il canto del gitano

tra il cielo e l'acqua


il fumo ne fuoriuscì dimenandosi. dalla bocca del vecchio marinaio, il fumo, cercava di scappare, spingendosi nella stretta fessura che gli aveva concesso. seduto su una vecchia sedia malandata e appesantita dalla salsedine, guardava il mare di fronte. nel molo altri marinai con la testa china cucivano le reti. vecchie donne vestite di nero, distratte, consumavano i loro rosari e si lasciavano dondolare al ritmo della risacca. dalla pancia un gemito gli rotolò in gola, dove divenne rauco e si trasformò in un colpo di tosse. masticò a vuoto e fece schioccare la lingua sul palato. aveva i denti ingialliti dalla nicotina, le gengive ritirate, le labbra screpolate e una cicatrice sul lato sinistro del labbro inferiore, che lo rendeva ondulato, come il mare. i baffi bianchi gli si gettavano sulla bocca svogliatamente, quasi fossero inibiti dall'odore di alcool che i suoi sospiri diffondevano nell'aria circostante. passò un gabbiano e urlò il suo verso prepotente. la sigaretta pendeva dalle sue labbra e si contorceva e ardeva, ormai come rassegnata a finire. la brezza marina gli scomponeva i capelli e li costringeva in strane pose. il fetore di pesce marcio gli graffiava le narici, che si contraevano in una smorfia ad ogni respiro. gli occhi. gli occhi di un marinaio hanno visto tutto quello che avrebbero creduto solo un racconto, hanno creduto alle leggende a cui ci si deve aggrappare per non essere travolti dalla follia della solitudine, hanno smesso di osservare il movimento per non farsi nauseare dal ritmo delle onde ed hanno imparato a perdersi nella fissità intrinsica delle cose o nella fantasia di ciò che si può solo immaginare. così i suoi occhi, profondi, circondati da una geografia di ricordi, dai solchi in cui scivola la vita e in cui le lacrime si perdono,si lasciavano tormentare dal passato e illudere ancora da un futuro glorioso. "...vaffanculo..." disse muovendo appena le labbra. l'orologio del campanile battè le sei. il tempo, a un marinaio, scorre addosso come l'acqua delle tempeste. il tempo, per un marinaio, non è che il passare delle onde sotto la chiglia, che le taglia, ma non le separa. il tempo è solo un gioco maledetto tra ironia e malasorte, solo il passare da un amore ad un altro, il vedere il riflesso del sole sul vetro del peschereccio alternarsi a quello della barca sull'acqua illuminata dalle grosse luci notturne. era vecchio. non se ne era mai accorto, forse perché non lo era mai stato prima o perché non si può mai avere coraggio in modo assoluto. c'è chi affronta gli uragani e chi affronta se stesso. il faro perdeva la sua luce all'orizzonte. un cane gli passò davanti e pisciò su una vecchia ancora abbandonata. un ticchettio di donna gli camminò nella mente e il suo sguardo si assentò dall'infinito. una giovane donna camminava sul molo con incedere vivace e presuntuoso. i capelli neri sembravano volerla tiraare indietro, e si dimenavano per farsi ascoltare. il corto vestito rosso pareva voler assecondare il desidero degli uomini del porto, scoprendole le gambe e giocando con il vento. la guardò come lei sperava di essere guardata da un giovane ragazzo di mare e scorse il piccolo tatuaggio che aveva sul collo, appena sotto l'orecchio sinistro. una spirale. si lasciò travolgere da quella piccola spirale e vide la vita trascorsa di lei. vide come da bambina avesse subito le morbose attenzioni del nonno,di come avesse visto andarsene la madre insieme ad un pirata e l'avesse ritrovata morta su una scogliera, nuda, con gli occhi sbarrati. vide suo padre che vomitava in cucina, sbronzo e disperato, udì l'invidia della sorella che cercò di strapparle la bellezza con una corda, respirò il profumo delle mele che raccoglieva nel campo dove aveva fatto l'amore con un giovane avventuriero, scappato alla legge e scomparso. ascoltò i suoi pianti di bambina, di ragazzina a cui la vita aveva rubato l'innocenza e la fantasia per venderla, probabilmente, ad un marinaio come lui. vide tutto questo e provò pietà. il suo rossetto, adesso, gli sembrò solo nascondere le labbra secche di un'adolescente che non ha più il coraggio di parlare e che spera che qualcuno le noti ugualmente e abbia voglia di chiederle di raccontare la sua storia. forse avrebbe funzionato se non si fosse messa la gonna troppo corta ed i tacchi. la avvicinò un uomo di mezza età, con la pancia gonfia di birra, i baffi sporchi e le sopracciglia arruffate. li vide che parlavano e guardò l'uomo estrarre dalla tasca destra dei pantaloni lezzi dei soldi. lei non sorrise, ma riprese a camminare frettolosamente, questa volta con lo sguardo basso. lui le si fece dietro ridachiando con voce arrugginita e le dette una pacca sul sedere, poi sparirono in una barca poco distante. il sole sparì tra il cielo e l'acqua, come per non voler sapere la fine della storia o, forse, per non doversi sentire in colpa. "...vaffanculo..." disse muovendo appena le labbra il vecchio marinaio.