CyberArguti Blog

THE LOVE BUG


Ben trovati CyberArguti questo è un post insolito per me. Non si ride, non si piange, non tocca il cuore, si legge e basta, senza commentare. Nei miei naufragi Cybernetici tra i tanti blogS a volte, e troppo spesso, mi ritrovo a leggere righe di manifesta sofferenza. E credo che sia vera ed autentica quella sofferenza, nell'attimo della loro scrittura. Sono più le donne che hanno l'onestà di manifestare il proprio disagio, la tristezza per amori che non decollano. Illusioni che non prendono concreta forma. Ma ho ragione di credere che pure gli uomini, anche se più reticenti, sono coinvolti da "LOVE BUG" dei tecnologici nuovi sentimenti. Se avete tempo vi invito a leggermi con serenità senza sentirvi chiamati ad alcun giudizio. Questa è una storia tutta nostra, da consumare e custodire nello stretto giro della gente di Internet. Una storia assurda per chi non sa, non c'è, ha sentito dire, per chi è abituato a correre dietro un culo, incurante delle emozioni di chi lo porta a spasso. Mi ispiro ad una e-mail che mi scrisse un'amica per raccontarvi A MODO MIO, attraverso le EMOZIONI, di una storia che non conosco nei dettagli, la storia di una ragazza (che tanto ragazza non è) che provo a romanzare, immaginandola nel suo indotto disagio. Sarà capitato a tutti, credo. Almeno agli amanti della nuova era. Tutti coloro i quali affidano le proprie emozioni, le proprie calde sensazioni alla luce di un display. Noi che parliamo senza voce, noi che scriviamo in poche parole interi desideri. Noi che abbiamo solo pochi caratteri a disposizione per raccontare un intero pensiero, la sintesi di una giornata. Noi che condensiamo voglie, paure, speranze. Noi che aspettiamo che quella maledetta vibrazione o quel messaggio ci illumini la giornata. Sarà capitato senz’altro anche a voi di fissarlo a lungo. Di guardare il meraviglioso oggetto del desiderio. Quel bellissimo piccolo cellulare. Guardarlo ed aspettare, chiedendosi perché mai non squilli? Sapete bene, come lo so io, cosa significhi desiderare qualcosa che non arriva mai. Sapere che tanto non scriverà, ma sperare che invece succeda. Ma la storia della mia amica credo sia anche la storia in cui molti amanti telematici si ritroveranno. Lei l’ha fatto per due giorni. Due giorni interi. Ha sperato che squillasse. Ha aumentato al massimo la suoneria. In ogni luogo l’ha posizionato vicino alla finestra, dove la ricezione fosse massima. Ha controllato mille volte che non fosse arrivato nulla, nonostante la suoneria fosse talmente forte da risvegliare chiunque. Ha maneggiato quel cellulare fino a consumarlo. L’ha maledetto ed accarezzato. Come se fosse il responsabile della sua solitudine. Come se servisse ad arrivare all'oggetto del suo desiderio. Come se potesse servire a gridargli tutta la sua disperazione. Ha aspettato chiedendosi perché non sentisse la sua stessa voglia, il suo medesimo bisogno di essere amata. Perché nemmeno un cenno. Ha imprecato e maledetto il momento in cui l’ha conosciuto. Ha detestato se stessa per essere qui ora ad aspettare chi nemmeno la pensa. E si chiede come ha potuto illudersi. Lei riprende il cellulare; gli cambia posizione. Forse la ricezione migliorerà. Forse le linee sono sovraccariche. Forse le ha scritto, ma non è arrivato. Forse attende una risposta che non potrà mai mandargli. Forse…dorme, lavora, viaggia. Forse le scriverà domani. E, intanto, sono passati due giorni. Giorni in cui la mente si arrovella in mille pensieri, in cui notte e giorno diventano uguali, in cui non esiste altro pensiero di chi vorrebbe che invece non c’é. Si trascina stancamente nelle solite incombenze quotidiane che, gradualmente, perdono di sapore, colore. Non c’è più interesse, entusiasmo, grinta. L’unica domanda che riesce a formulare è ‘perché?’…ma non esiste risposta. Maledizione alla distanza. Veleno per chi si ama. L’assurdità sta proprio in questo: avvertire la mancanza di un contatto come una mancanza di chi, però, non c’è mai. E trovarsi a desiderare che ritorni presto, ma dove? Non da te. Non torna mai, lui non c’è, non è il tuo uomo, non torna… Inevitabilmente si chiede cosa si aspetti in realtà. Se un uomo o un’idea. Si chiede se la mancanza sia di chi, comunque, non c’è o soltanto una manifestazione della propria solitudine, esplosa in un bisogno di tenerezza. Si chiede come si può amare chi non vivi. Ed io ti chiedo amica cara... Come puoi pensare ad un uomo che vive un’altra vita, nella quale tu non entri quasi mai. Come puoi credere a poche parole scritte in un baleno. Ti domandi perché cercare di interpretare i suoi sentimenti quando nemmeno conosci i tuoi? Perché si accendono i tuoi sensi solo leggendo due parole. Come si può scatenare la passione per un uomo del quale a malapena conosci la voce. Eppure ti accade. Me lo hai raccontato! Succede che ti svegli la notte