano che adesso era il momento di partire

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