Creato da camilloiuy il 30/09/2008

senza età

poesia,amore,amicizia

 

 

XXIII

Post n°173 pubblicato il 02 Agosto 2009 da camilloiuy

Il ragazzo guardò le palme dell'oasi. Un tempo faceva il pastore e lì c'erano tante pecore. Fatima era più importante del tesoro.
Anche i guerrieri cercano i loro tesori, proseguì la giovane, come se stesse indovinando il pensiero del ragazzo. E le donne del deserto sono orgogliose dei loro guerrieri. Poi riempì di nuovo la brocca e se ne andò via.
Tutti i giorni il ragazzo si recava al pozzo per aspettare Fatima. Le raccontò del tempo in cui faceva il pastore, del re, del negozio di cristalli. Diventarono amici e, tranne il quarto d'ora che trascorreva insieme a lei, il resto della giornata era per lui infinitamente lungo da passare. Ormai si trovava nell'oasi da quasi un mese quando, un giorno, il Capo della Carovana convocò tutti per una riunione.
Non sappiamo quando la guerra finirà, e non possiamo proseguire il viaggio, disse. I combattimenti potranno durare per lungo tempo, forse per molti anni.
Vi sono guerrieri forti e valorosi da entrambi i lati, e in entrambi gli eserciti è ben vivo l'onore di combattere. Non è una guerra fra buoni e cattivi: è una guerra tra forze che combattono per lo stesso potere. E quando inizia una battaglia di questo genere, si prolunga più delle altre, perché Allah è con tutte e due le parti.
Poi la folla si disperse. Quel pomeriggio, il ragazzo incontrò di nuovo Fatima e le raccontò della riunione.
Il secondo giorno che ci siamo incontrati, disse Fatima, mi hai dichiarato il tuo amore. Poi mi hai insegnato tante cose belle, come il Linguaggio e l'Anima del Mondo. A poco a poco, tutto questo mi ha fatto diventare parte di te.
Il ragazzo ascoltava la voce di lei e gli sembrava più bella del rumore del vento tra le foglie delle palme.
Era da lungo tempo che ti aspettavo qui, presso questo pozzo. Non riesco a rammentare il mio passato, la Tradizione, il modo in cui gli uomini si aspettano che si comportino le donne del deserto.
Fin da bambina sognavo che il deserto mi avrebbe portato il più grande regalo della mia vita. Finalmente questo regalo è arrivato, e sei tu.
Il ragazzo pensò di sfiorarle la mano. Ma Fatima stringeva i manici della brocca.
Mi hai parlato dei tuoi sogni, del vecchio re e del tesoro. Mi hai parlato dei segnali. Perciò non ho paura di nulla, perché sono stati questi segnali a condurti fino a me. E io appartengo al tuo sogno, alla tua Leggenda Personale, come la chiami tu. Perciò desidero che tu prosegua il viaggio verso ciò che cercavi. Se dovrai attendere la fine della guerra, bene. Ma se dovrai partire prima, allora va' verso la tua leggenda. Le dune si trasformano con il vento, ma il deserto rimane sempre uguale. Cos
ì sarà per il nostro amore. Maktub, aggiunse. Se farò parte della tua leggenda, un giorno tornerai.
Dopo quell'incontro con Fatima il ragazzo era triste. Ripensava a tutta la gente che aveva conosciuto. I pastori sposati incontravano grandi difficoltà nel convincere le proprie mogli della necessità di girare per le campagne. L'amore richiedeva la vicinanza della persona amata.
Il giorno dopo ne parlò con Fatima.
Il deserto porta via i nostri uomini e non sempre li restituisce, disse lei. Perciò noi ci adattiamo. E loro entrano a far parte dell'esistenza delle nuvole senza pioggia, degli animali che si nascondono fra i sassi, dell'acqua che sgorga generosa dalla terra. Entrano a far parte di tutto, e diventano l'Anima del Mondo. Alcuni fanno ritorno. E allora tutte le altre donne sono felici, perché un giorno potranno tornare anche gli uomini da loro attesi. Io, prima, guardavo queste donne ene invidiavo la felicità. Adesso avrò anch'io qualcuno da attendere. Sono una donna del deserto, e ne sono
orgogliosa. Desidero che anche il mio uomo possa muoversi libero come il vento che sposta le dune. Desidero anch'io poter vedere il mio uomo nelle nuvole, negli animali e nell'acqua.

 
 
 

XXII

Post n°172 pubblicato il 31 Luglio 2009 da camilloiuy

Infine comparve una giovane che non era vestita di nero. Portava una brocca sulla spalla, e il suo capo era coperto da un velo, ma aveva il viso scoperto. Il ragazzo le si avvicinò per chiederle dell'Alchimista.
In quel momento fu come se il tempo si fermasse, e l'Anima del Mondo sorgesse con tutta la sua forza davanti al ragazzo. Quando guardò gli occhi di lei, un paio di occhi neri, le labbra indecise fra un sorriso e il silenzio, egli comprese la parte più importante e più saggia del Linguaggio che parlava il mondo e che chiunque, sulla terra, era in grado di capire con il proprio cuore. E si chiamava Amore, una cosa più antica degli uomini e persino del deserto, che tuttavia risorgeva sempre con la stessa forza dovunque due sguardi si incrociassero come si incrociarono quei due davanti a un pozzo. Le labbra della giovane, infine, decisero di accennare un sorriso: era un segnale, il segnale che il ragazzo aveva atteso per tanto tempo nel corso della vita, che aveva ricercato nelle pecore e nei libri, nei cristalli e nel silenzio del deserto.
Ed era lì, il linguaggio puro del mondo, senza alcuna spiegazione, perché l'universo non aveva bisogno di spiegazioni per proseguire il proprio cammino nello spazio senza fine. Tutto ciò che il ragazzo capiva in quel momento era che si trovava di fronte alla donna della sua vita e anche lei, senza alcun bisogno di parole, doveva esserne consapevole. Ne era certa più di quanto lo fosse di ogni altra cosa al mondo, anche se i genitori, e i genitori dei genitori, le avevano sempre detto che, prima di sposarsi, bisognava frequentarsi, fidanzarsi, conoscersi, e avere del denaro. Ma, forse, chi
lo affermava non aveva mai conosciuto il linguaggio universale: perché, una volta che vi si penetra, è facile capire come nel mondo esista sempre qualcuno che attende qualcun altro, che ci si trovi in un deserto o in una grande città. E quando questi due esseri si incontrano, e i loro sguardi si incrociano, tutto il passato e tutto il futuro non hanno più alcuna importanza. Esistono solo quel momento e quella straordinaria certezza che tutte le cose sotto il sole sono state scritte dalla stessa Mano: la Mano che risveglia l'Amore e che ha creato un'anima gemella per chiunque lavori, si
riposi e cerchi i propri tesori sotto il sole. Perché, se tutto ciò non esistesse, non avrebbero più alcun senso i sogni dell'umanità. Maktub, pensò il ragazzo.
L'inglese si alzò dal punto in cui era seduto e scosse il ragazzo. Andiamo, chiedilo a lei! Il ragazzo si avvicinò alla giovane, che di nuovo sorrise. E lui ricambiò il sorriso.
Come ti chiami? le domandò. Mi chiamo Fatima, rispose la giovane, con gli occhi rivolti a terra. E’ un nome che portano alcune donne del paese da cui provengo.
E’ il nome della figlia del Profeta, spiegò Fatima. Lo hanno portato fin là i guerrieri.
La dolce giovanetta parlava dei guerrieri con orgoglio. Accanto al ragazzo l'inglese insisteva, e il giovane le chiese dell'uomo che curava tutte le malattie.
E’ un uomo che conosce i segreti del mondo. Parla con i djins del deserto, rispose lei.
I djins erano i demoni. E la giovane indicò il sud, verso il luogo dove abitava quello strano uomo. Poi riempì la brocca e se ne andò. Anche l'inglese si allontanò, in cerca dell'Alchimista. E il ragazzo rimase per lungo tempo seduto accanto al pozzo: avvertiva che, un giorno, il Levante gli aveva lasciato sul viso il profumo di quella donna e lui sapeva di amarla fin da allora, ancor prima di sapere della sua esistenza, e che il suo amore per lei gli avrebbe consentito di trovare tutti i tesori del mondo.
Il giorno seguente il ragazzo tornò al pozzo, ad aspettare Fatima. Con sua sorpresa, vi trovò l'inglese che, per la prima volta, fissava il deserto.
Ho aspettato tutto il pomeriggio e tutta la sera, disse l'inglese. E’ arrivato con le prime stelle e gli ho detto che lo stavo cercando. Allora mi ha domandato se avevo già trasformato il piombo in oro. Gli ho risposto che era proprio ciò che volevo apprendere. Mi ha detto di tentare. Solo questo: tenta.
Il ragazzo rimase in silenzio. L'inglese aveva viaggiato tanto per sentirsi dire quanto già sapeva. A quel punto gli venne in mente che anche lui, per la stessa ragione, aveva dato sei pecore al vecchio re. Allora tentate, disse all'inglese.
E’ quello che farò. E comincerò subito.
L'inglese se ne andò via e, poco dopo, arrivò Fatima per riempire d'acqua la sua brocca. Sono qui per dirti una cosa molto semplice, le disse il ragazzo. Voglio che tu sia mia moglie. Tiamo. La giovane lasciò che l'acqua traboccasse dalla brocca.
Ti aspetterò qui tutti i giorni. Ho attraversato il deserto in cerca di un tesoro che si trova vicino alle Piramidi. La guerra è stata per me una maledizione, ma adesso è una benedizione perché mi fa stare accanto a te.Un giorno la guerra finirà, disse la giovane.

 
 
 

XXI

Post n°171 pubblicato il 29 Luglio 2009 da camilloiuy

Così, dapprima cercarono di trovarlo da soli. Un Alchimista doveva condurre un tipo di vita diverso da quello delle altre persone nell'oasi ed era assai probabile che nella sua tenda ci fosse un forno sempre acceso. Vagarono a lungo, finché si convinsero che l'oasi doveva essere ben più grande di quanto potessero immaginare, e con svariate centinaia di tende.
Abbiamo perduto quasi tutto il giorno, disse l'inglese, sedendosi con il ragazzo vicino a uno dei pozzi dell'oasi.
Forse è meglio chiedere a qualcuno, disse il giovane.
L'inglese, che non voleva manifestare ad altri la propria presenza nell'oasi, rimase a lungo esitante.
Ma finì per accondiscendere e chiese a lui di farlo, perché parlava meglio l'arabo. Il ragazzo si avvicinò a una donna che era appena arrivata al pozzo per riempire d'acqua un otre di pelle di montone.
Buonasera, vorrei sapere dove vive un Alchimista in quest'Oasi, domandò.
La donna gli rispose che non ne aveva mai sentito parlare e si allontanò immediatamente. Ma, prima, avvert ì il ragazzo di non parlare più con le donne vestite di nero, perché erano donne sposate. E lui doveva rispettare la Tradizione.
L'inglese era molto deluso: aveva fatto tutto quel viaggio per niente. Si rattristò anche il ragazzo.
Pure il suo compagno era in cerca della propria Leggenda Personale: e quando qualcuno si comporta in tal modo, tutto l'Universo si impegna affinché questi ottenga ciò che desidera, aveva detto il vecchio re. E il vecchio re non poteva essersi sbagliato.
Non avevo mai sentito parlare, prima, di alchimisti, disse il ragazzo. Altrimenti, cercherei diaiutarvi.
Un bagliore percorse lo sguardo dell'inglese.
Ho capito! Forse qui nessuno sa che cosa sia un alchimista! Allora chiedi dell'uomo che cura tutte le malattie, qui nel villaggio!
Varie donne vestite di nero andarono ad attingere acqua al pozzo, ma il ragazzo non potè interpellarle, malgrado le insistenze dell'inglese. Finalmente si avvicinò un uomo.
Conoscete qualcuno che cura le malattie nel villaggio? domandò il ragazzo.
Allah cura tutte le malattie, rispose l'uomo, visibilmente spaventato dai forestieri. State cercando degli stregoni.
E, dopo aver recitato alcuni versetti del Corano, si allontanò per la sua strada.
Si avvicinò un altro uomo: era più vecchio e portava soltanto un piccolo secchio. Il ragazzo ripeté la domanda.
Perché volete conoscere quest'uomo? ribatté l'arabo con un'altra domanda.
Perché il mio amico è in viaggio da lunghi mesi solo per incontrarlo, spiegò il ragazzo.
Se esiste un uomo del genere nell'oasi, allora dev'essere molto potente, disse il vecchio, dopo avere riflettuto alcuni istanti. Neppure i capi tribù riuscirebbero a vederlo quando ne hanno bisogno. Ma soltanto quando lo decidesse lui. Aspettate la fine della guerra. E poi ripartite con la carovana. Non cercate di penetrare nella vita dell'oasi, concluse, andandosene via.
Ma l'inglese era esultante: si trovavano sulla pista giusta.

