come le nuvole

Post N° 355


"La gente che ha nostalgia per la propria infanzia non ha mai vissuto una infanzia" (Bill Watterson)                                      Echi da una infanzia lontana.Mentre mi ascolto parlare con la cordiale Elliy o vado a rileggere alcune delle risposte intorno al mio prossimo intervento a Radio Imago, mi chiedo se il mio schermirmi possa apparire a molti, forse per prima a me stessa, un po’ esagerato. Parlare di ansia da prestazione, di vaga inquietudine da esame, per così poco, può persino sembrare una forma di finta modestia.Ma la verità, purtroppo, è che io, sono proprio così: una scema! Se avessi potuto scegliere tra l’essere il grande Re Sole o il Cardinale Richelieu, avrei optato per quest’ultimo. E tra il fascino muscolare del Capitano Kirk e la razionalità meno appariscente del dottor Spoock avrei preferito la seconda. E se avessi ottenuto una parte nella saga del Padrino avrei voluto per me il personaggio del "Consigliori" (che peraltro mi pare di ricordare fosse colui che, alla fin fine, riesce ad avere una vita abbastanza "normale").                                
 Subisco, altresì, il fascino di coloro che è possibile definire "eminenze grigie", quelli che non appaiono in primo piano, non sbrilluccicano al primo sguardo eppure, ad una analisi sufficientemente attenta, risultano essere i veri protagonisti del gioco.Se, poi, avessi avuto talento e destino a favore, credo che avrei amato alla follia procacciarmi da vivere scrivendo delle vite altrui, raccontandone i drammi, le avventure, gli amori, beandomi della condizione di chi guarda senza esser visto. Più una cronista, una che racconta storie, che intesse i fili e và alla ricerca dell’ordito sotto la trama, che una artefice dell’umano progredire.Una, per fare un esempio, come Fernanda Pivano.Da che posso ricordare sono sempre stata così. Una bambina timida, schiva, che amava osservare evitando di porsi al centro dell’attenzione.                                                      
E questa caratteristica  fu, ahimè, ben stigmatizzata.Troppo spesso, l’idea di buona educazione posseduta da mia madre mi ha costretto, sostanziandosi in imbarazzanti richiami a gran voce, a porgere saluti ed affettuosità a parenti verso cui evidentemente non sentivo affetto alcuno. Troppo spesso mi si è ordinato di baciarli, sottolineando davanti agli stessi, quanto fossi restia a farlo. E noi tutti sappiamo bene che, per un timido, non c’è cosa peggiore di qualcuno che faccia notare, in pubblico, tale caratteristica (e sì, il doctor Spock era ancora di là da venire, me tapina!)            
Mi trovo così ad accarezzare il morbido rilievo di una piccola cicatrice dell’anima, riportata nel corso di noiosissime visite domenicali a zii e cugini fino alla stramaledetta settima generazione, come era consuetudine orribile in quei tempi andati (che, solo per averle spazzate via, il ‘68 andrebbe portato in processione), perché amavo leggere. Probabilmente per sfuggire alla stucchevolezza di chiacchere senza costrutto, sciorinate davanti a tazze di tè fumanti, tra signore scomodamente sedute sull’orlo di rigidi divani, mi immergevo così tanto nella lettura da non sentire, se non quando già era stato ripetuto più volte e sempre a voce più alta, qualche frase sfotticchiante che voleva mettere alla berlina la mia inaudita capacità di concentrazione: "Ma che? Non c’è più la bambina? E’ caduta dentro il libro?", e giù tutti a ridere. Ora che vi ho rivelato uno dei miei traumi infantili, capirete forse meglio perchè, all’idea di parlare alla radio, sia entrata in paranoia e come solo la mia addestratissima parte razionale, assuefatta dalla vita a prove con il sipario alzato, abbia permesso che accettassi il cortese invito di Elliy…Anche se continuo a pensare che, del mio intervento, se ne poteva benissimo fare a meno…                                                                                    
"La mia infanzia è stata un periodo di attesa del momento in cui potessi mandare al diavolo tutto e tutti di quel tempo"    (Igor Stravinsky)