Creato da cassonetto99 il 11/01/2007
...tentando di rincollarmi
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Tra quattro giorni ti rivedrò.
Vorrei sedermi sugli scalini di p.zza Santissima Annunziata.
Chiudere gli occhi.
Respirare.
Rivedere quelle donne – disperate? – che abbandonavano i loro fagotti nella Ruota, affidando il sangue del loro sangue a un destino sconosciuto.
Ora più che mai riesco a sentire il dolore di questo luogo.
E nello stesso tempo la sua pace.
Ma mi toccherà far festa, stare in mezzo alla gente e sorridere molto, perché è per questo che vengo a trovarti, Firenze.
Ho l’arduo compito di cancellare ogni ombra dal mio viso e non ascoltare i tumulti interni.
Ma io sto male, lo spieghi tu a queste persone?
Ho bisogno del tempo necessario per fare quell’inevitabile percorso in cui impari ad abituarti alla mancanza di una persona, anche se ci si incontrava poco, troppo poco.
Alla morsa che ti stringe lo stomaco se pensi alle cose passate.
Che col tempo s’allenterà.
Adesso però io non ho voglia di festeggiare.
.
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Ma che il Cielo mi scampi da una cosa del genere.
Devo sempre un po’ lottare con me stessa per tenermi a freno.
Nonostante gli imminenti “anta” ancora non ho imparato a stare zitta, troppe volte. Non so essere finta e se per caso soffoco la mia natura, non tarda ad uscire prima o dopo.
A volte sono inopportuna, a volte avventata.
Con tutto ciò talvolta mi capita anche di usare la materia grigia che mi è stata donata, anche se molto più sovente esce sto cuore cornuto.
Dal momento che adottare un bambino per me era principalmente una questione di cuore, poi, ovviamente, anche di testa, dopo la prima domanda depositata e poi ritirata perché “sostanzialmente cerchiamo due persone adulte” ci disse piccata l’assistente sociale (e che è? noi siamo venuti a giocare?) ho deciso che la natura balenga di cui sono composta andava accantonata e ho cominciato la commedia: ho detto sì a tutto quello che desideravano le due operatrici sociali, ho tentato di capire dove volevano andare a parare e di dare le risposte “giuste”, ho nascosto le espressioni basite che mi si dipingono in viso dopo certi ragionamenti (giustissimi, presumo), ho cacciato i vaffanculo che volevano uscire, ho sorriso, scherzato, fatto la seria quando mi sembrava fosse richiesto.
Ho resistito agli attacchi e ho trattenuto le parole non belle che avrei voluto dire dopo la lettura della relazione della neuropsichiatra.
Sono andata a testa alta dal giudice e sono uscita sollevata (vedi post del 22.03.12: “abbiamo trovato un giudice onorario garbato, attento, scrupoloso e allegro. Uno psicologo, tra l’altro. Che ha scritto quello che effettivamente siamo, finalmente, per il giudizio finale”)
Poi ho aspettato, da brava, cinque mesi e dieci giorni.
Ho aspettato di leggere che non sono idonea a diventare madre di un bambino adottato.
Son tornati i passerotti, c’è voluta una settimana al lavoro, ad aspettare ogni mattina che venissero a “domandare” posati sul lillà. Chissà dove andavano a sfamarsi mentre ero in ferie.
Ma oggi son tornati.
La pazienza è la virtù dei forti?
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Lode alle nostre mani che si cercano / istintivamente.
Lode ai nostri giorni migliori / in cui tutto sta sospeso a mezz’aria / come un bel pensiero.
Lode a te, che accompagni il mio viaggio / viaggiandomi a fianco.
Alla nostra salute, marito.
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La sua mano prende una generosa quantità di crema al cocco dal barattolo e passa sulla mia gamba, scivola lenta e vigorosa, la mia mente si rilassa, chiudo gli occhi, lascio allontanare l’anima dal costante travaglio.
Questo profumo mi trasporta in altri luoghi, lontano da questa città che sta tornando rumorosa e puzzolente di gas di scarico.
Mi salti in mente tu, piccolo sconosciuto. Chissà se ci sarai per me, per noi, se sei già nato, se sei ancora una piccola cellula anonima.
Se ci incontreremo.
Cerco di pensarti molto poco, in genere: sono ancora in attesa – dopo cinque mesi dall’udienza - di un pezzo di carta che mi renda “abile” a fare la mamma.
(Che ridere. Che ci siano umani che stabiliscono se altri umani sono in grado di essere genitori)
E non ho soldi per comprarti, non ho ancora ben capito come risolvere questo piccolo problema.
Ma ogni tanto mi lascio andare un po’ alla fantasia.
Non ti ho dato un colore, non ti vedo bianco, giallo, nero.
Non ti ho dato un sesso, sei un maschio? Una femmina?
A volte vedo i tuoi occhi seri che fissano i miei. Anche se non so chi e come sei.
Cosa faremo.
Come si trasformeranno la tua e la mia vita.
Lo scopo della crema al cocco era quello di smettere di pensare, almeno un po’.
Fallito.
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I fusilli sono conditi con zucchini tagliati fini fini, pomodoro, erbette del nostro orticellodelbalcone, riccioli di caciocavallo.
Abbiamo aperto una Bud, il sole sta salutando ma proietta l’ultima luce del giorno sul palazzo di fronte al nostro, inondando la nostra cucina.
Abbiamo creduto all’avverarsi di un sogno per nove lunghi giorni per poi guardarci negli occhi e sorriderci con un po’ di malinconia perché nemmeno questa era la volta buona.
Forse non ci sarà mai, la volta buona.
Ma in questo esatto istante la gioia sta nel nostro piatto di pasta, la birra, nel lasciar entrare il sole, fare chiacchiere stupide.
E non pensare ad altro, anche se per questo solo istante.
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Inviato da: cassonetto99
il 11/06/2013 alle 14:15
Inviato da: mammapasticcio
il 04/06/2013 alle 10:30
Inviato da: sposa_di_giugno
il 29/04/2013 alle 16:00
Inviato da: odio_via_col_vento
il 22/04/2013 alle 16:34
Inviato da: odio_via_col_vento
il 05/10/2012 alle 19:03