 
 
 

XX

Post n°170 pubblicato il 28 Luglio 2009 da camilloiuy

Perché gli uomini vengono affascinati dalla pittura e dalle parole e finiscono per dimenticare il Linguaggio del Mondo.
Appena arrivati, furono tutti condotti immediatamente alla presenza dei capi tribù di El-Faiyum. Il ragazzo non riusciva a credere ai propri occhi: l'oasi non era, come aveva letto una volta in un libro di storia, un semplice pozzo circondato da palme. L'oasi era ben più grande di tanti paesi della Spagna: c'erano trecento pozzi, cinquantamila palme e, qua e là fra gli alberi, un'infinità di tende colorate.
Sembra un paesaggio da Mille e una Notte, disse l'inglese, impaziente di incontrare al più presto l'Alchimista. Furono circondati immediatamente dai bambini, che guardavano curiosamente gli animali, i cammelli e le persone che continuavano ad arrivare. Gli uomini chiedevano loro se avessero vistoqualche combattimento, e le donne si contendevano le stoffe e le pietre portate dai mercanti. Il silenzio del deserto sembrava un sogno lontano: la gente parlava senza sosta, rideva e gridava, come se fosse uscita da un mondo spirituale per ritrovarsi di nuovo fra gli esseri umani. Erano tutti felici econtenti.
Malgrado le precauzioni del giorno prima, il cammelliere spiegò al ragazzo che, nel deserto, le oasi erano sempre considerate un terreno neutro, perché gli abitanti erano per lo più donne e bambini. Ed esistevano oasi sia da una parte che dall'altra: i guerrieri, quindi, andavano a combattere sulle sabbie del deserto e mantenevano le oasi come città dove rifugiarsi.
Il Capo della Carovana radunò tutti con una certa difficoltà e cominciò a dare le istruzioni: si sarebbero fermati lì finché la guerra tra i clan non fosse terminata. Loro erano dei visitatori e, quindi, dovevano condividere le tende con gli abitanti dell'oasi, che avrebbero ceduto loro i posti migliori. Era l'ospitalità dettata dalla Legge. Poi chiese a tutti, comprese le sentinelle, di consegnare le armi agli uomini indicati dai capi delle tribù.
Sono le regole della Guerra, spiegò il Capo della Carovana. In questo modo, le oasi non avrebbero potuto dare rifugio a eserciti o guerrieri.
Con grande sorpresa del ragazzo, l'inglese estrasse dalla giacca una rivoltella e la consegnò all'uomo incaricato di raccogliere le armi.
A che cosa vi serve una rivoltella? gli domandò.
Per imparare ad avere fiducia negli uomini, rispose l'inglese. Era felice di essere giunto finalmente al termine della propria ricerca.
Ma il ragazzo continuava a pensare al tesoro. Quanto più si avvicinava al proprio sogno, tanto più le cose diventavano difficili. Non funzionava più quella che il vecchio re aveva definito come la fortuna del principiante. Quello che valeva adesso, e lui lo sapeva, era la prova della perseveranza e del coraggio di colui che ricerca la propria Leggenda Personale. Perciò lui non poteva affrettarsi, n‚ spazientirsi. Se si fosse comportato in questo modo, avrebbe finito per non vedere i segnali che Dio gli aveva messo sul cammino.
Dio li ha disposti sul mio cammino, pensò il ragazzo, addirittura sorpreso di se stesso. Fino a quel momento aveva creduto che i segnali fossero qualcosa appartenente al mondo: qualcosa come mangiare o dormire, come cercare un amore oppure ottenere un lavoro. Non aveva mai pensato che si potesse trattare di un linguaggio che Dio stava usando per mostrargli quanto doveva fare.
Non essere impaziente, si ripeté il ragazzo. Come ha detto il cammelliere, mangia quando è l'ora di mangiare. E cammina quando è l'ora di camminare.
Il primo giorno dormirono tutti per la grande stanchezza, anche l'inglese. Il ragazzo si era sistemato lontano da lui, in una tenda con altri cinque giovani della sua stessa età. Questi vivevano nel deserto e volevano conoscere le storie delle grandi città.
Il ragazzo parlò loro della propria vita da pastore, e stava per cominciare a raccontare l'esperienza nel negozio di cristalli quando l'inglese entrò nella tenda.
Ti ho cercato tutta la mattina, gli disse, mentre lo trascinava fuori. Ho bisogno che tu mi aiuti a scoprire dove vive l'Alchimista.

 
 
 

XIX

Post n°169 pubblicato il 27 Luglio 2009 da camilloiuy

Il cammelliere, però, non sembrava essere molto preoccupato per la minaccia di guerra.
Sono vivo, disse al ragazzo mentre mangiava un piatto di datteri, nella notte senza fuochi e senzaluna. Mentre mangio, non faccio altro che mangiare. Se stessi camminando, camminerei e basta. Il giorno in cui dovrò combattere, sarà un buon giorno per morire come qualunque altro. Perché io non vivo ne nel mio passato, ne nel mio futuro. Possiedo soltanto il presente, ed è il presente che mi interessa. Se riuscirai a mantenerti sempre nel presente, sarai un uomo felice. Ti accorgerai che nel
deserto esiste la vita, che nel cielo vi sono le stelle, e che i guerrieri combattono perché questo fa parte della razza umana. La vita sarà una festa, un grande banchetto, perché è sempre e soltanto il momento che stiamo vivendo.
Due notti dopo, mentre stava per addormentarsi, il ragazzo guardò in direzione dell'astro che seguivano durante la notte. Gli parve che l'orizzonte fosse un po' basso, perché sopra il deserto vi erano centinaia di stelle. E’ l'oasi, disse il cammelliere. E perché non la raggiungiamo immediatamente? Perché abbiamo bisogno di dormire.
Il ragazzo aprì gli occhi mentre il sole cominciava a sorgere all'orizzonte. Davanti a lui, dove prima, durante la notte, c'erano le piccole stelle, adesso si stendeva una fila interminabile di palme da datteri che ricoprivano tutta quella zona di deserto.
Ce l'abbiamo fatta! esclamò l'inglese, che si era appena svegliato.
Il ragazzo, però, era silenzioso. Aveva imparato il silenzio dal deserto e si beava nel guardare le palme davanti a se. Aveva ancora tanta strada da percorrere per arrivare alle Piramidi e quel mattino, un giorno, sarebbe stato soltanto un ricordo. Ma adesso era il suo presente, la festa di cui aveva parlato il cammelliere, e lui stava cercando di viverlo seguendo gli insegnamenti del proprio passato e i sogni del proprio futuro. Un giorno, quella visione di migliaia di palme sarebbe stata solo un ricordo. Ma per lui in quel momento, significava ombra, acqua, e un rifugio dalla guerra.
Così come il bramito di un cammello poteva trasformarsi in pericolo, una fila di palme poteva significare un miracolo. Il mondo parla tanti linguaggi, pensò il ragazzo.
Quando le ore trascorrono veloci, anche le carovane corrono, pensò l'Alchimista vedendo avvicinarsi all'Oasi centinaia di persone e di animali. La gente gridava appresso ai nuovi arrivati, la polvere occultava il sole del deserto, e i bambini saltellavano eccitati vedendo i forestieri.
L'Alchimista notò che i capi tribù si avvicinavano al Capo Carovana e insieme parlavano lungamente.---------

 
 
 

XVIII

Post n°168 pubblicato il 23 Luglio 2009 da camilloiuy

Tanti e tanti secoli orsono. A quell'epoca la stampa non esisteva, ribatté il ragazzo. Non c'era alcuna possibilità che tutti venissero a conoscenza dell'Alchimia. Perché, allora, questo linguaggio tanto strano, pieno di disegni?
A questo l'inglese non rispose malgrado l'insistenza. Gli disse, invece, che da alcuni giorni prestava attenzione alla carovana, mache non riusciva a scoprire nulla di nuovo. L'unica cosa che aveva notato era che le voci sulla guerra erano sempre più insistenti. Un bel giorno il ragazzo restituì i libri all'inglese.
Allora, hai imparato tante cose? gli domandò questi, pieno di aspettativa. Aveva bisogno di qualcuno con cui poter parlare per distogliersi dalla paura della guerra.
Ho imparato che il mondo possiede un'Anima, e chi riesce a comprendere quest'Anima riuscirà a comprendere il linguaggio delle cose. Ho appreso che tanti alchimisti hanno vissuto la propria Leggenda Personale e hanno finito per scoprire l'Anima del Mondo, la Pietra Filosofale e l'Elisir.
Ma, soprattutto, ho appreso che queste cose sono talmente semplici da poter essere scritte su uno smeraldo.
L'inglese ne rimase deluso: gli anni di studio, i simboli magici, le parole difficili, gli strumenti di
laboratorio... nulla di tutto ciò aveva colpito quel ragazzo. Deve avere un'anima troppo primitiva per poter comprendere tutto ciò, fu la sua conclusione.
Radunò i suoi libri e li rimise nei sacchi caricati sul cammello.
Tornatene alla tua carovana, disse. Neppure lei mi ha insegnato granché.
Il ragazzo se ne tornò, allora, a contemplare il silenzio del deserto e la sabbia sollevata dagli animali. Ognuno ha la propria maniera per apprendere, si ripeteva fra se e se. La sua maniera non è la mia, e la mia non è la sua.
Ma tutti e due siamo in cerca della nostra Leggenda Personale, e per questo io lo rispetto.
La carovana cominciò a viaggiare di giorno e di notte. Giungevano continuamente messaggeri incappucciati e il cammelliere, che era diventato amico del ragazzo, gli spiegò che la guerra fra i clan era cominciata. Sarebbero stati fortunati se fossero riusciti ad arrivare all'oasi.  Il ragazzo, però, era silenzioso. Aveva imparato il silenzio dal deserto e si beava nel guardare le palme davanti a se. Aveva ancora tanta strada da percorrere per arrivare alle Piramidi e quel mattino, un giorno, sarebbe stato soltanto un ricordo. Ma adesso era il suo presente, la festa di cui aveva parlato il cammelliere, e lui stava cercando di viverlo seguendo gli insegnamenti del proprio
passato e i sogni del proprio futuro. Un giorno, quella visione di migliaia di palme sarebbe stata solo un ricordo. Ma per lui in quel momento, significava ombra, acqua, e un rifugio dalla guerra.
Così come il bramito di un cammello poteva trasformarsi in pericolo, una fila di palme poteva significare un miracolo.
Il mondo parla tanti linguaggi, pensò il ragazzo.
Quando le ore trascorrono veloci, anche le carovane corrono, pensò l'Alchimista vedendo avvicinarsi all'Oasi centinaia di persone e di animali. La gente gridava appresso ai nuovi arrivati, la polvere occultava il sole del deserto, e i bambini saltellavano eccitati vedendo i forestieri.
Gli animali erano esausti, e gli uomini sempre più silenziosi. Il silenzio era più terribile durante la notte, quando il semplice bramito di un cammello, che prima non era altro se non il bramito di un cammello, adesso spaventava tutti e poteva essere il segnale di un attacco.

 
 
 

ancora bambini

Post n°167 pubblicato il 22 Luglio 2009 da camilloiuy

Credo che nn abbia bisogno di commenti....