desiderando che le sue mani ti accarezzino. Ti accorgi di accoglierlo nella tua mente e di lasciare che ritagli dentro di te uno spazio sempre più grande. E lasci che sia. Perché è bello convincersi di avere qualcuno che ti ama, che ti desidera. In fondo cosa costa? Ti convinci che lui desideri solo te. Che non ci sei altro che tu. Credi alle poche parole che vedi, che percepisci di una vita che non è la tua. Costruisci un personaggio che non corrisponde alla realtà, ma solo a ciò che tu desideri che sia. E va bene così. E lui, presto diventa l’uomo migliore che tu abbia mai incontrato. Anche se non lo hai mai visto. Anche se la sua voce è solo un ricordo di pochi minuti lontani. Ti comprendo amica mia. Hai quasi paura a confessare, persino a te stessa, che il tuo corpo lo desidera. Che saresti pronta a concederti se solo ne avessi la possibilità. Hai vergogna ad ammettere che questa notte lo hai desiderato davvero. Che pensavi a lui mentre nel letto ti accarezzavi come, forse, avrebbe fatto lui. Non ti guardi nello specchio mentre il pensiero di lui prende forma ed il ricordo di quanto hai goduto stanotte ti avvolge la mente, scaldandoti di nuovo. Hai fatto l’amore con lui stanotte. Ma lui non c’era. Hai lasciato che la tua mano rincorresse il tuo desiderio. Che cercasse il tuo piacere. Hai chiuso gli occhi sognando una bocca che non conosci. Hai finto di udire parole mai pronunciate. Hai volato con lui, per lui. Ma lui non c’é. Non c’era. Ed il cellulare ancora non squilla. Controlli l’ora. Percorri le strade più trafficate al solo scopo di allungare l’attesa, la sofferenza e ritardare il rientro a casa. Posizioni il cellulare sotto la radio così, oltre alla suoneria, anche le vibrazioni ti avvisano dell’arrivo di un messaggio. Ma il silenzio brucia come questo sole caldissimo di questa estate che finalmente arriva. Guardi gli altri in macchina, fermi al semaforo. C’è chi canta, chi parla con l’auricolare ridendo e reclinando la testa all’indietro in fare civettuolo. Un impeto di invidia si impadronisce di te. Cosa daresti perché squillasse. Quanto vorresti scrivere, anche solo per maledirlo. Ma non puoi. Hai una regola ferrea da rispettare. "L'uomo e lui, deve farlo lui il passo". E ti costringe ad aspettare qualcosa che ormai sei convinta non succederà. Ma non sai il perché. Non lo puoi chiedere a nessuno. Gli amici ti deriderebbero. Pensare ad un uomo lontano, che in fondo non conosci. Con tutte le occasioni che avresti sotto casa. Trovatene un altro, come avrà già fatto lui. Sai, la lontananza. Perché mai dovrebbe buttarsi in un’avventura così? Meglio non chiamare nessuno. E la tua mente vaga in cerca di risposte: Forse ho detto qualcosa di sbagliato? Forse l’ho offeso? Forse sono così insopportabile che se ne è già accorto? Forse non gli piaccio più? Forse non dovevo dirgli "ti voglio bene"? Non sa molto di me, non può pensare che se lo dico è perché lo penso davvero. Ho sbagliato, ancora una volta. Gli ho detto ciò che sentivo. Gli ho scritto dei miei desideri. Gli ho parlato del mio desiderio. Ho creduto fosse anche il suo. E assorta tra i tuoi quesiti sei arrivata a casa, ormai. Scendi dalla macchina. Con borsa pacchi buste e tutte le tue cose che ti ingombrano, carica come un mulo ti dirigi al portone. Cammini a fatica, ma non per il peso dei pacchi. La sera sarà infinita come lo è stata la domenica, trascorsa a dormire perché il tempo scorresse più in fretta. Entri nel portone. Davanti all’ascensore fingi di conversare con la vicina. Vorresti piangere, ma non puoi. Arrivi al piano. La saluti proprio quando il suono più forte che abbia mai sentito esplode dal fondo della tua borsa. Cadono i pacchi, la borsa. Posi in terra ciò che ti è restato in mano. Cerchi disperatamente il cellulare che ancora illuminato ti avvisa di un nuovo messaggio. Tremi. La vicina curiosa ti guarda. " :-) Ciao ci siamo conosciuti in chat posso kiamarti adesso?". Ti manca il respiro. Non sai se ridere o piangere. Cerchi di focalizzare il mittente di quell'SMS, a malapena ricordi di una certa apparente simpatia e.... senza pensarci troppo.... velocemente le tue dita coniano la risposta: " Si sono libera puoi chiamami :-)))" L'emoticon di una faccina che ride con 3 volte infiora il tuo sms. Lasci i tuoi pacchi ed esci di nuovo di casa, aspettando la chiamata di quest'altro sconosciuto. Se lo sapessero i tuoi amici... che stai volando.... di nuovo... !!!!! Un'autorevole articolo del TIME tuona sull'argomento: LOVE BUG! Un CyberArguto, lontano da ogni giudizio di merito, più sommessamente, rifacendo il verso ad un noto aforisma dice: "abbiamo tutti due vite: la prima, dell'anima, ci porta a sognare, fantasticare, guardare all'infinito, volare... la seconda, del corpo e del quotidiano, che ci porta spesso ad una intrinseca solitudine e alla malinconia". Buoni messaggi Amanti della Nuova Era.