Au premier temp de la valseUn maglione rosso, la barba trasandata, un cappellino nero da portuale, l'immancabile sigaretta in bocca. Me l'aspettavo così...uscì invece con un perfetto abito grigio da borghese. L'Olympia era gremita. Attaccò subito "Le soleil qui se lèves et caresse le toits...c'est Paris..eccola la Parigi più vera, ecco soprattutto lui, Jacques Brel.In fondo all'ultima galleria, al posto dei poveracci, un ragazzino venuto da lontano impazziva di gioia. Laggiù sul palco c'era il suo idolo, e cominciava il concerto con "Les prenoms de Paris", bellissima canzone che il ragazzino sapeva a memoria...poi Les bourgeois e via via tutte le sue più note. Poi una pausa per riprendere fiato. Applausi interminabili, il viso del ragazzino in fiamme. Tornò sul palcoscenico con una camicia grigia e un foulard al collo...è il tempo delle canzoni più note. Ecco, ormai celeberrima, La valse a mille temps...e alla fine la valse-valzer- diventò vache-vacca tra gli applausi dell'immenso teatro pieno di fumo. Seguirono Les biches e altre canzoni, finchè qualche nota di piano introdusse disperatamente Ne me quitte pas. La cantò con tale emozione che il pubblico si dimenticò di applaudire...ci furono attimi di assoluto silenzio..poi il fragore degli applausi e poi ancora una magica fisarmonica accompagnò La chanson des vieux amants, altra straordinaria poesia di struggente malinconica bellezza. Terminò con una canzone che ancora non conoscevo: tre semplici accordi di chitarra e la sua voce roca e poetica che attacca "Quand on n'a que l'amour"...quando non si possiede altro che l'amore, e fu amore duraturo per quella canzone che ancora oggi mi emoziona come allora.Finì tardi, tardissimo...il ragazzino aveva il biglietto del treno Parigi-Digione-Bellegarde-La Clusaz terza classe in tasca. L'aveva preteso la cugina complice, sapendo bene che quel matto di cuginetto italiano che adorava sarebbe stato capace di spendere i soldi del ritorno per andarsi a vedere qualcos'altro di Parigi. Vari chilometri a piedi per arrivare in stazione, salire sul primo treno per Digione e molte ore di sonno assicurato sui sedili di legno della terza classe. Poi il Digione-Bellegarde e il trenino, lentissimo, che saliva tra i colli: Bellegarde-La Clusaz e poi una vecchia corriera. Quasi 12 ore di viaggio in totale. Era la prima "fuga" a Parigi di un ragazzino per andare ad ascoltare un poeta chansonnier. Conoscevo già Parigi, c'ero già stato almeno quattro volte, viaggi che i miei straordinari genitori, che saranno sicuramente in paradiso solo per avermi sopportato, mi avevano permesso nonostante l'età poco più che infantile. Ma di questa "prima fuga" nessuno lo sa, salvo la cuginetta complice che aveva anche contribuito economicamente all'acquisto del biglietto.
La valse de ma vie
Au premier temp de la valseUn maglione rosso, la barba trasandata, un cappellino nero da portuale, l'immancabile sigaretta in bocca. Me l'aspettavo così...uscì invece con un perfetto abito grigio da borghese. L'Olympia era gremita. Attaccò subito "Le soleil qui se lèves et caresse le toits...c'est Paris..eccola la Parigi più vera, ecco soprattutto lui, Jacques Brel.In fondo all'ultima galleria, al posto dei poveracci, un ragazzino venuto da lontano impazziva di gioia. Laggiù sul palco c'era il suo idolo, e cominciava il concerto con "Les prenoms de Paris", bellissima canzone che il ragazzino sapeva a memoria...poi Les bourgeois e via via tutte le sue più note. Poi una pausa per riprendere fiato. Applausi interminabili, il viso del ragazzino in fiamme. Tornò sul palcoscenico con una camicia grigia e un foulard al collo...è il tempo delle canzoni più note. Ecco, ormai celeberrima, La valse a mille temps...e alla fine la valse-valzer- diventò vache-vacca tra gli applausi dell'immenso teatro pieno di fumo. Seguirono Les biches e altre canzoni, finchè qualche nota di piano introdusse disperatamente Ne me quitte pas. La cantò con tale emozione che il pubblico si dimenticò di applaudire...ci furono attimi di assoluto silenzio..poi il fragore degli applausi e poi ancora una magica fisarmonica accompagnò La chanson des vieux amants, altra straordinaria poesia di struggente malinconica bellezza. Terminò con una canzone che ancora non conoscevo: tre semplici accordi di chitarra e la sua voce roca e poetica che attacca "Quand on n'a que l'amour"...quando non si possiede altro che l'amore, e fu amore duraturo per quella canzone che ancora oggi mi emoziona come allora.Finì tardi, tardissimo...il ragazzino aveva il biglietto del treno Parigi-Digione-Bellegarde-La Clusaz terza classe in tasca. L'aveva preteso la cugina complice, sapendo bene che quel matto di cuginetto italiano che adorava sarebbe stato capace di spendere i soldi del ritorno per andarsi a vedere qualcos'altro di Parigi. Vari chilometri a piedi per arrivare in stazione, salire sul primo treno per Digione e molte ore di sonno assicurato sui sedili di legno della terza classe. Poi il Digione-Bellegarde e il trenino, lentissimo, che saliva tra i colli: Bellegarde-La Clusaz e poi una vecchia corriera. Quasi 12 ore di viaggio in totale. Era la prima "fuga" a Parigi di un ragazzino per andare ad ascoltare un poeta chansonnier. Conoscevo già Parigi, c'ero già stato almeno quattro volte, viaggi che i miei straordinari genitori, che saranno sicuramente in paradiso solo per avermi sopportato, mi avevano permesso nonostante l'età poco più che infantile. Ma di questa "prima fuga" nessuno lo sa, salvo la cuginetta complice che aveva anche contribuito economicamente all'acquisto del biglietto.