 
 
 

XVII

Post n°166 pubblicato il 21 Luglio 2009 da camilloiuy

E’ questa la magia dei segnali, proseguì il ragazzo. Ho visto come le guide leggono i segnali del deserto e come l'anima della carovana parla con l'anima del deserto.
Dopo un po' di tempo, fu l'inglese a prendere a sua volta la parola.
Bisogna che io presti più attenzione alla carovana, disse infine.
E bisogna che io legga i vostri libri, concluse il ragazzo.
Erano libri strani. Parlavano di mercurio, sale, draghi e re, ma lui non riusciva a capire nulla.
Eppure c'era un'idea che sembrava ripetersi in quasi tutti i libri: tutte le cose erano manifestazioni di una cosa sola.
In un libro scoprì che il testo più importante dell'Alchimia conteneva solo poche righe, ed era stato scritto su un semplice smeraldo.
E' la Tavola di Smeraldo, spiegò l'inglese, orgoglioso di potergli insegnare qualcosa.
E allora, a che scopo tanti libri?
Per intendere queste righe, rispose l'inglese, senza mostrarsi granché convinto di quella sua risposta.
Il libro che attrasse maggiormente l'attenzione del ragazzo raccontava la storia di famosi alchimisti.
Erano uomini che avevano dedicato la vita intera a purificare metalli nei laboratori; credevano che, facendo cuocere un metallo per tanti e tanti anni, questo avrebbe finito per liberarsi di tutte le proprietà individuali e, al suo posto, ne sarebbe emersa soltanto l'Anima del Mondo. Questa, che essi chiamavano Cosa Unica, avrebbe consentito agli alchimisti di comprendere qualsiasi cosa sulla superficie della Terra, perché rappresentava il linguaggio tramite il quale le cose comunicavano fra di
 loro. Gli alchimisti chiamavano questa scoperta la Grande Opera, che era costituita da una parte liquida e da una parte solida.
Ma, per scoprire questo linguaggio, non basta osservare gli uomini e i segnali? domandò il ragazzo. Tu hai la tendenza a semplificare tutto, rispose, irritato, l'inglese. L'Alchimia è un impegno serio e richiede che ogni passo sia seguito esattamente secondo gli insegnamenti dei maestri.
Il ragazzo scoprì, così, che la parte liquida della Grande Opera si definiva Elisir di Lunga Vita, e non solo curava tutte le malattie, ma impediva all'alchimista di invecchiare. La parte solida, invece, era chiamata Pietra Filosofale.
Non è facile scoprire la Pietra Filosofale, spiegò l'inglese. Gli alchimisti trascorrevano lunghi anni nei laboratori, guardando quel fuoco che purificava i metalli. Fissavano il fuoco cos ì a lungo che, a poco a poco, scomparivano dalle loro menti tutte le vanità del mondo. E un bel giorno, poi, scoprivano che la purificazione dei metalli aveva infine purificato anche loro.
Il ragazzo ripensò al Mercante di Cristalli: lui aveva detto che era stato un bene pulire tutti quei vasi, affinché entrambi si liberassero anche dai cattivi pensieri. Era sempre più convinto che l'Alchimia si sarebbe potuta imparare nella vita di tutti i giorni.
Inoltre, soggiunse l'inglese, la Pietra Filosofale possiede una proprietà affascinante: ne basta una piccola scheggia per trasformare in oro grandi quantità di metallo.
Fu questa frase che aument ò l'interesse del ragazzo per l'Alchimia. Egli pensava, infatti, che con un po' di pazienza avrebbe potuto trasformare tutto in oro. Lesse poi la vita di alcuni uomini che avevano raggiunto il loro obiettivo: Helvetius, Elia, Fulcanelli, Geber. Erano storie affascinanti: tutti avevano vissuto fino in fondo la propria Leggenda Personale. Viaggiavano, incontravano saggi, operavano miracoli davanti agli increduli, possedevano la Pietra Filosofale e l'Elisir di Lunga Vita.
Ma poi, quando voleva imparare il procedimento per ottenere la Grande Opera, il ragazzo si ritrovava completamente smarrito: vi erano soltanto disegni, istruzioni in codice e testi oscuri.
Perché parlano in maniera cos ì difficile? domandò una sera all'inglese. Osservò inoltre come l'inglese fosse alquanto annoiato e dimostrasse di sentire la mancanza dei propri libri.
Affinché possano capire soltanto coloro ai quali spetta la responsabilità di comprendere, fu la risposta. Immagina se tutti riuscissero a trasformare il piombo in oro: in breve tempo l'oro non varrebbe più nulla. Soltanto coloro che persistono, soltanto coloro che ricercano a lungo, riescono a realizzare la Grande Opera. E’il motivo per cui mi trovo in mezzo a questo deserto: per incontrare un vero Alchimista, che mi aiuti a decifrare i codici.
Quando sono stati scritti questi libri? domandò il ragazzo.

 
 
 

XVI

Post n°165 pubblicato il 21 Luglio 2009 da camilloiuy

Un giorno la terra cominciò a tremare e il Nilo si alzò oltre il suo argine. Quello che pensavo potesse accadere solo agli altri, finì per capitare a me. I miei vicini ebbero paura di perdere, con l'inondazione, i loro uliveti; mia moglie ebbe timore che i nostri figli fossero trascinati via dalle acque. Ed io ebbi il terrore di vedere distrutto tutto quanto avevo conquistato.
Ma non ci fu nulla da fare. La terra non era più utilizzabile, e io dovetti trovare qualcos'altro per vivere. Oggi faccio il cammelliere. Ma allora capii la parola di Allah: nessuno ha paura dell'ignoto perché chiunque è in grado di conquistare tutto ciò che desidera e gli serve.
Abbiamo paura di perdere soltanto ciò che possediamo, sia esso la nostra vita
L'immenso gruppo di uomini e animali cominciò a procedere più rapidamente.
Non solo si osservava il silenzio durante il giorno, ma anche le notti, quando gli uomini solevano riunirsi per conversare intorno al fuoco, cominciarono a farsi silenziose. Un certo giorno il Capo della Carovana decise che non si potevano più accendere neanche i fuochi, per non richiamare l'attenzione sulla carovana.
I viaggiatori cominciarono a disporre in cerchio gli animali: dormivano tutti insieme nel centro,tentando di proteggersi dal freddo notturno. Il Capo decise poi di circondare il gruppo con sentinelle armate.
Una di quelle notti, l'inglese, che non riusciva a prendere sonno, chiamò il ragazzo. Cominciarono a passeggiare fra le dune intorno all'accampamento. Era una notte di luna piena, e il ragazzo raccontò all'inglese tutta la sua storia.
Questi rimase affascinato dal fatto che il negozio avesse progredito dopo che il giovane aveva cominciato a lavorare lì.
E’ il principio che muove tutte le cose, disse. Nell'Alchimia è chiamato l'Anima del Mondo. Quando desideri qualcosa con tutto il cuore, sei più vicino all'Anima del Mondo, che è sempre una forza positiva.
Aggiunse, poi, che non era soltanto un dono degli uomini: tutte le cose sulla superficie della Terra possedevano un'anima, e non importava che si trattasse di un minerale, di un vegetale, di un animale, o di un semplice pensiero.
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche minuto, guardando la luna e la sabbia bianca.
Ho osservato la carovana avanzare nel deserto, disse infine. La carovana e il deserto parlano la stessa lingua, e perciò lui le consente di attraversarlo. Esamina ogni passo, per vedere se si trovi in sintonia perfetta con se stesso. In tal caso, la carovana raggiungerà l'oasi. Se uno di noi riuscisse ad arrivare fin qui con grande coraggio, ma senza capire questa lingua, morirebbe il primo giorno.
Continuarono a fissare la luna, insieme.

 
 
 

XV

Post n°164 pubblicato il 19 Luglio 2009 da camilloiuy

La carovana cominciò a procedere in direzione di levante. Viaggiavano per tutta la mattinata, si fermavano quando il sole si faceva più forte e di nuovo riprendevano la marcia all'imbrunire. Il ragazzo parlava poco con l'inglese, che trascorreva la maggior parte del tempo assorto nei suoi libri.
Cominciò, allora, a osservare in silenzio la marcia degli animali e degli uomini nel deserto. Adesso era tutto molto diverso dal giorno in cui erano partiti: allora, confusione e grida, pianti e urla di bambini e versi di animali si confondevano con gli ordini nervosi delle guide e dei commercianti.
Nel deserto, però, c'erano soltanto il vento eterno, il silenzio e gli zoccoli degli animali. Anche le guide parlavano poco fra di loro.
Ho già attraversato tante volte queste sabbie, disse una sera un cammelliere. Ma il deserto è tanto grande, gli orizzonti rimangono così lontani da farti sentire piccolo e lasciarti senza parole.
Il ragazzo, pur non avendo mai messo piede prima in un deserto, capì quello che il cammelliere voleva dire. Ogni volta che guardava il mare o il fuoco, anche lui poteva rimanersene per ore intere in silenzio, senza pensare a nulla, immerso nell'immensità e nella forza degli elementi.
Ho imparato con le pecore e ho imparato con i cristalli, pensò. Posso imparare anche con il deserto: mi sembra più vecchio e più saggio.
Il vento non cessava mai. Il ragazzo ripensò al giorno in cui aveva avvertito proprio quel vento, mentre sedeva presso un forte a Tarifa. Forse adesso stava sfiorando lievemente la lana delle sue pecore, ancora in cerca di cibo e di acqua per le campagne dell'Andalusia.
Non sono più le mie pecore, si disse fra se e se, non sentendo alcuna nostalgia. Ormai si saranno abituate a un nuovo pastore e mi avranno dimenticato. Ed è un bene. Chi è abituato a spostarsi, come le pecore, sa che arriva sempre il giorno in cui bisogna partire.
Si ramment ò, poi, della figlia del commerciante, ed ebbe la certezza che ormai doveva essersi sposata. Magari con un venditore di fiocchi di mais, oppure con un pastore che sapesse anche lui leggere e raccontare storie straordinarie. In fondo, non doveva certo essere l'unico, lui. Ma fu colpito da un presentimento: forse stava imparando anche lui questo famoso Linguaggio Universale, che conosce il passato e il presente di tutti gli uomini. Presentimenti, come soleva dire sua madre. Il
ragazzo cominciò a capire che i presentimenti erano come delle rapide immersioni dell'anima in questa corrente universale della vita, dove le storie di tutti gli uomini sono legate intimamente fra di loro, e dove possiamo conoscere tutto, perché tutto è scritto.
Maktub, disse il ragazzo, rammentandosi del Mercante di Cristalli.
Il deserto era una distesa di sabbia e, a volte, di sassi. Quando la carovana arrivava davanti a un
masso, lo aggirava; quando si trovava davanti a una roccia, compiva un lungo giro. Quando la sabbia era troppo sottile per gli zoccoli dei cammelli, si cercava un percorso dove le sabbie fossero più consistenti. Certe volte, il terreno era ricoperto di sale, proprio lì dove un tempo doveva esserci stato un lago. Gli animali allora si lamentavano, e i cammellieri smontavano e li aiutavano a uscirne. Poi si mettevano i carichi sulle spalle, attraversavano la parte traditrice e di nuovo caricavano le bestie. Se una guida si ammalava o moriva, i cammellieri tiravano a sorte e ne
sceglievano una nuova.
Ma tutto ciò accadeva per un'unica ragione: non importava quanti giri dovesse fare, la carovana procedeva sempre in direzione di uno stesso punto. Dopo avere superato gli ostacoli, si volgeva di nuovo verso l'astro che indicava la posizione dell'oasi. Quando, sul fare del giorno, gli uomini lo vedevano brillare nel cielo, sapevano che esso indicava un luogo dove c'erano donne, acqua, datteri e palme. L'unico a non capirlo era l'inglese: passava la maggior parte del tempo immerso nella lettura dei suoi libri.
Anche il ragazzo aveva con se un libro, che aveva tentato di leggere nei primi giorni di viaggio. Ma trovava assai più interessante guardare la carovana e ascoltare il vento. Appena ebbe imparato a conoscere meglio il suo cammello e ad affezionarglisi, buttò via il libro: era un peso inutile, anche se in lui si era creata una sorta di superstizione per cui, ogniqualvolta egli apriva il libro, incontrava qualcuno di importante.
Finì per fare amicizia con il cammelliere che viaggiava sempre al suo fianco. Di notte, quando si fermavano intorno ai fuochi, soleva raccontargli le sue avventure da pastore.
Durante una di queste chiacchierate, il cammelliere cominciò a parlargli della propria vita.
Vivevo in un paese vicino al Cairo, raccontò. Avevo il mio orticello, i miei figli, e una vita che non sarebbe cambiata fino al giorno della morte. Un anno, in cui il raccolto era stato migliore, partimmo tutti per La Mecca, e io compii così l'unico dovere che mi mancava nella vita. Potevo morire in pace, e ne ero felice.

