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Dal sito www.pastoralespiritualita.it

Post n°654 pubblicato il 27 Febbraio 2010 da catholicmind

Dalla Quaresima alla Pentecoste: un cammino liturgico-spirituale dal nulla del deserto sino alla pienezza del Tutto

Di Padre Augusto Drago

Nella prima Domenica di Quaresima la liturgia ci ha donato una bella definizione del tempo quaresimale. Nella Colletta  ha titolato la Quaresima come segno sacramentale della nostra conversione. Dunque, prima di tutto, la Quaresima va colta nell'ordine dei “segni” che indicano il cammino della conversione.
Questa, non va intesa come un semplice voltarsi indietro dalla propria condotta di peccato, ma implica, nel linguaggio di Gesù, un balzo in avanti, verso l’acquisizione della salvezza e del Regno.
La Quaresima allora, è un tempo indicatore che segna una strada da percorrere, e, come ogni strada, ha certamente una meta.

Nella presente riflessione, vorremmo vedere insieme la meta da raggiungere, a partire dal cammino quaresimale.
Prima di tutto fermiamoci sulla simbologia.
Il termine “Quaresima” trae il suo nome dal numero quaranta.
Nella Sacra Scrittura non ci sono numeri magici che possiedono, in quanto tali, virtù divine. Alcuni numeri tuttavia, acquistano un significato per gli avvenimenti del popolo di Dio, ai quali sono connessi. Proprio per questo diventeranno “segni”, attraverso i quali Dio fa intravvedere qualcosa di importante ai fini della salvezza. In tal modo, il numero quaranta, si fa veicolo di alcuni messaggi che Dio vuol mandare per far comprendere il cammino verso la liberazione e la salvezza.
Alcuni esempi.
  • Genesi 7,12: Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.
  • Genesi 8,6: Trascorsi quaranta giorni Noè aprì la finestra che aveva fatta nell’arca.
  • Esodo 24,18: Mosè entrò in mezzo alla nube e salì sul monte. Rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti.
  • Numeri 14,33: Quanto a voi…i vostri figli resteranno nomadi nel deserto per quarant’anni e porteranno il peso delle vostre infedeltà.
  • 1 Samuele 17, 16: Golia si avvicinava all’accampamento mattina e sera. Continuò così per quaranta giorni.
  • 1 Re 19, 8: Con la forza di quel cibo Elia camminò quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.

Nel Nuovo testamento, il numero quaranta si ripresenta nella vita di Gesù, quando condotto dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni fu tentato dal diavolo (Lc 4,2 e paralleli). Nel libro degli Atti degli Apostoli infine il Risorto apparve ai suoi discepoli per la durata di quaranta giorni (Atti 1,3). 

Da questi testi possiamo dedurre che il numero quaranta è una misura di tempo, che da una parte esprime il senso della prova, della tentazione, mettendo cioè alla prova la fedeltà al Signore, dall’altra porta in sé la prospettiva della speranza e di un cambiamento radicale delle cose, alla luce dell’agire di Dio nella storia.

Indica dunque un tempo aperto alla speranza, un tempo che corre verso il futuro di Dio. E’ allora il tempo in cui bisogna avere il coraggio di fare un balzo in avanti senza voltarsi indietro!

Ne consegue che la Quaresima, inclusa nello spazio di tempo dei quaranta giorni, non può essere considerato un tempo definito e chiuso in sè stesso, quasi fosse dedicato esclusivamente alla preparazione della Pasqua mediante la penitenza e la purificazione. No! Essa è il segno sacramentale del nostro balzo in avanti, protesi verso il futuro di Dio.

Per comprendere questo basta pensare all’ordinamento liturgico. Esso è diviso in tre tempi successivi:

Quaresima,

Pasqua,

Tempo pasquale che culmina a Pentecoste.

Si tratta dunque, di un cammino proteso verso il futuro pentecostale. Esso inizia con la Quaresima e, passando per la Pasqua, anticipazione del tempo futuro di Dio attraverso la Resurrezione di Cristo, arriva alla Pentecoste, giorno in cui il dono dello Spirito “riempirà tutta la terra” e la creazione tornerà ad essere l’eden dell’uomo finalmente e definitivamente salvato.

