come le nuvole

Chi ha paura di...


"Il matrimonio semplifica la vita ma complica la giornata!" (Edmond Rostand)  
   “Wonder Woman” Sentì i suoi passi strascicarsi nell’ingresso e prima ancora che varcasse la soglia della stanza da letto le arrivò nauseabonda la puzza di alcool del suo fiato.  Lui accese le luci della stanza senza alcun riguardo per lei che giaceva immobile nel letto facendo finta di dormire. I suoi occhi, dallo sguardo vitreo, cercarono in giro una qualche giustificazione al prosieguo della serata e la trovarono nei pantaloni, scivolati per terra dalla poltrona dove erano poggiati.   La picchiò con durezza perché lei non aveva nessun rispetto per lui e per i suoi pantaloni. La mattina seguente, nel consueto tentativo di passare per una donna felicemente coniugata, lei indossò occhiali scuri e avvolse attorno ai lividi sul collo una sciarpa inappropriata per la calda giornata di maggio. Si recò al mercatino degli oggetti usati e lì i suoi occhi furono catturati da una statuina in ceramica, alta una decina di centimetri, che raffigurava Wonder Woman nel suo striminzito e patriottico costumino rosso e blu. Immobile davanti alla bancarella le tornarono alla mente i suoi sedici anni quando seguiva in TV le avventure dell’eroina che lottava contro le ingiustizie e il male.  Era il tempo in cui suo padre la puniva con la lama affilata di un coltello vibrata con maestria e crudeltà contro le sue gambe. Lei saltellava per il dolore e implorava pietà. Lui le rispondeva che lo faceva per il suo bene, perché crescesse onesta e di sani principi. E su questi principi lei era cresciuta, trascorrendo le giornate in solitudine, senza amici, uscendo di rado e sempre con dei calzettoni a coprire le linee rosse sulle gambe. Quando poi un bel giorno, affacciata al balcone, aveva incrociato lo sguardo di Mario vi aveva letto un “Io ti salverò” a cui si era aggrappata incurante di ogni segnale contrastante. - : Le interessa la statuina? - chiese il negoziante. Lei si scosse dai ricordi e senza darsi il tempo di riflettere la comprò, spendendo i pochi soldi che Mario le passava ogni settimana e di cui doveva rendere conto fino all’ultimo centesimo. Tornò a casa stringendo protettiva Wonder Woman al petto avvolta in vecchia carta di giornale. Quella sera quando lui le diede la solita ripassata, il pensiero di Wonder Woman che giaceva nascosta tra le mutande e i reggipetto le fece sentire meno dolore e quando le sferrò quello che probabilmente riteneva il suo colpo migliore, un diretto alla pancia, i muscoli addominali si tesero quasi autonomamente riparandola dalla violenza dell’impatto. Ebbe come l’impressione che persino lui si fosse accorto che c’era qualcosa di nuovo nell’aria perché, prima di cadere addormentato, la scrutò meditabondo.Mario nelle ore diurne non era quasi mai a casa e lei poteva dunque poggiare Wonder Woman sulla mensola del salotto e parlarle di ogni argomento. Le capitava talvolta di pensare che era impazzita, ma bisognava riconoscere che Wonder Woman le dava consigli sempre saggi e lucidi.Ad esempio le diceva che dentro di lei giacevano poteri inespressi e che con essi avrebbe potuto liberare Mario dall’incantesimo malvagio che oscurava la sua natura nobile e benevola. :- Come faccio?- aveva chiesto lei e Wonder Woman, paziente, aveva suggerito di mettere cristalli tritati finemente nella zuppa di zucca e porri di cui Mario andava ghiotto e che lei non mangiava. Obbedì. Quella notte mentre Mario si contorceva dal dolore tenendosi con entrambe le mani la pancia, lo consolò dicendogli: - E’ per il tuo bene amore. Vedrai che superate tre prove tornerai il ragazzo di cui mi sono innamorata. La seconda prova attendeva Mario allorquando, barcollando e gemendo, scese le scale per andare in bagno alla ricerca di un antidolorifico. Non si accorse della fune tesa tra il quarto ed il quinto gradino e ruzzolò malamente rompendosi un braccio, il naso e la clavicola destra. Lei, in cima alle scale lo guardò con compassione riconoscendo che le prove erano davvero ardue. Come si era aspettata, conoscendo la natura indomita del marito, Mario non si arrese e si trascinò sulla pancia fino al telefono. Lasciava dietro di sè una striscia di sangue che con un sospiro lei ritenne di poter pulire con la candeggina che aveva comprato col due per uno. Appena Mario con un gemito si sollevò e sfiorò la cornetta, affrontando così la sua terza ed ultima prova, fu attraversato da una potente scossa elettrica che lo trapassò dalla testa ai piedi. Dalle pantofole iniziò ad uscire fumo. Mario, con la bava alla bocca, si contorse sul pavimento per alcuni minuti in preda a spasmi muscolari incontrollati, poi restò immobile.Lei lo seppellì sotto i nani da giardino dell’aiola davanti casa. Nei giorni a seguire alcune vicine si recarono in visita sebbene incerte se fosso meglio consolarla o congratularsi dell’improvviso abbandono del tetto coniugale da parte di un marito nullafacente ed ubriacone. Nessuna chiese come mai al posto di Biancaneve, tra i nanetti, ci fosse la statua di Wonder Woman e nessuna si accorse di come lei, passando davanti alla porta finestra della cucina con in mano il vassoio del tè, ricambiasse la strizzata d’occhio di Wonder Woman.        
 P.S.:Questo mirabile raccontino, in una gentil tenzone tra affabulatori, ha riscosso un successo strepitoso di cui vado orgogliosa. Ha riportato una votazione a due cifre....Proprio uno e due.... di voti!