 
 
 

XIV

Post n°163 pubblicato il 18 Luglio 2009 da camilloiuy

Forse è un segnale, disse l'inglese, come se stesse pensando ad alta voce.
Chi vi ha parlato di segnali? L'interesse del ragazzo aumentava di momento in momento.
Nella vita tutte le cose sono segnali, rispose l'inglese, questa volta chiudendo la rivista che stava leggendo.
L'universo è costituito da una lingua che tutti comprendono, ma che ormai si è dimenticata. Io sto cercando questo Linguaggio Universale, e tante altre cose. Sono qui per questo. Perché devo trovare un uomo che conosce questo linguaggio universale. Un Alchimista.
La conversazione fu interrotta dal capo del magazzino. Siete fortunato, disse il grassone arabo. Oggi pomeriggio parte una carovana per El-Faiyum.
Ma io vado in Egitto, disse il ragazzo.
E’ proprio lì che si trova El-Faiyum, aggiunse il padrone. Che razza di arabo siete, voi?
Il ragazzo disse di essere spagnolo e l'inglese mostrò tutta la sua soddisfazione: benché fosse vestito come un arabo, perlomeno quel ragazzo era un europeo.
Lui chiama “fortuna” i segnali, spiegò l'inglese, dopo che il grasso arabo se ne fu andato. Se potessi, scriverei una gigantesca enciclopedia sulle parole 'fortuna' e 'coincidenza'. E’ con queste parole che si scrive il Linguaggio Universale.
Poi commentò con il ragazzo come non fosse stata affatto una coincidenza il fatto che lui lo avesse trovato con Urim e Tumim in mano. Gli domandò se anche lui stesse andando in cerca dell'Alchimista.
Io sono in cerca di un tesoro, rispose il ragazzo, e immediatamente se ne pent ì. Ma l'inglese non parve dargli importanza. In un certo senso, anch'io, aggiunse.
E non so neppure che cosa voglia dire Alchimia, concluse il ragazzo. In quel momento il padrone del magazzino cominciò a chiamarli dal di fuori.
Io sono il Capo della Carovana, disse un uomo dalla barba lunga e dagli occhi scuri. Ho potere di vita e di morte su ogni persona che trasporto. Perché il deserto è una donna capricciosa e a volte fai mpazzire gli uomini.
C'erano quasi duecento persone, e il doppio di animali: cammelli, cavalli, asini, uccelli. L'inglese aveva diverse valigie, piene di libri. C'erano donne, bambini, e vari uomini con la spada alla cintola e lunghi fucili in spalla. Regnava una confusione enorme, e il Capo dovette ripetere più volte le sue parole perché tutti le intendessero.
Vi sono tanti uomini e, nei loro cuori, diversi dei. Ma il mio solo Dio è Allah, e giuro per lui che farò il possibile, e del mio meglio, per vincere ancora una volta il deserto. Adesso desidero che ciascuno di voi giuri per il dio in cui crede, nel profondo del proprio cuore, che mi obbedirà in qualsiasi circostanza. Nel deserto, la disobbedienza significa la morte.
Un mormorio soffocato percorse la folla: stavanogiurando tutti a voce bassa davanti al proprio dio.
Il ragazzo giurò per Gesù Cristo. L'inglese rimase in silenzio. Il mormorio si prolungò oltre il tempo necessario per un semplice giuramento: quella gente stava chiedendo, insieme, protezione al cielo.
Si udì un lungo squillo di tromba e, poi, ciascuno montò sul proprio animale. Il ragazzo e l'inglese avevano comperato due cammelli e vi montarono con una certa difficoltà. Il ragazzo provava una gran pena per il cammello dell'inglese: era carico di pesanti bagagli pieni di libri.
Le coincidenze non esistono, disse l'inglese, tentando di riprendere il discorso che avevano iniziato nel magazzino. E’ stato un amico a portarmi fin qui, perché conosceva un arabo che...Ma la carovana si mise in movimento e divenne impossibile sentire ciò che l'inglese stava dicendo.
Eppure il ragazzo sapeva esattamente di che cosa si trattava, la misteriosa catena che unisce una cosa all'altra, che lo aveva portato a essere pastore, a sognare sempre la stessa cosa, a trovarsi in una città vicina all'Africa, a incontrare nella piazza un re e a essere derubato per conoscere un mercante di cristalli e...
Quanto più ci si avvicina al sogno, tanto più la Leggenda Personale comincia a diventare la vera ragione di vivere, pensò il ragazzo.

 
 
 

XIII

Post n°162 pubblicato il 14 Luglio 2009 da camilloiuy

L'inglese era fuori di se dall'eccitazione. Aveva cancellato immediatamente tutti i suoi impegni, radunato i libri più importanti e adesso era lì, in quel magazzino che sembrava una stalla, mentre all'esterno una carovana immensa si preparava ad attraversare il Sahara. La carovana passava proprio per El-Faiyum.
Devo incontrare questo maledetto Alchimista, pensava l'inglese. E l'odore degli animali gli divenne un po' più tollerabile.
Un giovane arabo, anche lui carico di bagagli, entrò nell'edificio dove si trovava l'inglese e lo salutò.
Io sono sempre vicino a coloro che vivono la propria Leggenda Personale, aveva detto il vecchio re.
Non costava nulla andare fino al magazzino, per riuscire a sapere se le Piramidi fossero davvero così lontane.
L'inglese era seduto all'interno di un edificio che puzzava di animali, di sudore e di polvere. Non si poteva certo definire quel luogo un magazzino: era solo un ricovero per animali. Tutta la mia vita per poi dover capitare in un posto come questo, pensò mentre sfogliava distrattamente una rivista di chimica. Dieci anni di studio mi hanno portato in una stalla.
Verso il deserto, rispose l'inglese, e tornò alla sua lettura. Non aveva voglia di parlare, adesso.
Aveva bisogno di ricordare tutto quanto aveva appreso in dieci anni, perché l'alchimista avrebbe dovuto sottoporlo a qualche tipo di prova.
Il giovane arabo tirò fuori un libro e cominciò a leggere. Il libro era scritto in spagnolo. Meno male, pensò l'inglese, che sapeva parlare spagnolo meglio dell'arabo. Se quel ragazzo fosse andato anche lui fino a El-Faiyum, almeno avrebbe avuto qualcuno con cui parlare se non fosse stato occupato con altre cose più importanti.
Che buffo, pensò il ragazzo mentre tentava ancora una volta di leggere la scena del funerale con cui si apriva il libro. Sono quasi due anni che ho cominciato a leggere questo libro, e non riesco a superare le prime pagine. Benchè non vi fosse alcun re a interromperlo, lui non riusciva a concentrarsi. Era ancora esitante per quanto riguardava la decisione presa. Ma stava cominciando a capire una cosa
 importante: le decisioni erano soltanto l'inizio di qualcosa. Quando si prendeva una decisione, in realtà si cominciava a scivolare in una forte corrente che ti portava verso un luogo mai neppure sognato al momento di decidere.
Aveva davanti a se un europeo, intento anch'egli a leggere un libro. Era un uomo antipatico e lo aveva guardato con disprezzo quando lui era entrato. Magari sarebbero potuti diventare anche buoni amici, ma l'europeo aveva troncato subito la conversazione.
Il ragazzo chiuse il libro. Non voleva fare niente che potesse accomunarlo a quell'europeo. Prese dalla tasca Urim e Tumim e cominciò a giocherellarci.
Lo straniero lanciò un'esclamazione: Urim e Tumim!Il ragazzo, precipitosamente, rimise le pietre in tasca. Non sono in vendita, disse.
Non valgono granché, spiegò l'inglese. Sono cristalli di rocca, nient'altro. Ne esistono a milioni sulla terra, ma per chi se ne intende questi sono Urim e Tumim. Non sapevo che ve ne fossero in questa parte del mondo. E’ il regalo di un re, spiegò il ragazzo.
Lo straniero ammutolì. Poi infilò la mano in tasca e ne trasse, tremando, due pietre uguali. Hai parlato di un re, disse.E voi non credete che i re possano parlare con i pastori, soggiunse il ragazzo, adesso cercando lui di troncare la conversazione.
Al contrario. I pastori sono stati i primi a riconoscere un re che il resto del mondo rifiutò di riconoscere. Quindi, è molto probabile che i re parlino con i pastori.
E concluse, temendo che il ragazzo non capisse:
E’ detto nella Bibbia. In quello stesso libro che mi ha insegnato a riconoscere queste due pietre, Urim e Tumim: due pietre che rappresentavano l'unica forma di divinazione consentita da Dio. Le  portavano i sacerdoti incastonate in un pettorale d'oro.
Il ragazzo si sentì felice di trovarsi in quel magazzino.

 
 
 

XII

Post n°161 pubblicato il 12 Luglio 2009 da camilloiuy

Si trovava ad appena due ore di nave dalle pianure dell'Andalusia, ma c'era un deserto intero fra lui e le Piramidi. Il ragazzo si rese conto che la stessa situazione si poteva considerare in altro modo: in realtà era due ore più vicino al suo tesoro. Anche se, per percorrere quelle due ore, aveva impiegato quasi un anno intero.
Adesso so perché voglio tornare dalle mie pecore: le pecore le conosco già, non danno molto lavoro e possono essere amate. Il deserto, invece, non sose può essere amato, ma è il deserto che nasconde il mio tesoro. Se non riuscirò a scoprirlo, potrò sempre tornare a casa. Ma d'improvviso la vita mi ha dato il denaro sufficiente, e ho tutto il tempo che mi serve: perché no? Provò una gioia immensa in quel momento. Avrebbe sempre potuto ricominciare la sua vita da pastore.
 Avrebbe sempre potuto ricominciare a vendere cristalli. Nel mondo, forse, c'erano molti altri tesori nascosti, ma lui aveva un sogno che si ripeteva, e aveva incontrato un re. Non era una cosa che capita a tutti.
Quando uscì dal bar era contento. Si era ricordato che uno dei fornitori del Mercante trasportava i cristalli in carovane che attraversavano il deserto. Teneva strette in mano Urim e Tumim: grazie a quelle due pietre, adesso si stava incamminando di nuovo verso il suo tesoro.
Io sono sempre vicino a coloro che vivono la propria Leggenda Personale, aveva detto il vecchio re.
Non costava nulla andare fino al magazzino, per riuscire a sapere se le Piramidi fossero davvero così lontane.
L'inglese era seduto all'interno di un edificio che puzzava di animali, di sudore e di polvere. Non si  poteva certo definire quel luogo un magazzino: era solo un ricovero per animali. Tutta la mia vita per poi dover capitare in un posto come questo, pensò mentre sfogliava distrattamente una rivista di chimica. Dieci anni di studio mi hanno portato in una stalla.
Ma bisognava andare avanti. Doveva credere ai segnali. Tutta la sua vita, tutti i suoi studi si erano indirizzati alla ricerca dell'unico linguaggio che parlava l'Universo. Prima si era interessato all'esperanto, poi alle religioni, e infine all'Alchimia. Sapeva parlare l'esperanto, capiva perfettamente le diverse religioni, ma non era ancora un Alchimista. Era riuscito a decifrare cose importanti, è vero. Ma le sue ricerche erano approdate a un punto da cui non riusciva a proseguire oltre. Invano aveva tentato di mettersi in contatto con qualche alchimista. Ma gli alchimisti erano persone strane, che pensavano solo a se stesse, e quasi sempre rifiutavano ogni aiuto. Chissà, forse
avevano scoperto il segreto della Grande Opera,la Pietra Filosofale, e perciò si chiudevano nel silenzio.
Aveva già speso parte della fortuna che il padre gli aveva lasciato, cercando inutilmente la Pietra Filosofale. Aveva frequentato le migliori biblioteche del mondo, e acquistato i libri più importanti e più rari sull'Alchimia. In uno di essi aveva scoperto che, molti anni addietro, un famoso alchimista arabo aveva visitato l'Europa. Dicevano che avesse più di duecento anni, che avesse scoperto la Pietra Filosofale e l'Elisir di Lunga Vita. L'inglese era stato colpito dalla storia. Ma tutto non sarebbe rimasto altro che una leggenda se un amico, di ritorno da una spedizione archeologica nel
deserto, non gli avesse parlato di un arabo dotato di poteri eccezionali.
Vive nell'oasi di El-Faiyum, gli aveva detto l'amico. E la gente dice che ha duecento anni, ed è capace di trasformare qualunque metallo in oro.