Lo schema liturgico si presenta così ordinato: quaranta giorni (Quaresima)- PASQUA- Tempo pasquale (cinquanta giorni considerati come un unico giorno) che trova il suo culmine nella Pentecoste.

I quaranta giorni rappresentano il secolo presente, il tempo del vivere, del trascorrere della storia: tempo di conversione, di penitenza, di attesa.

Al centro dello schema troviamo l’evento pasquale. In esso Cristo si manifesta a noi come “primizia” del tempo futuro. In Lui Risorto, l’uomo può già contemplare ciò che Lui stesso diverrà.

Al tempo pasquale, aperto alla speranza del tempo nuovo, succede l’ottavo giorno, il giorno non iscritto nel calendario della storia, che è al di là della storia stessa.

I cinquanta giorni post pasquali, che culminano nella solennità di Pentecoste, sono in realtà la celebrazione liturgica di questo unico giorno e sono la figura del tempo futuro, il giorno senza sera del Regno di Dio.

Potremmo rappresentare schematicamente questo lungo tempo liturgico, segno del nostro cammino verso il Tutto del Regno di Dio, nel seguente modo:


Quaranta giorni                 PASQUA                          Cinquanta giorni

Segno sacramentale             Inizio del Tempo                Cammino verso la LUCE.

della nostra conversione.       nuovo in Cristo                 Tempo del segno

Tempo caratterizzato            Risorto dai morti.              sacramentale del Regno

dall’ascolto della Parola                                              che non avrà fine.

e della celebrazione

della gioia come

pregustamento del

tempo nuovo


GIORNO OTTAVO

PENTECOSTE

Giorno della Luce:

O Giorno primo ed ultimo

Giorno radioso e splendido

del trionfo di Cristo.

Il Signore Risorto

promulga per i secoli

l’editto della Pace.

Pace fra cielo e terra

Pace fra tutti i popoli

Pace nei nostri cuori.

In questa prospettiva dentro quale atteggiamento continuare a vivere la nostra Quaresima? Essa non è un tempo finalizzato a sè stesso. Nemmeno, strettamente parlando, un tempo di preparazione alla Pasqua. E’ l’inizio di un cammino segnato dalla fragilità della nostra umanità chiamata a proiettarsi verso il futuro del Regno. Un cammino che ci fa giungere alla Pasqua dove attingiamo la certezza del futuro del Regno di Dio, già vittoriosamente presente nel Cristo crocifisso e Risorto, ma che, proprio alla luce della Pasqua, ci proietta verso una pienezza: il Tutto della Luce, il Tutto di Dio, quel Tutto ripieno della presenza dello Spirito che fa nuove tutte le cose, il Tutto dove ogni speranza si acquieta nella pacifica e beata visione del Mistero di Dio.

Un cammino, che comincia dal deserto del nostro esistere, del nostro nulla e che, passando attraverso la Pasqua, ci conduce all’Ottavo giorno: il giorno dell’eterna Bellezza.

Comprendiamo allora, che la liturgia non è un semplice atto cultuale, ed il suo calendario non è un semplice ricordo degli eventi del passato, ma un segno altamente esistenziale, che traccia un cammino spirituale.

Beati noi se sapremo cogliere il senso del mistero!

Come si legge nel libro delle Rivelazioni (Apocalisse), la nostra beata sorte, se sapremo intraprendere il cammino segnato dalla liturgia, sarà quella dell’adorazione eterna dell’Eterna bellezza e canteremo all’Agnello, sgozzato sulla Croce, ma ora seduto sul Trono, il canto della Beatitudine, della Benedizione, dell’Onore e della Potenza per i secoli dei secoli. Amen!

“Lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni!”. E chi ascolta ripeta: “Vieni!”

“Sì, vengo presto!”

“Amen, vieni Signore Gesù!”

Fratello, sorella, questa sia la preghiera che ritma il cammino nel deserto della nostra esistenza e ci dà forza fino a giungere, attraverso la Pasqua del Signore, al monte santo di Dio, l’Oreb del Tutto del Regno. Amen.

 
 
 
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Data di creazione: 01/07/2007
 

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