come le nuvole

Post N° 120


L'amore autentico è sempre compassione; e ogni amore che non sia compassione è egoismo.(Arthur Schopenhauer) Apprendo testè, da un’intervista all’onorevole Binetti, di aver praticato in tutti questi anni forme estreme di punizione corporale.  Ho indossato tacchi alti, ho entrambe le orecchie forate, mi è capitato di esporre l’ombellico agli spifferi d’aria fredda e ho persino pensato di avviare una dieta….Che tali mortificazioni corporali fossero paragonabili al cilicio mi era sempre sfuggito, ma adesso che la questione si è posta alla mia attenzione, richiede riflessione….Perché dunque, sono così avversa alla mortificazione del corpo, all’auto infliggermi dolore da offrire a Dio, se poi, come sostiene la Binetti, sono disposta a soffrire per l’estetica e la moda?Ho scavato a lungo dentro di me e ritengo di aver intravisto qualcuna delle motivazioni che stanno alla base della mia ostilità verso il cilicio, la fustigazione corporale e il dormire sul nudo suolo, possibilmente dopo non aver mangiato nulla a cena….(per non parlare del cattivo pensiero, nonché legittimo sospetto che, in taluni casi, più che desiderio di espiazione siamo di fronte a forme “altre” di procurarsi piacere…Ebbene si, ho letto De Sade!)  
La mia diffidenza deriva dal fatto che non credo di avere affinità con un Dio che chiede, quale atto gradito di devozione, l’offerta di dolore. Deriva dal fatto che sento di credere in un Dio che è invece amore, luce, gioia e misericordia
  e ho difficoltà a pensare che desideri essere riconosciuto nella faccia smunta ed esangue del penitente, nella mortificazione e nell’umiliazione della carne sanguinante, nell’irragionevolezza del dolore, nella morte dell’animale immolato, tutte cose e situazioni che peraltro in questo mondo, purtroppo, non mancano e che tendiamo, anzi, a contrastare e combattere, oltre che ad attribuirle all’irrazionalità del  “Male”. 
Ricorrendo ad un testimonial d’eccellenza, quale San Francesco di Sales, si può sostenere che “il ricorso all'uso del cilicio, alle asprezze, rende molte persone incapaci di consacrare gli anni migliori della vita ai servizi della Carità”.                                          
O anche che, migliori frutti si avrebbero se la “mortificazione” fosse limitata al proprio ego, se la penitenza consistesse, ad esempio, nel trattenersi dall’offendere ed insultare il prossimo anche quando se lo merita, nel non infierire su chi ci ha fatto del male ed è alla nostra mercè, nell’attivarsi verso chi sta male, consolando gli afflitti anche se si tratta di gente noiosa…o, infine, nel trovare tempo per pregare. Sacrifici tutti che, oltre a darci l’illusione di “dominare la carne” e gestire in proprio la nostra volontà, avrebbero quale valore aggiunto dei ritorni apprezzabili sull’universo mondo.Tuttavia il dibattito è aperto e i contributi sono bene accetti….