 
 
 

XII

Post n°160 pubblicato il 11 Luglio 2009 da camilloiuy

Tornerò a essere esattamente quello che ero prima, pensò il ragazzo. E le pecore non mi hanno insegnato a parlare l'arabo.
Le pecore, tuttavia, gli avevano insegnato una cosa ben più importante: che nel mondo esisteva un linguaggio che tutti capivano, e che il ragazzo aveva utilizzato durante tutto quel periodo per far progredire il negozio. Era il linguaggio dell'entusiasmo, delle cose fatte con amore e con volontà, in cerca di qualcosa che si desiderava o nella quale si credeva. Tangeri non era più una città estranea,
ed egli ebbe la sensazione che, proprio come aveva conquistato quel luogo, avrebbe potuto conquistare il mondo.
Quando desideri una cosa, tutto l'Universo trama affinché tu possa realizzarla, gli aveva detto il vecchio re.
Ma il vecchio re non aveva parlato di rapine, di immensi deserti, di persone che conoscono i propri sogni ma non desiderano realizzarli. Il vecchio re non aveva detto che le Piramidi erano soltanto mucchi di pietre, e che chiunque avrebbe potuto costruirsi un mucchio di pietre nel proprio giardino. E si era dimenticato di dirgli che, una volta ottenuto il denaro per comperare un gregge più grande di quello che si possedeva prima, bisognava acquistarlo.
Il ragazzo prese la bisaccia e la mise insieme agli altri sacchi. Scese le scale: il vecchio stava servendo una coppia di stranieri, mentre altri due clienti giravano per il negozio bevendo il tè in coppe di cristallo. Era un buon movimento per quell'ora del mattino. Dal punto in cui stava, not ò per la prima volta come i capelli del Mercante ricordassero molto quelli del vecchio re. Si rammentò del sorriso di quel venditore di dolci, il primo giorno a Tangeri, quando lui non sapeva dove andare n‚ cosa mangiare. Anche quel sorriso ricordava il vecchio re.
Come se fosse passato da queste parti e avesse lasciato un'i mpronta, pensò. E ciascuno avesse già conosciuto questo re in qualche momento della propria vita. In fin dei conti, ha detto che compariva sempre per chi vive la propria Leggenda Personale.
Se ne andò via senza congedarsi dal Mercante di Cristalli. Non voleva piangere per paura che qualcuno potesse vederlo. Ma avrebbe avuto nostalgia di quel periodo, e di tutte le cose belle che aveva appreso. Adesso aveva più fiducia in se stesso e aveva voglia di conquistare il mondo.
Ma sto avviandomi verso dei campi che già conosco, per badare di nuovo alle pecore. E di questa sua decisione non era più contento. Aveva lavorato un anno intero per realizzare un sogno, e questo sogno, un istante dopo l'altro, andava perdendo di importanza. Forse perché non era il suo sogno.
Magari è meglio essere come il Mercante di Cristalli: non andare mai alla Mecca e vivere del desiderio di conoscerla. Ma teneva in mano Urime Tumim, e le pietre gli davano la forza e la volontà del vecchio re. Per una coincidenza - o per un segnale, pensò il ragazzo - arrivò al bar dov'era entrato il primo giorno. Quel ladro non c'era più, e il padrone gli servì una tazza di tè.
Potrò sempre tornare a fare il pastore, pensò. Ho imparato a governare le pecore, e non dimenticherò mai come sono. Ma forse non mi si presenterà più un'altra occasione per arrivare fino alle Piramidi d'Egitto. Il vecchio aveva un pettorale d'oro, e conosceva la mia storia. Era un re per davvero, un re saggio.

 
 
 

XI

Post n°159 pubblicato il 09 Luglio 2009 da camilloiuy

Il ragazzo non sapeva che cosa rispondere. Il vecchio, allora, proseguì: Tu, per me, sei stato una benedizione. E oggi capisco una cosa: qualunque benedizione che non sia accettata, si trasforma in una maledizione. Io non voglio di più dalla vita. E tu mi stai forzando a vedere ricchezze e orizzonti che non ho mai conosciuto. Adesso che li conosco, e che conosco le mie immense possibilità, mi sentirò molto peggio di quanto mi sentissi prima. Perché so che posso avere tutto, ma che non voglio.
Meno male che non ho detto niente al venditore di fiocchi di mais, pensò il ragazzo.
Continuarono a fumare il narghilè per un po' di tempo, mentre il sole si nascondeva. Stavano parlando in arabo, e il ragazzo era soddisfatto di se stesso perché parlava quella lingua. C'era stato un tempo in cui aveva pensato che le pecore avrebbero potuto insegnargli tutto del mondo. Ma le pecore non erano in grado di insegnare l'arabo.
Devono esserci altre cose nel mondo che le pecore non sono in grado di insegnare, pensò il ragazzo, mentre guardava il Mercante in silenzio. Perché loro cercano soltanto acqua e cibo. Penso che non siano loro a insegnare: sono io ad apprendere.
Maktub, disse infine il mercante. Che cosa significa?
Dovresti essere nato arabo per capirlo, rispose lui. Ma la traduzione sarebbe pressappoco come è scritto.
E mentre spegneva le braci del narghilè, disse al ragazzo che poteva cominciare a vendere il tè nei vasi di cristallo. A volte è impossibile trattenere il corso della vita.
Gli uomini risalivano la stradina e arrivavano stanchi. Ma lassù, in cima, c'era un negozio di bellissimi cristalli pieni di rinfrescante tè alla menta. Gli uomini entravano per bere il tè, che veniva servito in recipienti di cristallo.
Mia moglie non ci ha mai pensato, rifletteva uno, e comperava qualcosa, perché quella sera avrebbe avuto ospiti: i suoi invitati sarebbero rimasti colpiti dalla ricchezza delle coppe. Un altro asserì che il tè era sempre più gustoso quando era servito in recipienti di cristallo, perché ne mantenevano meglio l'aroma. Un terzo aggiunse che in Oriente si usava accostare vasi di cristallo e tè per tradizione, per via dei loro poteri magici.
In breve tempo la notizia si diffuse: e molti si spingevano fino in cima a quella salita solo per conoscere il negozio che aveva introdotto qualcosa di nuovo in un commercio tanto antico. Furono aperti altri negozi in cui si serviva il tè in bicchieri di cristallo, ma non si trovavano in cima a unastradina in salita, e perciò erano sempre vuoti.
Ben presto il Mercante dovette assumere altri due impiegati. Cominciò a importare, insieme aicristalli, enormi quantità di tè, che venivano consumate quotidianamente dagli uomini e dalle donne assetati di cose nuove. E così trascorsero sei mesi.
Il ragazzo si svegliò prima del sorgere del sole. Erano passati undici mesi e nove giorni da quando aveva messo piede per la prima volta sul continente africano.
Indossò il suo vestito arabo, di lino bianco, acquistato appositamente per quel giorno. Si mise il fazzoletto sul capo, stringendolo con un anello fatto di pelle di cammello. Calzò i sandali nuovi e scese senza fare rumore.
La città era ancora addormentata. Si preparò un panino al sesamo e sorseggiò il tè caldo nel bicchiere di cristallo. Poi si sedette sulla soglia della porta, fumando da solo il narghilè.
Fumò in silenzio, senza pensare a niente, limitandosi ad ascoltare il rumore costante del vento che, soffiando, portava con s‚ l'odore del deserto. Quando ebbe finito di fumare, infilò la mano in una tasca della bisaccia e si trattenne qualche istante a osservare quello che ne aveva tirato fuori.
Era un grosso mazzo di banconote. Quanto bastava per comprare centoventi pecore, un biglietto di ritorno e una licenza di commercio tra il suo paese e quello in cui si trovava.
Attese pazientemente che il vecchio si svegliasse e aprisse il negozio. Poi andarono a prendersi insieme un altro po' di tè.
Me ne vado via oggi, disse il ragazzo. Ho il denaro che serve per comperare le pecore. E voi ne avete per andare a La Mecca. Il vecchio non aprì bocca.
Chiedo la vostra benedizione, insistette il ragazzo. Voi mi avete aiutato.
Il vecchio continuò a preparare il tè in silenzio. Ma dopo un po' di tempo si rivolse al ragazzo: Sono orgoglioso di te, disse. Hai portato un'anima nel mio negozio di cristalli. Ma sai bene che io non andrò a La Mecca. Come sai che tu non ricomprerai le pecore.
Chi ve lo ha detto? domandò il ragazzo, spaventato.
Maktub, rispose semplicemente il vecchio Mercante di Cristalli.
E gli diede la sua benedizione.
Il ragazzo andò nella sua stanza e radunò quanto possedeva. Erano tre sacche piene. Quando ormai era sul punto di uscire, notò che in un angolo della stanza era rimasta la sua vecchia bisaccia da pastore. Era tutta sgualcita, e stava quasi per dimenticarla. Dentro, c'erano ancora lo stesso libro e la giacca. Quando tirò fuori la giacca, pensando di regalarla a un ragazzo di quella strada, rotolarono per terra le due pietre: Urim e Tumim.
Allora il ragazzo si rammentò del vecchio re, e fu sorpreso nel rendersi conto da quanto tempo non pensava più a lui. Per un anno aveva lavorato senza tregua, pensando soltanto a guadagnare il denaro per non dover tornare in Spagna a testa bassa.
Non desistere mai dai tuoi sogni, gli aveva detto il vecchio re. Segui i segnali.
Il ragazzo raccolse da terra Urim e Tumim, e di nuovo provò quella strana sensazione di avere accanto il re. Aveva lavorato sodo per un anno, e i segnali indicavano che adesso era il momento di partire

 
 
 

