come le nuvole

Paura, eh?


  ”Ho paura della paura. Paura degli spasmi del mio spirito che delira, paura di questa sensazione di incomprensibile terrore. Ho paura delle pareti, dei mobili, degli oggetti familiari che si animano…” (Guy de Maupassant) Che poi, da piccola, ho avuto paura da vendere.Una mano o un piede lasciati a penzolare mentre, distesa sul letto, mi accingevo a prendere sonno?Ed ecco che la mia immaginazione cominciava a lavorare veloce. Cosa poteva nascondersi laggiù, nel buio polveroso sotto al mio letto? Forse due occhi opachi e crudeli?  Forse una mano adunca e nera che, lenta ma determinata, mirava a cingere la mia caviglia o a prendere la mia mano?….Aaaargh!Sarà o non sarà, ma ancora adesso non lascio mai penzolare niente di me nel vuoto che c’è sotto al letto.                                            
E che dire del lungo corridoio buio della casa dei miei genitori? Mentre lo percorrevo a piedi scalzi, intontita dal sonno e ostaggio di una sete insopprimibile che mi tirava fuori dal letto diretta verso il frigorifero, ne toccavo a tentoni le pareti e mi sforzavo di mantenere la calma e resistere alla voglia folle di mettermi a correre gridando.E in quei brevi seppure eterni momenti prima di raggiungere il salvifico interruttore della luce, ecco che sentivo come un “qualcosa” agitarsi alle mie spalle.Avanzava, strisciava, sbavava, si trascinava: era dietro me e il suo aspetto, anche se non l’ho mai visto né mi auguro di vederlo mai, “sapevo” che non era descrivibile, ne ammissibile per la mente umana. I suoi lineamenti non avevano nulla di netto, o di preciso perché, l’orrore allo stato puro, non può essere guardato chè, altrimenti, dopo, solo la follia potrà essere il tuo unico porto sicuro. E se la Cosa che mi ha, da sempre, aspettato nel buio di ogni luogo oscuro, non poteva essere immaginata, la sua mano, la sua propaggine indistinta e repellente, la potevo quasi sentire mentre si alzava lenta nell’aria poco prima di poggiarsi sulla mia spalla.             
Da adulta, mi sono resa conto come gli orrori, nella vita, siano invece perfettamente descrivibili. Zeppi, anzi , di particolari quotidiani, che si possono tratteggiare con pignoleria, considerato che l’ ingrediente base è sempre una banale cattiveria e una comune e rozza crudeltà mentale.E là dove una semplice martellata su un dito, sarebbe sufficiente per ottenere confessioni complete e dettagliate l’Orrore (che trae linfa e nutrimento dalla nostra capacità di soffrire, sia fisicamente che psichicamente), gode nell’escogitare forme, strumenti e modalità sempre nuove, arzigogolate e fantasiose, per spremere sofferenza e lacrime. 
E allora, ditemi, come può la povera mano adunca e nera della mia infanzia, paragonarsi ad un tizio, magari dall’aspetto banale e dalla incipiente pancetta che, in orario d’ufficio, dentro un qualche carcere “speciale”, strappa le unghia e i denti ad un suo simile?  
Come può, l’orrida creatura senza volto che camminava arrancando dietro di me nel lungo corridoio di casa, concorrere con un torturatore professionista che disarticola e brucia, affoga e tenaglia, impala e squarta, crocifigge ed elettrifica?
E il Buio, che se ne stà nascosto e muto sotto al mio letto, potrà mai gareggiare con il buio della mente di un bambino maltrattato e ignorato da chi dovrebbe prendersi cura di lui?                                                            
Ed è così che (credo) si è andata sviluppando la mia passione per l’horror, per i film “de paura”, per i telefilm di crimini e delitti, per le storie gotiche. Nulla di ciò che può essere immaginato si avvicinerà mai a quello che un essere umano può infliggere, nella realtà, ad un suo simile ed anzi, l’orrore rappresentato e sorretto da una buona sceneggiatura, può divenire catartico e benefico sui livelli di paura di un essere umano.                                
O almeno questo credo.  Però, e tuttavia,  vi prego, quando finite di leggere questo post, non spegnete subito la luce del monitor. Datemi il tempo, prima, di trovare rifugio nel grande lettone dei miei genitori….