X

Post n°158 pubblicato il 09 Luglio 2009 da camilloiuy

Perchè non fate una vetrina?
Non ne ho mai fatto una, prima, rispose il Mercante. La gente passa e la urta.
E i cristalli si rompono.
Quando giravo per le campagne con le pecore, avrebbero potuto morire se avessero incontrato un serpente. Ma questo fa parte della vita delle pecore e dei pastori.
Il Mercante servì un cliente che desiderava tre vasi di cristallo: stava vendendo bene come non mai, quasi che il mondo fosse tornato indietro nel tempo, all'epoca in cui la strada era una delle attrazioniprincipali di Tangeri.
Il movimento è già aumentato un bel po', disse al ragazzo quando il cliente se ne fu andato. Ildenaro mi consente di vivere meglio, e a te restituirà le tue pecore in poco tempo. Perché chiederaltro alla vita?
Perché dobbiamo seguire i segnali, disse il ragazzo, quasi senza volerlo. E si pent ì di quanto aveva detto, perché il Mercante non aveva mai incontrato un re.
Si definisce Principio Favorevole, ed è la fortuna dei principianti. Perché la vita vuole che tu viva la tua Leggenda Personale, aveva detto il vecchio.
Il Mercante, intanto, stava ascoltando quanto diceva il ragazzo. La sua semplice presenza nel negozio era un segnale, e con il passare dei giorni, con il denaro che entrava in cassa, il Mercante non era pentito di avere assunto lo spagnolo. Anche se stava guadagnando più di quanto avrebbe dovuto: egli stesso, infatti, pensando che le vendite non si sarebbero più modificate, gli avevaofferto una commissione alta, e l'intuito gli suggeriva che quel giovane se ne sarebbe tornato benpresto alle sue pecore.
Perché vorresti conoscere le Piramidi? gli domandò per distoglierlo dal pensiero della vetrina.
Perché me ne hanno sempre parlato, rispose il ragazzo, evitando di raccontargli del sogno. Adesso il tesoro era un ricordo sempre doloroso, e lui evitava di pensarci.
Qui non conosco nessuno che voglia attraversare il deserto solo per conoscere le Piramidi, disse ilmercante. Sono soltanto mucchi di pietre. Puoi costruirtene una nel giardino.
Voi non avete mai sognato di viaggiare, rispose il ragazzo, rivolgendosi poi a un nuovo cliente cheera appena entrato nella bottega.
Due giorni dopo l'uomo cercò il ragazzo per parlargli della vetrina. Non mi piacciono i
cambiamenti, disse il mercante, ne  tu ne io siamo come Hassan, il ricco commerciante: se lui fa un
acquisto sbagliato quasi non ne risente. Ma noi due dobbiamo convivere sempre con i nostri errori.
Due giorni dopo l'uomo cercò il ragazzo per parlargli della vetrina. Non mi piacciono i
cambiamenti, disse il mercante. N‚ tu n‚ io siamo come Hassan, il ricco commerciante: se lui fa un
acquisto sbagliato quasi non ne risente. Ma noi due dobbiamo convivere sempre con i nostri errori.
Perché vuoi mettere la vetrina? gli domandò il mercante.
Voglio tornare al più presto dalle mie pecore. Quando la fortuna sta dalla nostra parte, dobbiamo
approfittarne e fare di tutto per aiutarla, proprio come lei aiuta noi. Si chiama Principio Favorevole.
Oppure “fortuna del principiante”.
Il vecchio rimase in silenzio per un po' di tempo. Poi disse:
Il Profeta ci ha dato il Corano e ci ha indicato soltanto cinque precetti da osservare nel corso della nostra esistenza. Il più importante è questo: esiste un solo Dio. Gli altri sono: pregare cinque volte al giorno, rispettare il digiuno nel mese del Ramadan, fare la carità ai poveri.
A quel punto si interruppe. Gli occhi gli si erano riempiti di lacrime mentre parlava del Profeta. Era un uomo devoto e, pur con tutta la sua impazienza, cercava di vivere nel rispetto della legge musulmana. E qual è il quinto precetto? domandò il ragazzo.
Due giorni fa hai detto che io non ho mai sognato di viaggiare, rispose il mercante. Il quinto dovere di ogni musulmano è un viaggio: per lo meno una volta nella vita, dobbiamo recarci alla Mecca, lacittà sacra. La Mecca è assai più lontana delle Piramidi. Quando ero giovane, preferii radunare quel poco denaro che possedevo per aprire questo negozio. Pensavo che un giorno sarei diventato ricco esarei andato alla Mecca. Poi cominciai a guadagnare, ma non potevo lasciare nessuno a badare alle
merci, perché i cristalli sono oggetti delicati. Intanto vedevo passare davanti al mio negozio tantagente che andava verso La Mecca. C'era qualche pellegrino ricco, che viaggiava con un corteo di servitori e di cammelli, ma la maggior parte erano persone ben più povere di quanto lo fossi io.
Tutti andavano e tornavano contenti, e ponevano sulla porta della propria casa i simboli del pellegrinaggio. Uno di loro, un calzolaio che si guadagnava la vita ricucendo le scarpe altrui, mi disse che aveva camminato nel deserto per quasi un anno, ma che si stancava molto di più quando doveva attraversare un quartiere di Tangeri per acquistare un po' di cuoio.
Perché non andate alla Mecca adesso? gli domandò il ragazzo.
Perché La Mecca mi fa sentire vivo. E’ quello che mi fa sopportare questi giorni tutti uguali, questi vasi silenziosi sui loro scaffali, il pranzo e la cena in quell'orribile ristorante. Ho paura di realizzareil mio sogno e di non avere, poi, più alcun motivo per mantenermi vivo. Tu sogni pecore e piramidi.
Sei diverso da me, perché desideri realizzare i tuoi sogni. Io voglio soltanto sognare La Mecca. Ho già immaginato migliaia di volte la traversata del deserto, il mio arrivo nella piazza in cui si trova la Pietra Sacra, i sette giri che devo compiervi intorno prima di toccarla. Ho già immaginato quante persone staranno accanto a me, davanti a me, e le parole e le preghiere che reciteremo insieme. Maho paura che sia una grande delusione, e allora preferisco limitarmi a sognare.

 
 
 

IX

Post n°157 pubblicato il 07 Luglio 2009 da camilloiuy

Perchè non fate una vetrina?
Non ne ho mai fatto una, prima, rispose il Mercante. La gente passa e la urta.
E i cristalli si rompono.
Quando giravo per le campagne con le pecore, avrebbero potuto morire se avessero incontrato un serpente. Ma questo fa parte della vita delle pecore e dei pastori.
Il Mercante servì un cliente che desiderava tre vasi di cristallo: stava vendendo bene come non mai, quasi che il mondo fosse tornato indietro nel tempo, all'epoca in cui la strada era una delle attrazioniprincipali di Tangeri.
Il movimento è già aumentato un bel po', disse al ragazzo quando il cliente se ne fu andato. Ildenaro mi consente di vivere meglio, e a te restituirà le tue pecore in poco tempo. Perché chiedere altro alla vita?
Perché dobbiamo seguire i segnali, disse il ragazzo, quasi senza volerlo. E si pent ì di quanto aveva detto, perché il Mercante non aveva mai incontrato un re.
Si definisce Principio Favorevole, ed è la fortuna dei principianti. Perché la vita vuole che tu viva la tua Leggenda Personale, aveva detto il vecchio.
Il Mercante, intanto, stava ascoltando quanto diceva il ragazzo. La sua semplice presenza nel negozio era un segnale, e con il passare dei giorni, con il denaro che entrava in cassa, il Mercante non era pentito di avere assunto lo spagnolo. Anche se stava guadagnando più di quanto avrebbe dovuto: egli stesso, infatti, pensando che le vendite non si sarebbero più modificate, gli avevaofferto una commissione alta, e l'intuito gli suggeriva che quel giovane se ne sarebbe tornato ben presto alle sue pecore.
Perché vorresti conoscere le Piramidi? gli domandò per distoglierlo dal pensiero della vetrina.
Perché me ne hanno sempre parlato, rispose il ragazzo, evitando di raccontargli del sogno. Adesso il tesoro era un ricordo sempre doloroso, e lui evitava di pensarci.
Qui non conosco nessuno che voglia attraversare il deserto solo per conoscere le Piramidi, disse ilmercante. Sono soltanto mucchi di pietre. Puoi costruirtene una nel giardino. Voi non avete mai sognato di viaggiare, rispose il ragazzo, rivolgendosi poi a un nuovo cliente cheera appena entrato nella bottega.
Due giorni dopo l'uomo cercò il ragazzo per parlargli della vetrina. Non mi piacciono i
cambiamenti, disse il mercante, ne  tu ne io siamo come Hassan, il ricco commerciante: se lui fa un acquisto sbagliato quasi non ne risente. Ma noi due dobbiamo convivere sempre con i nostri errori.
Perché vuoi mettere la vetrina? gli domandò il mercante.
Voglio tornare al più presto dalle mie pecore. Quando la fortuna sta dalla nostra parte, dobbiamo approfittarne e fare di tutto per aiutarla, proprio come lei aiuta noi. Si chiama Principio Favorevole. Oppure “fortuna del principiante”.
Il vecchio rimase in silenzio per un po' di tempo. Poi disse:
Il Profeta ci ha dato il Corano e ci ha indicato soltanto cinque precetti da osservare nel corso della nostra esistenza. Il più importante è questo: esiste un solo Dio. Gli altri sono: pregare cinque volte al giorno, rispettare il digiuno nel mese del Ramadan, fare la carità ai poveri.
A quel punto si interruppe. Gli occhi gli si erano riempiti di lacrime mentre parlava del Profeta. Era un uomo devoto e, pur con tutta la sua impazienza, cercava di vivere nel rispetto della legge musulmana. E qual è il quinto precetto? domandò il ragazzo.
Due giorni fa hai detto che io non ho mai sognato di viaggiare, rispose il mercante. Il quinto dovere di ogni musulmano è un viaggio: per lo meno una volta nella vita, dobbiamo recarci alla Mecca, lacittà sacra. La Mecca è assai più lontana delle Piramidi. Quando ero giovane, preferii radunare quel poco denaro che possedevo per aprire questo negozio. Pensavo che un giorno sarei diventato ricco e sarei andato alla Mecca. Poi cominciai a guadagnare, ma non potevo lasciare nessuno a badare alle
merci, perché i cristalli sono oggetti delicati. Intanto vedevo passare davanti al mio negozio tantagente che andava verso La Mecca. C'era qualche pellegrino ricco, che viaggiava con un corteo di servitori e di cammelli, ma la maggior parte erano persone ben più povere di quanto lo fossi io.
Tutti andavano e tornavano contenti, e ponevano sulla porta della propria casa i simboli del pellegrinaggio. Uno di loro, un calzolaio che si guadagnava la vita ricucendo le scarpe altrui, mi disse che aveva camminato nel deserto per quasi un anno, ma che si stancava molto di più quando doveva attraversare un quartiere di Tangeri per acquistare un po' di cuoio.
Perché non andate alla Mecca adesso? gli domandò il ragazzo.
Perché La Mecca mi fa sentire vivo. E’ quello che mi fa sopportare questi giorni tutti uguali, questi
vasi silenziosi sui loro scaffali, il pranzo e la cena in quell'orribile ristorante. Ho paura di realizzareil mio sogno e di non avere, poi, più alcun motivo per mantenermi vivo. Tu sogni pecore e piramidi.
Sei diverso da me, perché desideri realizzare i tuoi sogni. Io voglio soltanto sognare La Mecca. Ho già immaginato migliaia di volte la traversata del deserto, il mio arrivo nella piazza in cui si trova la Pietra Sacra, i sette giri che devo compiervi intorno prima di toccarla. Ho già immaginato quante persone staranno accanto a me, davanti a me, e le parole e le preghiere che reciteremo insieme. Ma ho paura che sia una grande delusione, e allora preferisco limitarmi a sognare.

 
 
 

VIII

Post n°156 pubblicato il 06 Luglio 2009 da camilloiuy

continuando a percorrere le campagne.
Invece adesso, mentre il sole si nascondeva, si trovava in un altro paese, straniero in una terra straniera, di cui non riusciva neppure a capire la lingua. Non era più un pastore, e non avevanient'altro nella vita, neppure i soldi per tornare indietro e ricominciare tutto da capo.
E tutto fra l'alba e il tramonto di uno stesso sole, pensò il ragazzo. Ed ebbe pena di se stesso, perché talvolta nella vita le cose cambiano nel tempo di un sospiro, ancor prima che riusciamo ad abituarcene.
Si vergognava di piangere. Davanti alle pecore non lo aveva mai fatto. Ma il mercato era vuoto, e lui era lontano da casa.
E il ragazzo pianse. Pianse perché Dio era ingiusto e ripagava in questa maniera quelli che credevano nei propri sogni. Quando stavo con le pecore ero felice, e diffondevo sempre felicità intorno a me. Quando la gente mi vedeva arrivare, mi accoglieva sempre bene.
Ma adesso sono triste e infelice. Che cosa farò? Sarò più amaro e non mifiderò più di nessuno, perché qualcuno mi ha tradito. Odierò tutti coloro che hanno trovato un tesoro nascosto, perché io non ho trovato il mio. E cercherò sempre di custodire quel poco che possiedo, perché sono troppo piccolo per abbracciare il mondo.
Aprì la bisaccia per vedere che cosa vi fosse dentro: forse era rimasto un pezzetto del panino che aveva mangiato sulla nave. Ma trovò soltanto il grosso libro, la giacca e le due pietre che gli aveva dato il vecchio.
Vedendo le pietre, provò un enorme senso di sollievo. Aveva scambiato sei pecore per due pietre preziose, tolte da un pettorale d'oro. Poteva vendere le pietre e comperarsi il biglietto di ritorno.
Adesso sarò più furbo, pensò il ragazzo togliendo le pietre dalla bisaccia per nasconderle in tasca.
Quello era un porto, ed era questa l'unica cosa vera che quell'uomo gli aveva detto: un porto èsempre pieno di ladri.
Adesso comprendeva bene anche la disperazione del padrone di quel bar: stava tentando di avvertirlo di non fidarsi di quel ragazzo. Io sono come tutti gli altri: vedo il mondo come vorrei cheandasse, e non come va veramente.
Rimase lì a guardare le pietre. Una dopo l'altra le tastò con cura, sentendone il calore e la superficie liscia. Erano quelle pietre il suo tesoro. Il semplice toccarle lo fece sentire più tranquillo. Gli ricordavano il vecchio.
Quando vuoi una cosa, tutto l'universo trama affinché tu riesca a ottenerla, gli aveva detto lui.
Adesso voleva capire come potesse essere vero. Si trovava lì, in quel mercato vuoto, senza una moneta in tasca, e senza pecore da governare quella sera. Ma le pietre erano la prova che aveva incontrato un re, un re che conosceva la sua storia, che sapeva dell'arma di suo padre e della sua prima esperienza sessuale.
Le pietre servono per predire il futuro. Si chiamano Urim e Tumim. Il ragazzo le rimise nel sacco edecise di provare. Il vecchio gli aveva raccomandato di fare domande chiare, perché le pietre sono utili soltanto a chi sa ciò che vuole.
Il ragazzo domandò allora se la benedizione del vecchio lo accompagnasse ancora. Estrasse una delle piet re: era sì.
Troverò il mio tesoro? domandò poi.
Infilò la mano nella bisaccia e stava per afferrare una delle pietre quando scivolarono tutte e due fuori da un buco nella stoffa. Il ragazzo non si era mai accorto che la bisaccia fosse strappata. Si chinò per raccogliere Urim e Tumim e rimetterle nel sacco. Vedendole per terra, tuttavia, gli venne in mente un'altra frase.
Impara a rispettare i segnali e a seguirli, aveva detto il vecchio.
Un segnale. Il ragazzo rise fra se e se. Poi raccolse le due pietre da terra e le ripose nella bisaccia.
Non pensava di ricucire il buco: le pietre sarebbero potute sfuggire comunque, purché‚ lo avessero desiderato. Lui aveva capito che certe cose non bisognava domandarle: per non sfuggire al proprio destino. Ho promesso di prendere da solo le mie decisioni, si disse.
Ma le pietre avevano detto che il vecchio era ancora con lui, e questo gli diede un po' più di fiducia.
Guardò di nuovo il mercato vuoto, ma non provò la disperazione di prima. Non era più un mondo estraneo: era un mondo nuovo.
E, in fondo, tutto ciò che voleva lui era proprio questo: conoscere mondi nuovi. Anche se non fosse mai arrivato alle Piramidi, si era già spinto molto più in là di qualunque altro pastore a lui noto. Ah, se sapessero che a sole due ore di nave esistono cose tanto diverse!
Il mondo nuovo era li davanti a lui sotto forma di un mercato vuoto, ma lui lo aveva già visto pieno di vita e non lo avrebbe mai più dimenticato. Si rammentò della spada: aveva pagato a caro prezzo il fatto di essersi soffermato a guardarla, ma comunque non aveva mai visto prima niente di simile. Sentì all'improvviso che avrebbe potuto guardare il mondo come la povera vittima di un ladro, oppure come un avventuriero in cerca di un tesoro.
Sono un avventuriero in cerca di un tesoro, pensò deciso, prima di sprofondare esausto nel sonno.
Si svegliò nel momento in cui qualcuno lo scuoteva. Si era addormentato in mezzo al mercato e, ora, la vita della piazza stava per ricominciare di nuovo.
Si guardò intorno, cercando le pecore, e si rese conto di trovarsi in un altro mondo. Invece di sentirsi triste, provò una grande felicità. Non aveva che da procurarsi un po' d'acqua e un po' di cibo, poteva andare in cerca del tesoro. Non aveva denaro in tasca, ma tanta fiducia nella vita.
Aveva scelto, la sera prima, di essere un avventuriero come i personaggi dei libri che soleva leggere.
Cominciò a camminare senza fretta per la piazza. I mercanti avevano rimesso in piedi le lorobaracche: aiutò un venditore di dolciumi a montare la propria. Un sorriso diverso illuminava il viso di quell'uomo: che era allegro, attento alla vita, pronto a cominciare una buona giornata di lavoro.
Era un sorriso che ricordava in parte quello del vecchio, di quel vecchio e misterioso re che aveva conosciuto. Quest'uomo fa i suoi dolci non perché vuole viaggiare, o perché vuole sposare la figliadi un commerciante. Li fa perché gli piace, pensò il ragazzo, accorgendosi di riuscire a fare quelloche faceva il vecchio: riconoscere se una persona è vicina o lontana dalla propria LeggendaPersonale. Soltanto guardandola. E’ facile, eppure non me n'ero mai accorto.
Quando ebbero montato la baracca, l'uomo gli offrì il primo dolce che aveva fatto. Il ragazzo lomangiò con gusto, ringraziò e riprese la sua strada. Quando ormai si era allontanato, gli sovvenne che la baracca era stata montata da due persone, l'una che parlava arabo e l'altra spagnolo.
Eppure si erano capiti alla perfezione.
Esiste un linguaggio che va al di là delle parole, pensò. L'ho già sperimentato con le pecore, e adesso lo sto sperimentando con gli uomini.
Stava imparando tante cose nuove: cose che aveva già provato, ma che tuttavia gli suonavano nuove, perché prima gli erano passate accanto senza che lui se ne accorgesse. E non se n'era accorto perché vi era abituato. Se imparerò a decifrare questo linguaggio senza parole, riuscirò a decifrare il mondo.
E’ un tutt'uno, aveva detto il vecchio.
Decise di incamminarsi senza fretta e senza angoscia per le stradine di Tangeri: solo così sarebberiuscito a cogliere i segnali. Ci voleva molta pazienza, ma questa è la prima virtù che un pastore impara. Una volta ancora si rese conto che stava applicando a quel mondo estraneo proprio gli insegnamenti che gli avevano dato le pecore.
Tutto è una sola cosa, aveva detto il vecchio.
Il Mercante di Cristalli vide nascere il giorno e sentì la stessa angoscia che provava tutte le mattine.
Era da quasi trent'anni sempre in quello stesso posto, una bottega in cima a una salita, dove raramente passava qualche acquirente. Adesso era tardi per cambiare: tutto quello che aveva imparato nella vita era vendere e comperare cristalli. Un tempo tanta gente conosceva il suo negozio: mercanti arabi, geologi francesi e inglesi, soldati tedeschi con le tasche sempre piene disoldi. A quell'epoca era una grande avventura vendere cristalli, e lui pensava a quanto sarebbe stato ricco, a quante belle donne avrebbe avuto in vecchiaia.
Poi il tempo era passato ed era cambiata anche la città. Ceuta si era ingrandita più di Tangeri e il commercio aveva cambiato rotta. I vicini si erano trasferiti e in quella stradina era rimasto soltanto qualche negozio.
Per tutta la mattina non fece che guardare lo scarso movimento nella strada. Lo faceva da anni, e ormai conosceva gli orari di ogni persona. Quando mancavano pochi minuti al pranzo, un ragazzo straniero si fermò davanti alla vetrina. Era vestito normalmente, ma gli occhi esperti del Mercante di Cristalli conclusero che non aveva soldi.
Decise comunque di rientrare e di aspettare qualche istante, finché il ragazzo non se ne fosse andato. C'era un biglietto sulla porta ad avvertire che lì si parlavano varie lingue.
Il ragazzo vide un uomo comparire dietro il bancone.
Potrei pulire questi vasi, se volete, disse il ragazzo. Così come sono, non li comprerà nessuno. L'uomo lo guardò senza dire niente.
In cambio, mi pagherete qualcosa da mangiare.
L'uomo continuò a tacere e il ragazzo sentì che doveva prendere una decisione.
Nella bisaccia aveva la giacca, che nel deserto non gli sarebbe più servita.
La tirò fuori e cominciò a pulire i vasi. In mezz'ora lustrò tutti quelli della vetrina: in quel frattempo entrarono due clienti, che acquistarono due oggetti di cristallo.
Quando ebbe finito di pulire tutto, chiese al Mercante qualcosa da mangiare.
Andiamo insieme, gli disse il Mercante di Cristalli.
Mise un cartello sulla porta e andarono in un minuscolo bar in cima alla salita. Appena si furono seduti all'unico tavolo esistente, il mercante di cristalli sorrise:
Non c'era bisogno che pulissi niente, disse. La legge del Corano ci obbliga a dare da mangiare a chi ha fame.
Allora perché me lo avete lasciato fare? domandò il ragazzo.
Perché i cristalli erano sporchi. E sia tu che io avevamo bisogno di ripulirci la mente dai brutti pensieri.
Quando ebbero finito di mangiare, il Mercante si rivolse ancora al ragazzo:
Vorrei che lavorassi nel mio negozio. Oggi, mentre pulivi i vasi, sono entrati due clienti. Un buon segno.
Le persone non fanno che parlare di segnali, pensò il ragazzo. Ma non capiscono quello che dicono.
Proprio come me, che non capivo come da tanti anni parlassi con le mie pecore un linguaggio senza
parole.
Vuoi lavorare per me? insistette il Mercante.
Posso lavorare per il resto della giornata, rispose il ragazzo. Puliròfino a notte fonda tutti i cristallidel negozio. In cambio, mi servono i soldi per raggiungere domani l'Egitto. Il vecchio rise di nuovo.
Anche se pulissi i miei cristalli per un anno intero, anche se guadagnassi una buona percentuale per la vendita di ogni pezzo, dovresti ancora cercare del denaro in prestito per raggiungere l'Egitto. Ci sono migliaia di chilometri di deserto fra Tangeri e le Piramidi.
Vi fu un attimo di silenzio così grande che anche la città sembrava essersi addormentata. Non c'erano più i bazar, le discussioni dei mercanti, gli uomini che salivano sui minareti e cantavano, le splendide spade dalle impugnature tempestate di pietre. Non esistevano più la speranza e l'avventura, n‚ vecchi re n‚ Leggende Personali, n‚ tesoro n‚ Piramidi. Era come se tutto il mondo simantenesse in silenzio, perché l'animo del ragazzo era silenzioso. Lui non provava dolore, ne
sofferenza, ne‚ delusione: aveva solo uno sguardo vuoto che oltrepassava la porta del bar e un desiderio immenso di morire, che tutto finisse per sempre in quel momento.
Il Mercante guardò sorpreso il ragazzo. Era come se tutta l'allegria che gli aveva visto quel mattino fosse improvvisamente scomparsa.
Posso darti i soldi per tornare al tuo paese, ragazzo mio, soggiunse il Mercante di Cristalli. Il ragazzo era sempre silenzioso. Poi si alzò, radunò le proprie cose e prese la bisaccia. Lavorerò per voi, disse. E dopo un altro lungo silenzio, concluse: Ho bisogno di soldi per comperare un po' dipecore.

 
 
 

VII

Post n°155 pubblicato il 05 Luglio 2009 da camilloiuy

Nella parte alta della cittadina di Tarifa esiste un vecchio forte costruito dai Mori. Stando seduti sulle sue mura si riescono a distinguere una piazza, un venditore di fiocchi di mais e un pezzo d'Africa. Melchisedek, il Re di Salem, quel pomeriggio si sedette sulla murata del forte e sentì sul viso il vento di Levante. Le pecore sgambettavano accanto a lui, impaurite dal nuovo padrone ed eccitate da tanti cambiamenti. Loro non chiedevano altro se non cibo e acqua.
Melchisedek guardò la piccola imbarcazione che stava salpando dal porto. Non avrebbe mai più rivisto il ragazzo, proprio come non aveva mai più rivisto Abramo, dopo aver avuto da lui la decimaparte dei suoi averi. Era questo, infatti, il suo compito.
Gli dei non devono avere desideri perché non hanno una Leggenda Personale. Eppure il Re di Salem si augurò intimamente che il ragazzo avesse successo.
Peccato che dimenticherà ben presto il mio nome, pensò. Avrei dovuto ripeterglielo più di una volta. Così, se mai un giorno parlerà di me, dirà che sono Melchisedek, il Re di Salem.
Poi, quasi pentito, guardò il cielo: So che è la vanità delle vanità, come hai detto Tu, Signore. Ma un vecchio re, alle volte, deve pur sentirsi orgoglioso di se stesso.
Com'è strana l'Africa, pensò il ragazzo.
Era seduto in una specie di bar uguale a tanti altri che aveva incontrato per le stradine di Tangeri.
Alcuni fumavano una grossa pipa, che veniva passata di bocca in bocca. In poche ore aveva visto uomini che si tenevano per mano, donne con il viso coperto e sacerdoti che salivano su alte torri ecominciavano a cantare, mentre tutti, all'intorno, si inginocchiavano e battevano il capo per terra.
Cose da infedeli, disse fra se e s‚. Da bambino, guardava sempre nella chiesa del suo paese un'immagine di san Giacomo l'Ammazzamori sul suo cavallo bianco, con la spada sguainata, e figure simili a quelle chine ai suoi piedi. Il ragazzo si sentiva male, oltre che terribilmente solo. Gli infedeli avevano uno sguardo sinistro.
figure simili a quelle chine ai suoi piedi. Il ragazzo si sentiva male, oltre che terribilmente solo. Gli infedeli avevano uno sguardo sinistro.
Si avvicinò il padrone del bar e il ragazzo gli indicò una bibita che era stata servita a un altro tavolo.
Era un tè amaro. Lui avrebbe preferito un po' di vino.
Ma adesso non doveva preoccuparsene. Doveva pensare soltanto al tesoro, a come raggiungerlo. Lavendita delle pecore gli aveva fruttato un bel po'di denaro e il ragazzo sapeva che il denaro era magico: con il denaro non si è mai soli. Di lì a poco, magari fra qualche giorno, avrebbe raggiunto le Piramidi. Un vecchio con tutto quell'oro sul petto non aveva certo bisogno di mentire perprocurarsi sei pecore.
Il vecchio gli aveva parlato di segnali. Mentre attraversava il mare, il ragazzo ci aveva ripensato. Sì, sapeva quello che intendeva il vecchio: nel periodo che aveva trascorso nelle campagnedell'Andalusia, si era abituato a leggere nella terra e nel cielo le condizioni del cammino che avrebbe dovuto seguire. Aveva imparato che un certo uccello segnalava un serpente nelle vicinanze, e che un determinato arbusto era indizio di acqua entro alcuni chilometri. Glielo avevano insegnato le pecore.
Se Dio guida le pecore così bene, saprà guidare anche l'uomo, rifletteva. E si tranquillizzò. Il tè sembrava meno amaro.
Chi sei? udì una voce chiedergli in spagnolo.
Il ragazzo ne fu immensamente sollevato. Stava pensando ai segnali, ed ecco che ne era comparso uno.
Come mai parli spagnolo? domandò all'interlocutore. Questi era un ragazzo vestito alla maniera degli occidentali, ma il colore della sua pelle indicava che doveva essere della città. Era della sua statura e aveva più o meno la sua stessa età.
Quasi tutti parlano spagnolo, qui. Siamo a due ore appena dalla Spagna.
Siediti e ordina qualcosa per me, disse il ragazzo. Chiedimi un po' di vino, detesto questo tè.
Non c'è vino in questo paese, rispose il nuovo arrivato. La religione non lo consente.
Il ragazzo lo informò che doveva raggiungere le Piramidi. E stava quasi per parlargli anche del tesoro, ma decise di tacere. Altrimenti poteva darsi che l'arabo gliene chiedesse una parte per condurlo fin là. Gli sovvenne quanto gli aveva detto il vecchio sull'offrire qualcosa che ancora non Si possiede.
Vorrei che mi portassi fino alle Piramidi, se puoi. Potrei pagarti come guida. Hai idea di come raggiungerle?
Il ragazzo notò che il padrone del bar si era avvicinato e ascoltava attentamente la conversazione. Si sentiva infastidito da quella presenza, ma aveva trovato una guida e non si sarebbe lasciato sfuggire questa occasione.
Devi attraversare tutto il deserto del Sahara, rispose il ragazzo arabo. E per questo ci servono soldi. Voglio sapere se ne hai abbastanza.
. Trasse di tasca il denaro e glielo mostrò. Si avvicinò a guardare anche il padrone del bar. I due scambiarono qualche parola in arabo. Il padrone del bar sembrava irritato.
Andiamocene via, disse infine il ragazzo arabo. Non vuole che ci tratteniamo oltre.
Il ragazzo si sentì sollevato. Si alzò per pagare il conto, ma il padrone del bar lo afferrò e cominciò a parlargli senza fermarsi. Il ragazzo era forte, ma si trovava in un paese straniero. Fu il suo nuovo amico che spinse da parte l'uomo e trascinò via il ragazzo.
Voleva i tuoi soldi, gli spiegò. Tangeri non è come il resto dell'Africa. Siamo in un porto e nei porti ci sono sempre un mucchio di ladri.
Poteva fidarsi del nuovo amico. Lo aveva aiutato in una situazione critica. Trasse di tasca i soldi e li contò.
Potremmo arrivare alle Piramidi domani, disse l'altro intascando i soldi. Ma ho bisogno di comperare due cammelli.
Si allontanarono per le stradine di Tangeri. Ovunque c'erano baracche che vendevano di tutto.
Finalmente arrivarono al centro di una grande piazza, dove si trovava il mercato. C'erano migliaia dipersone che discutevano, vendevano, comperavano, verdure in mezzo a daghe, tappeti accanto apipe di ogni sorta. Ma il ragazzo non perdeva d'occhio il nuovo amico, che aveva ancora in mano
tutti i suoi soldi. Pensò di richiederglieli, ma trovò che sarebbe stato indelicato. Non conosceva le abitudini di quella strana terra a cui era approdato.
Basterà sorvegliarlo, disse fra se e se. Lui era più forte.
All'improvviso, in mezzo a tutta quella confusione, i suoi occhi scorsero la più bella spada che avessero mai visto. Il fodero era argentato e l'impugnatura nera, incastonata di pietre preziose. Il ragazzo promise a se stesso che, quando fosse tornato dall'Egitto, avrebbe comperato quella spada.
Chiedi al padrone della baracca quanto costa, disse all'amico. Ma si rese conto di essersi distratto due secondi guardando la spada. Il cuore gli si fece piccolo, come se il petto gli si fosse repentinamente contratto. Temeva di guardare accanto a se, perché sapeva che cosa avrebbe trovato.
Gli occhi continuarono a fissare la splendida spada per qualche secondo ancora, finché il ragazzo prese coraggio e si voltò.
Intorno a lui il mercato, gente che andava e veniva, che urlava e comperava, i tappeti in mezzo alle nocciole, le lattughe accanto ai vassoi di rame, uomini che si tenevano per mano nelle strade, donnecon il velo, il profumo di un cibo strano, ma da nessuna parte la faccia del suo compagno.
Il ragazzo volle pensare ancora che loro due si fossero perduti casualmente. Decise quindi difermarsi lì ad aspettare che l'altro tornasse. Poco dopo, qualcuno salì su una di quelle torri e cominciò a cantare: tutti si inginocchiarono e, picchiando il capo per terra, cominciarono anch'essi a cantare. Poi, come formiche laboriose, smontarono le baracche e se ne andarono via.
Anche il sole cominciò ad allontanarsi. Il ragazzo lo fissò a lungo, finché si nascose dietro le case bianche che circondavano la piazza. Gli venne in mente che, quando lo stesso sole era sorto quel mattino, lui si trovava in un altro continente, era un pastore, aveva sessanta pecore e un appuntamento con una ragazza. Al mattino sapeva ancora tutto quello che sarebbe successo

 
 
 

VI

Post n°154 pubblicato il 04 Luglio 2009 da camilloiuy

Il vento cominciò a soffiare. Un vento che conosceva bene: lo chiamavano Levante, perché insieme a quel vento erano arrivate anche le orde di infedeli. Fino a quando non aveva conosciuto Tarifa, non aveva mai pensato che l'Africa fosse tanto vicina. Era un grande pericolo: i mori avrebbero potuto ripetere.
Ho lasciato mio padre, mia madre e il castello della mia città. Loro ci hanno fatto l'abitudine e misono abituato anch'io. Anche le pecore si abitueranno alla mia mancanza, pensò il ragazzo.
Da lassù guardò la piazza. Il venditore di fiocchi di mais era ancora lì a offrire la sua mercanzia.
Una giovane coppia si sedette sulla panchina dove lui aveva parlato con il vecchio. Si scambiarono un lungo bacio.
Il venditore di fiocchi di mais... disse fra se e s‚, senza completare la frase. Perché il Levante aveva preso a spirare con più forza e lui si concentrò sul vento che gli sfiorava il viso. Il vento portava con se i mori, è vero, ma portava anche l'odore del deserto e delle donne velate. Portava il sudore e i sogni degli uomini che un giorno erano partiti in cerca dell'ignoto, di oro, di avventura, e dipiramidi. Il ragazzo cominciò a invidiare la libertà del vento, e avvertì che avrebbe potuto essere come il vento. Niente lo impediva, se non lui stesso. Le pecore, la figlia del commerciante, i campidell'Andalusia erano soltanto i passi della sua Leggenda Personale.
Il giorno dopo il ragazzo s'incontrò con il vecchio a mezzogiorno. Aveva con se sei pecore.
Sono sorpreso, disse. Il mio amico ha comperato subito le altre pecore. Ha detto che aveva sognatotutta la vita di fare il pastore, e che quello era un buon segno.
E’ sempre così, disse il vecchio. Lo chiamiamo Principio Favorevole. Se tu giocassi a carte per la prima volta, quasi certamente vinceresti. E’ la fortuna dei principianti.
E per quale motivo?
Perché la vita vuole che tu viva la tua Leggenda Personale.
Poi cominciò a esaminare le sei pecore e scoprì che una zoppicava. Il ragazzo gli spiegò che non aveva importanza, giacché la quinta pecora era la più intelligente e produceva tanta lana.
Dov'è il tesoro? domandò.
Il tesoro si trova in Egitto, vicino alle Piramidi.
il ragazzo ebbe un sussulto. La vecchia aveva detto la stessa cosa, ma non gli aveva chiesto niente.
Per arrivare fino al tesoro dovrai seguire i segnali. Dio ha scritto nel mondo il cammino che ciascun uomo deve percorrere. Dovrai soltanto leggere quello che ha scritto per te.
Prima che il ragazzo potesse dire qualcosa, una farfalla cominciò a svolazzare fra lui e il vecchio.
Al giovane venne in mente il nonno: quando era bambino, suo nonno gli aveva detto che le farfalle erano un segno di buona fortuna. Come i grilli, le viole del pensiero, le lucertole e i quadrifogli.
 Il vecchio, poi, aprì il mantello che gli copriva il petto. Il ragazzo fu colpito da ciò che vide, e ripensò al bagliore che aveva notato il giorno prima. Il vecchio indossava un pettorale d'oro massiccio, tempestato di pietre preziose.
Era davvero un re. Doveva essersi camuffato così per sfuggire agli assalti dei briganti.
Prendi, disse il vecchio, togliendo una pietra bianca e una pietra nera che erano incastonate nel centro del pettorale d'oro. Si chiamano Urim e Tumim. La pietra nera vuol dire sì, la bianca vuoledire no . Quando non riuscirai a scorgere i segnali, loro ti saranno di aiuto. Fai sempre una domanda chiara. Ma cerca, in genere, di prendere tu le decisioni. Il tesoro si trova alle Piramidi e questo lo sapevi già; ma hai dovuto pagare sei pecore perché io ti aiutassi a prendere una decisione.
Il ragazzo ripose le pietre nella bisaccia. Da allora in poi avrebbe preso le sue decisioni da solo.
Non dimenticare che è tutto una sola cosa. Non dimenticare il linguaggio dei segnali. E, soprattutto, non dimenticare di andare fino in fondo nella tua Leggenda Personale.
Prima, però, vorrei raccontarti una storiella. Un mercante, una volta, mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un meraviglioso castello in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava.
Invece di trovare un sant'uomo, però, il nostroeroe entrò in una sala dove regnava un'attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c'era una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo. Il Saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che arrivasse il suo turno per essere ricevuto.

Il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore.
“Nel frattempo, voglio chiederti un favore,” concluse il Saggio, consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d'olio.”Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l'olio.”
Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre tenendo gli occhi fissi sulcucchiaino. In capo a due ore, ritornò al cospetto del Saggio.
“Allora,” gli domandò questi, “hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala dapranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?”
Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d'olio che il Saggio gli aveva affidato.
“Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo,” disse il Saggio. “Non puoi fidarti di un uomo se non conosci la sua casa.”
“Ma dove sono le due gocce d'olio che ti ho affidato?” domandò il Saggio.
Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate.
“Ebbene, questo è l'unico consiglio che ho da darti,” concluse il più Saggio dei saggi. “Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza mai dimenticare le due gocce d'olio nel cucchiaino.”
Il ragazzo tacque. Aveva capito la storia del vecchio re: un pastore ama viaggiare, ma non dimentica mai le sue pecore.
Il vecchio guardò il ragazzo e, con le mani distese sul suo capo, fece alcuni gesti strani. Poi radunò le bestie e si avviò per la sua strada.

 
 
 

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